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Il corpo (invisibile) e i suoi simboli

Casa Rusca propone l’esposizione delle opere di Una Szeemann e Martín Soto Climént in dialogo con Xanti Schawinsky. S’inaugura sabato 8 luglio

Una Szeemann, Die verschobene Verdichtung eines Schläfers, 2018 rame, ossidazione, chiodi di rame
(Courtesy of the artist / © Kilian Bannwart)
4 luglio 2023
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Tutti e due hanno un grande interesse per il processuale che, come teorizzava Xanti Schawinsky in ‘About the Physical in Painting’, parte dal presupposto che per fare arte non ci si deve fermare agli strumenti tradizionali dell’artista. Tutto allora può essere funzionale alla realizzazione di manufatti, anche gli oggetti di uso quotidiano e il corpo stesso (ce lo hanno fatto vedere diversi celebri artisti del passato). E fra scarpe e collant, e la materialità del corpo e dell’inconscio si muovono le ricerche espressive dell’artista messicano Martín Soto Climént e dell’artista svizzera Una Szeemann, protagonisti di una doppia mostra al Museo Casa Rusca di Locarno.

Dopo il primo capitolo del dialogo aperto fra la retrospettiva dedicata a Xanti Schawinsky (1904-1979) ‘Pittura processuale’ e la duplice mostra con opere di Sabine Schlatter (‘Paintings & Drawings’) e Valentina Pini (‘Ungraspable’), chiusasi in giugno, Casa Rusca inaugurerà sabato 8 luglio (alle 17) un secondo capitolo con l’allestimento dei lavori di Climént e Szeemann, che sarà possibile visitare fra il 9 luglio e il 5 novembre 2023. Le opere dei due artisti contemporanei intrecceranno così un nuovo dialogo con i lavori di Schawinsky, sempre esposti a Locarno.

Per l’occasione, l’artista svizzera e quello messicano hanno anche realizzato delle opere site specific, ha illustrato a laRegione il curatore della mostra Raphael Gygax, che ha altresì spiegato in grandi linee il percorso dei due protagonisti degli altrettanti nuovi allestimenti, dandone dapprima le coordinate spaziali. Una selezione di opere degli ultimi dieci anni di Szeemann (di fatto la sua prima grande personale a Locarno) è allestita al piano superiore di Casa Rusca, mentre di Climént è proposta una cernita di alcuni lavori dalla serie ‘Tight on Canvas’ – di cui fa parte ‘Gossip (Blue)’ –, installati nella Sinopia.

‘La danza del fiume’

Partiamo da Città del Messico, dove nel 1977 è nato Martín Soto Climént, che si è formato in Belle arti e Design industriale alla Universidad Nacional Autónoma de México e da allora espone in numerose mostre internazionali, senza contare che le sue opere sono parte di diverse collezioni pubbliche e private.

«Il suo lavoro si iscrive nella tradizione surrealista», definisce il curatore, aggiungendo che ha deciso di affiancarlo all’artista svizzera affinché il discorso sull’arte processuale esca dai confini nazionali. Una ricerca, quella di Climént, che fa capo a oggetti comuni e d’uso quotidiano che l’artista, citiamo dal testo di presentazione, “dispone, senza alterazioni o introducendo variazioni minime, come sculture o installazioni all’interno dello spazio espositivo in costellazioni inedite”. E, concettualmente, questa pratica rimanda appunto al “patrimonio ideologico del surrealismo”, che usa gli oggetti – compendia Gygax – come strumenti evocativi, esercitando una “forza associativa autonoma”.


© Martín Soto Climént & Karma International, Zurich
Gossip (Blue), 2023 collant, plexiglass, legno di cedro rosso

Ecco allora che i collant in nylon utilizzati per la serie ‘Tight on Canvas’ – la selezione presentata a Casa Rusca è intitolata ‘La danza del fiume’ – diventano una sorta di metonimia visuale per cui si fanno simbolo del corpo umano, superando i confini della pittura.

‘Continuiamo a tornare in quel luogo’

La ricerca di Una Szeemann invece “si ispira ai modelli teorici e alle problematiche della psicoanalisi, dell’(auto)ipnosi in particolare, completati dalla biologia, dall’antropologia e dalle loro intersezioni”, ha scritto Gygax nel saggio critico pubblicato nel catalogo che accompagna l’esposizione. Queste poche righe ben definiscono le dimensioni entro cui si muove l’artista svizzera che con la sua indagine tematizza “il rapporto tra l’invisibile e il visibile, la presenza e l’assenza dei corpi, la natura e l’imitazione”, così come “le questioni correlate di temporalità e processualità”. Szeemann stessa descrive la sua ricerca e il suo fare come “un vagabondare nei paesaggi dell’inconscio” al fine di “rendere visibili fenomeni invisibili e fugaci”. Inoltre le sue opere mettono in moto il pensiero e la riflessione ed è ciò cui mira la mostra ‘Continuiamo a tornare in quel luogo’, allestita a Locarno.

Infine, due note biografiche anche su di lei: Una Szeemann è nata a Locarno nel 1975 e, dopo aver compiuto studi in recitazione a Milano, oggi vive e lavora fra Zurigo e Tegna. Le sue opere hanno trovato spazio in numerose mostre sia in Svizzera, sia all’estero, fra cui il Kunsthaus di Zurigo, il Museo cantonale d’arte di Lugano, il Kunstverein Hamburg, la Biennale di Venezia.


Courtesy of the artist / © Anna Maysuk
Una, Szeemann, The Birds Said You Move, 2021/23 bronzo

Sul sito del Museo Casa Rusca (www.museocasarusca.ch) è possibile reperire tutte le informazioni riguardanti le mostre.

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