L'INTERVISTA

Fiorella Mannoia, le canzoni necessarie

Di donne, di uomini, di musica e dell'arte di abbassare i toni, in una vita vissuta all'insegna del coraggio, anche 'Personale' (intervista esclusiva)

'Ogni carezza è 'na rivoluzione' (foto: Francesco Scipioni)
3 aprile 2019
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Stabilito che “la vita è perfetta”, e che “se cadi ti aspetta”, è tempo di ‘Personale’, nuovo album d’inediti che ha il coraggio come “motore del sentimento umano” (nel trionfo di citazioni, citiamo pure il Fossati tanto caro all’artista di cui scriviamo). Parliamo con Fiorella Mannoia pochi giorni dopo l’uscita del nuovo lavoro, all’alba di un tour che per ora si apre il 7 maggio a Firenze per correre spedito fino al 27 ottobre a Bologna (qui, oltre confine, si attende).

‘Personale’ pare il naturale prolungamento di ‘Combattente’ (2016), in un passaggio di consegne che da ‘Che sia benedetta’, Sanremo 2017 (un gradino sotto la vittoria, ma è mera statistica), conduce a ‘Il peso del coraggio’, Sanremo 2019 (da ospite d’onore, noblesse oblige). «Sì, l’entusiasmo lo percepisco, la gente risponde e sono felice» dice Fiorella. «Mi sembra un bel disco, però sai, noi lo facciamo e poi lui cammina da solo e va dove deve andare. E siamo gli ultimi a poterlo giudicare» (e allora l’abbiamo giudicato noi, alla fine di questa pagina).

‘Il peso di ogni scelta’

Il legame di continuità tra presente e passato prossimo ha ragioni di contenuto letterario. E anche umane. «‘Il peso del coraggio’ è della stessa autrice di ‘Che sia benedetta’ (Amara, ndr)», due brani «che non lasciano indifferenti, canzoni potenti, canzoni necessarie, soprattutto in questo momento storico. Ti danno forza e ti fanno riflettere, come cittadino e come essere umano».

‘Il peso del coraggio’ apre l’album e torna, velatamente, ad ogni capitolo, forte di un concetto – “Ognuno ha la sua schiena per sopportare il peso di ogni scelta” – che a noi pare il problema del Millennio: «Canto della consapevolezza che ognuno debba fare la sua parte in tempi come quelli che viviamo, in cui non possiamo dire “non sapevo”, “non c’ero”. Penso si abbia il dovere di caricarsi sulle spalle il peso delle scelte, come facciamo quando il dolore arriva e ti ci devi forzatamente confrontare. Penso a chi affronta i problemi legati alla salute, penso a quanti combattenti ci sono...».

L’amore al potere

Il binomio Fiorella Mannoia-donna con gli attributi (edulcorato) è cosa nota, dagli esordi come controfigura nel cinema fino all’impegno sociale, passando per un Sanremo 2016 da concorrente. «Quando hai una carriera così lunga alle spalle, rimettersi in gioco non è facile. In molti artisti mi hanno detto “Ma chi te lo fa fare? Non ci andare, non ne hai bisogno”, ma io credevo ciecamente in ‘Che sia benedetta’, altrimenti al Festival quell'anno non ci sarei andata. Credo sia stata una scelta di umiltà, mi sono detta “qualsiasi cosa succeda ci vado”. La stessa umiltà di 30 anni fa.».

Il coraggio è lo stesso con il quale oggi, a fianco delle canzoni, ‘Personale’ è anche una galleria di sue fotografie, ognuna ad accompagnare un brano e un concetto, come Joni Mitchell che dipinge le copertine delle proprie opere («Sì, con le debite proporzioni, ma è vero, la fotografia è la mia nuova passione»). Il risultato è lì da sfogliare. E poi c’è il coraggio di sposare un’idea e per questo vedersi cancellare uno spettacolo (accadde anni fa). «Non riesco a tacere, dico quello che penso. Metto in conto le conseguenze e continuo a farlo, è parte del mio essere».

L’artista, che per i 5Stelle ha speso più di una parola, alla stampa italiana si dice oggi “più arrabbiata che delusa”. Che questo c’entri oppure no, Luca Barbarossa ha scritto per lei una canzone in romanesco che è una poesia d'amore con dentro le parole della politica. S'intitola ‘L’amore al potere’ e dice che  “Ogni carezza è ’na rivoluzione”. «Vorrei che si abbassassero i toni – commenta Fiorella –, vorrei che si calibrassero le parole, perché possono essere armi molto pericolose. Soprattutto chi occupa un ruolo istituzionale deve prestare attenzione. Gli argomenti non c’entrano, si può parlare di tutto ed è giusto parlare di tutto. Sono le parole che vanno misurate».

Quello che le donne dicono

Scorrendo la lunga lista di autori che scrivono in ‘Personale’, si (ri)scopre un mondo di autrici che in questi anni hanno scritto per lei una sorta di ‘Quello che le donne dicono’. «La sensibilità non ha sesso. Prendi ‘Il peso del coraggio’, è stata scritta da una donna, ma l’avrebbe tranquillamente potuta scrivere un uomo». In un cantautorato che sempre più frequentemente scrive d'amore perché non scontenta nessuno, in 'Personale' l'amore cantato è quello che smuove le coscienze, maschili e femminili. Che forse è quello che ci si aspetta sempre, anche, dai cantanti.

«Non saprei, ognuno fa quello che si sente di fare. Non sto qui a giudicare, il mio carattere è questo. Scelgo determinate canzoni perché in quelle mi identifico. Penso a ‘Nessuna conseguenza’, nell’album precedente, o ‘Carillon’ su quest’ultimo, che a differenza della prima non è una canzone consolatoria. In 'Nessuna conseguenza' c’era un riscatto da parte della donna, che riusciva a liberarsi con orgoglio, “Non pensavi che avrei avuto un giorno il coraggio”. Qui invece “Tu comunque gli riaprirai la porta”, che è il concetto sul quale noi donne dobbiamo interrogarci, sul perché continuiamo a rimanere nonostante tutto, cos’è che ci spinge a non andare via, a giustificare, a pensare di poterlo cambiare. È qualcosa che dipende da noi soprattutto». 

Quanto agli uomini che hanno scritto per lei, in 'Personale' torna Ivano Fossati. «In verità il rapporto non si è mai interrotto. Nei dischi passati aveva scritto musica su testi miei (‘Se solo mi guardassi’, ‘La terra da lontano’, ndr), una di quelle stranezze che non avrei mai pensato di poter realizzare nella vita e invece è successa. Dieci anni fa avrei detto "Ma dai, non è possibile..."». ‘Penelope’, sul disco nuovo, le ricorda «l’Ivano dei tempi di ‘Panama’, e quel primo verso mi rispecchia tanto: “Non sarò un’artista, ma una femmina ottimista, sì”, una donna caparbia che resiste alle pressioni, perché dentro di sé rimane convinta che il suo uomo possa tornare».

‘Così tanto da imparare’

L’uomo che torna, a dire il vero, non è un problema che riguardi Fiorella. Il problema potrebbe essere semmai che l’uomo di Fiorella ha 26 anni in meno di lei e quelli del Congresso della Famiglia di Verona, magari, avrebbero qualcosa da dire. «Non lo so e non m'interessa. Mi sono sembrati l’Inquisizione, ho sentito cose assurde, come il fatto che non fare figli farebbe venire il cancro, e io che non ho figli ho fatto gli scongiuri. E poi che mancanza di rispetto per chi i figli li ha avuti e combatte ogni giorno contro il male. Ho sentito anche che gli omosessuali si devono curare. Nemmeno Torquemada...».

Il discorso passa dalle parti di altri uomini, da un duetto con James Taylor nel 1997 («Una delle cose più emozionanti della mia vita»), a Lucio Dalla e Pino Daniele («Ancora oggi faccio fatica a pensare che non potremo più ascoltare le loro voci»), per finire su un verso di ‘L’amore è sorprendente’, brano che porta la sua firma e nel quale c’è il Mannoia-pensiero sulla vita, da tenersi in auto come un necessaire di viaggio, pronti all’imprevisto: «Ci sentiamo sempre detentori di qualcosa, come fossimo al centro dell’universo. Eppure il mondo è tanto grande e c’è così tanto da imparare. Impariamo e impariamo e poi ci rendiamo conto di non sapere nulla, una consapevolezza che va sempre tenuta presente».

La recensione

Da dove cominciare? Parafrasando Cat Stevens, dalla splendida ‘Riparare’, la ‘Mother & son’ (o 'Mother & daughter') di una donna che dice alla figlia “copriti, che ti si vede troppo il cuore”; oppure dalla gioventù “con gli occhi pieni di sogni ad aspettare che il mondo ci ascolti” di ‘Anna siamo tutti quanti’, in giorni per nulla facili in cui “non sempre il tempo cura le ferite” (‘Il peso del coraggio’). Ma si può anche partire dalla fine, da ‘Resistenza’, perché ‘Personale’ è l’album di una signora che si circonda di autori adulti per anagrafe (Bungaro, Chiodo, Fossati) o per profondità (Amara, Magro, Zibba); un album che ha un picco nella fisarmonica di Antonello Salis in ‘Penelope’, prodotto con classe anche nel suo momento più danzereccio (‘Il senso’, in gergo musicale “una canna”). In tempi di amore di comodo, quello cantato qui ha senso, è reale e costruttivo; vive, respira e parla con parole chiare, alle donne e soprattutto agli uomini.

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