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I ‘Faccia a faccia’ di Ernst Scheidegger

Giacometti, Dalí, Miró, Ernst, Chagall e altri ritratti fotografici d’artista con relative opere, dal 18 febbraio negli spazi del Masi sede Lac

Alberto Giacometti dipinge Isaku Yanaihara nel suo studio parigino, 1959
(Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv)
16 febbraio 2024
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“Sarebbe stato impossibile non parlare degli artisti e delle artiste che per gran parte della vita gli sono stati accanto”, dice Taisse Grandi Venturi nell’introdurre la mostra, curata insieme a Tobia Bezzola. Ecco perché nel prolungare le celebrazioni del centenario della nascita di Ernst Scheidegger (1923-2016), oltre cento dei suoi scatti occupano gli spazi del Museo d’arte della Svizzera italiana (il Masi, nella sede Lac) insieme a una selezione delle opere fisiche dei protagonisti dei ritratti d’artista realizzati dal fotografo svizzero, con Alberto Giacometti a far da tramite tra due distinti percorsi dell’esposizione. ‘Faccia a faccia. Giacometti, Dalí, Miró, Ernst, Chagall. Omaggio a Ernst Scheidegger’ è la mostra non soltanto (ma soprattutto) fotografica che si apre domenica a Lugano, per chiudersi il 21 luglio. Il ‘non soltanto’ – al netto dei nomi presenti nel titolo – riguarda le opere di Cuno Amiet, Hans Arp, Le Corbusier, Fritz Glarner, Oskar Kokoschka, Henry Moore e molti altri.

Sono due i nuclei della mostra. Il primo è rappresentato dalla selezione di fotografie risalenti alla prima produzione di Scheidegger, collocabile tra il 1945 e il 1955 e rimasta sino a oggi inedita, in quanto frutto di scatti privati realizzati tra un viaggio e l’altro da un fotografo che è stato anche filmmaker, fondatore di gallerie d’arte e case editrici, grafico, designer e curatore di mostre. “Dal punto di vista stilistico – spiega Grandi Venturi – le immagini del primo nucleo dicono di come il giovane Scheidegger stesse ancora cercando una cifra propria”. Ben più definita invece l’attenzione verso uomini, donne e bambini di un’Europa appena uscita dalla guerra, “un’umanità sofferente, ma che voleva tornare a vivere”. L’attenzione verso l’umano ci porta al secondo nucleo, ai celebri ritratti d’artista realizzati su commissione dalla metà degli anni 50 in avanti, con i protagonisti immortalati generalmente nel proprio habitat naturale, l’atelier, con la sola eccezione per Sophie Tauber Arp prematuramente scomparsa, della quale Scheidegger fissa nello spazio e nel tempo lo studio vuoto.


Kunsthaus Zürich / Succession Alberto Giacometti
Alberto Giacometti Ritratto Ernst Scheidegger ca. 1959 - Olio su tela

Di tutto e di più

Il poliedrico Ernst Scheidegger inizia come apprendista vetrinista ai grandi magazzini Jelmoli a Zurigo; a Majola (Gr), durante il servizio militare, incontra Alberto Giacometti, frequentazione che diverrà pressoché quotidiana nei giorni parigini di entrambi e che durerà sino alla morte dello scultore, pittore e incisore, nel 1966. Subito dopo la guerra, Scheidegger si dedica alla pittura, frequentando parallelamente la classe di fotografia di Hans Finsler alla Kunstgewerbeschule di Zurigo e i corsi di Alfred Willimann e Max Bill. Nel dopoguerra della ricostruzione, il giovane artista si offre volontario, varcando così i confini svizzeri. Nel 1948, il doppio incarico di assistente di Max Bill, suo docente, e del fotografo Werner Bischof gli apre le porte delle prime pubblicazioni. Proprio tramite Bill, Scheidegger si trasferisce a Parigi, dove respira l’aria delle avanguardie e realizza i suoi primi ritratti d’artista.

Nel 1952 l’agenzia Magnum Photos lo vuole quale corrispondente dal Mediterraneo, in Medio Oriente e nel Sud-est asiatico: i suoi scatti finiscono su testate come Life, Paris Match, Stern. Nel 1953 Scheidegger si cala nel cinema come operatore di ripresa e come addetto alle pubbliche relazioni per diverse produzioni; nel 1956 riscrive la propria vita professionale dopo la morte di Bischof, lasciando l’attività di fotoreporter per l’insegnamento alla Hochschule für Gestaltung di Ulma. Nel 1960 visita l’India, poi diventa photo editor del supplemento settimanale della Neue Zürcher Zeitung; nel 1962 fonda una casa editrice, nel 1966 termina la prima versione del documentario su Alberto Giacometti; nel 1971 apre una galleria d’arte a Zurigo, nel 1980 lavora come regista indipendente per la Srf; dieci anni più tardi lavora a un altro documentario d’artista, questa volta su Max Bill. Nel 1997 fonda insieme a Heiner Spiess la casa editrice Scheidegger & Spiess e tra un riconoscimento e l’altro (la medaglia Heinrich Wölffin per la divulgazione artistica) si arriva al 2010, anno in cui nasce la Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, sei anni prima della morte, otto anni fa oggi.

Tra Verzasca e Montparnasse

È la voce di Giacometti che apre la mostra nella piccola sala cinematografica ricavata nella prima stanza, ove è proiettato senza soluzione di continuità ‘Alberto Giacometti - Ein Porträt von Ernst Scheidegger’, il documentario realizzato tra il 1964 e il 1966 e mostrato al pittore un giorno prima della sua morte all’ospedale cantonale di Coira. Giacometti torna poco più in là nella mostra, una volta superata la prima stanza che è anche il primo nucleo: il bianco e nero dello Scheidegger degli esordi è una mappa dei suoi viaggi in Jugoslavia e Cecoslovacchia, sono i volti delle famiglie dall’Italia del Sud nelle strade e della Milano dei grandi cartelloni pubblicitari; sono giostre e fiere, e lo svizzero Circo Knie ampiamente documentato. In primo piano, la Verzasca innevata e non, paesaggistica e non. Giacometti arriva subito dopo, ritratto prevalentemente a Parigi, nell’atelier di Montparnasse, ma anche durante gli incontri a Stampa, Maloja e in Val Bregaglia; nello spazio a lui dedicato prendono posto un ‘Nudo in piedi senza braccia’ del 1954, il ‘Diego seduto’ del 1965 e, dipinto da Giacometti, il ritratto di Scheidegger, datato 1959 circa.

L’alternanza tra scatto e manufatto prosegue nel secondo nucleo, dove il ritratto di Marc Chagall si accompagna al ‘Sopra Parigi’ del 1968, quello di Max Bill ai suoi ‘Tre accenti bianchi’. Così accade per František Kupka e le sue ‘Torte’, per il ‘Fiore giallo’ di Fernand Léger e il resto lì da vedersi.


Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich
Salvador Dalí nel suo atelier a Portlligat ca. 1955

Il libro e la stagione

‘Faccia a faccia’, mostra in collaborazione con il Kunsthaus Zürich e la Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, porta con sé la presentazione del libro ‘Il tempo passa troppo presto. Lettere alla famiglia’ (Casagrande), che Tobia Bezzola, direttore del Masi, presenterà domenica alle 11 in dialogo con Casimiro Di Crescenzo, storico dell’arte e curatore di un volume che raccoglie per la prima volta nella versione originale italiana un’ampia scelta di lettere di Giacometti alla famiglia, indirizzate al paese natale in val Bregaglia.

Il focus sulla fotografia del Masi proseguirà in autunno con la personale dedicata a Luigi Ghirri (1943-1992) nell’esposizione ‘Luigi Ghirri – Il viaggio. Fotografie 1970-1991’ (dall’8 settembre al 26 gennaio 2025). In ambiti di ricerca contemporanea, dal 17 marzo al 18 agosto sarà aperta l’installazione immersiva ‘Shahryar Nashat. Streams of Spleen’, per la quale l’artista stravolgerà l’intero spazio museale. Da 5 maggio al 6 ottobre l’appuntamento è con ‘Calder. Sculpting Time’, focus su Alexander Calder (1898-1976). Durante l’estate, da giugno ad agosto, Palazzo Reali ospiterà la mostra del/della vincitore/vincitrice del Bally Artist Award; da ottobre a gennaio, le sale del Lac accoglieranno quella di Johanna Kotlaris, vincitrice per il Ticino del Premio culturale Manor 2024. Dal 17 novembre al 23 marzo 2025, infine, la mostra ‘Da Davos a Obino. Ernst Ludwig Kirchner e gli artisti del gruppo Rot-Blau’.


Museo d’arte della Svizzera italiana, Collezione Cantone Ticino
Sophie Tauber Arp Geometrico e ondeggiante, 1941 - Matita colorata e grafite su carta

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