Spettacoli

La Luna rossa di Noemi

Dalle montagne russe di Sanremo alla paura di "fare una svizzera", Noemi in versione acustica alla Rsi ha presentato il suo quinto album in studio

(Noemi, showcase (foto ©RSI/L.Daulte))
11 giugno 2018
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'La luna' è un album il cui titolo è un omaggio a Vasco Rossi, che della romana Veronica Scopelliti, in arte Noemi, ha scritto e ha detto cose con tutto l'impegno di quelle che canta (e a volte dice) per sé. Gli Showcase della Rsi sono stati un sunto di questo quinto album in studio, sintetico e asciutto, proposto davanti al pubblico dell'auditorio Stelio Molo, caldo e composto come l'interprete, prodiga – senza mai andare oltre – di emotività, femminilità, con tempi di reazione rilassatamente californiani. O romani, appunto. L'anteprima pomeridiana, come sempre, vedeva l'incontro con l'artista, entità che a volte ti siede di fronte a debita distanza, e altre volte, come nel caso di Veronica, apre a una non frequentissima normalità di rapporto.

«Tra i musicisti, “la svizzera” (sostantivo, minuscolo, ndr.) è quando uno sbaglia, e quindi la mia preoccupazione è quella di farne il meno possibile. Se mi parli di nazione, allora dico che avete paesaggi pazzeschi, e quel senso civico, quel rapporto con la res publica che gli italiani spero possano recuperare». E la domanda d'obbligo all'italiano che canta a Lugano è andata. Già che ci siamo, archiviamo pure Sanremo: «È come le montagne russe, più le fai e più ti ci abitui. La prima volta è una figata, la seconda volta pure, poi pensi che le prime volte era più figo. Anche se quest’anno è stato molto, molto figo». Più figo del 14esimo posto. «Delusione? All’inizio sì, però la dura realtà mi ha fatto sentire più vicina a Vasco», il cui ultimo posto con ‘Vita spericolata’, evidentemente, continua a motivare tutti, vincitori e vinti.

«'La luna' parte da lontano, dal 2012 a Londra», racconta Noemi, ovvero dai tempi di ‘Made in London’, album elettronico e in un certo senso anticipatore: «Quel suono si è spostato anche in Italia, con un paio d’anni di ritardo. Dal punto di vista sonoro, viviamo in pieno oggi quello che a Londra era già 4, 5 anni fa. Il delay è comunque interessante, ha forgiato produttori italiani con un suono sincero. Oggi credo potrebbero lavorare bene anche a Londra, senza nulla da invidiare ai produttori inglesi».

Dalla fine all'inizio

Quando si disegna, c'è un modo per capire se le proporzioni di un viso sono corrette: capovolgere il foglio. 'La luna' ascoltato dalla fine verso l'inizio svela quella che a noi pare la Noemi più vera, e cioè quella acustica. E in mezzo a una nutrita schiera di professionisti della composizione che compaiono nei dischi di molti, troppi, spicca il testo di un artista che si chiama Tricarico e scrive le parole di 'La luna storta', alle quali Veronica mette musica. Da lei vorremo un disco così, dall'inizio alla fine, ma la cantante ci riporta a una realtà che a suo parere «oggi corre velocissima, si ascoltano le singole canzoni, e questi benedettissimi singoli». E quel “benedettissimi” non suona per niente come una benedizione. «Oggi ci scambiamo istantanee, la musica la viviamo nelle modalità di Instagram. Fare un disco coerente come 'Titanic' di De Gregori, per esempio, non è possibile. Manca il tempo a disposizione per andare più a fondo». Nell'ascolto a testa in giù, una delle prime tracce è 'Love, Goodbye', bel sei ottavi che tanto bene starebbe anche in un disco di Mina. «Sì, in queste cose acustiche mi ci ritrovo. Volevo fosse un super blues, e infatti manca solo una big band. È una canzone che mi dà la possibilità di cantare veramente. Parlando di Mina, con tutto il rispetto per Mina e per il maestro Canfora, mi fa pensare a ‘Brava’, alla sua grande anima soul blues nella quale mi ci trovo tanto».

Lo showcase inizia con 'Vuoto a perdere' e termina con 'Sono solo parole', con la cantante a piedi nudi. “Sono sempre stata un’amante dei piedi nudi. Mi sono fatta addomesticare dai tacchi, ma sto cambiando idea. Mi piace essere stabile, bella piazzata quando canto”. Chiede una sedia più bassa, conquistandosi la stima dei non altissimi e dell’auditorio in generale. Tra le canzoni c'è 'Porcellana', quarto singolo uscito nell'aprile di quest'anno, nel quale canta i suoi attacchi di panico. «Mi sento sicura quando parlo di musica, lo farei per ore e ore. Il problema è la vita vera», racconta nel pomeriggio., Un problema che l'ha spinta a lavorare su se stessa per trovare una soluzione immediata: «È un bene avere inserito una canzone che ne parla non in tono compassionevole. Serve a dare una spallata a chi ne soffre, a dire che si può fare, che se ne può parlare, che dobbiamo rispondere a un messaggio che ci invia il nostro corpo, che è più intelligente della nostra testa».

Fiorella, 'un'occasione unica'

L’amore per Fiorella Mannoia, durante lo showcase, entra dalla porta principale quando Noemi canta ‘L’amore si odia’ e la ringrazia per averle dato “un’occasione unica, quella di essere presa sul serio dal suo pubblico, di essere messa a fuoco. Le devo tantissimo». Ma la collega si insinua pure dalla porta di servizio parlando di ‘My good bad and ugly’, altro pregevole momento di libertà su ‘La luna’. «Penny Foster, tra gli autori del pezzo, sostiene che io sia un’artista country e debba assolutamente fare un disco country. Lo pensa pure Fiorella». Fiorella, donna forte che non ha paura di esprimere un’idea, rischiando anche di proprio (un concerto annullato, è successo qualche anno fa) per bieche ritorsioni politiche. Fiorella che si espone. «Esporsi è importante rispetto a quanto l’artista pensa lo sia», sostiene Noemi. “È complicato esporsi perché lì fuori c’è gente che non aspetta altro che il misunderstanding, cosa che non accade se preferisci essere banale. È la sindrome della cattedra e di conseguenza il rischio della gogna mediatica, che nasce perché qualcuno, in quello che dici, deve sempre e comunque trovarci qualcosa. È anche per questo che quelli della mia età vogliono esporsi di meno. E poi la generazione di Fiorella era più esposta, con molte meno paranoie dei 30enni di oggi, per i quali la forma ha preso il sopravvento. Quella generazione ha fatto gli anni ‘70, sono persone tridimensionali. E quindi, parlando di Fiorella, è giusto che lo faccia. Rappresenta benissimo le donne della musica».

Fiorella “combattente”, più forte di un tributo a Pino Daniele dal quale è uscita senza le ossa rotte, anzi, da unica regina di un regno messo a ferro e fuoco dalla presunzione. Ma non chiedete a Noemi se ha visto ‘Pino é’. «Ho fatto zapping e per puro caso ho beccato solo Fiorella». Possiamo scrivere così, Veronica? «Sì, scriviamo pure così...».

 

 

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