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Riforma fiscale e Ipct, Vitta: ‘L’immobilismo non pagherebbe’

Il direttore del Dfe assume oggi la presidenza del Consiglio di Stato, e parla a tutto campo dei temi in votazione: ‘Ribadiremo il nostro sostegno’

Tempi difficili
(Ti-Press)
24 aprile 2024
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«In un contesto che a livello globale è sempre più complesso, perlomeno nelle realtà locali come la nostra, le istituzioni devono fungere da punto di riferimento garantendo il contatto diretto con la popolazione che si trova confrontata con eventi e cambiamenti rapidi che sembrano sfuggire al nostro controllo». E, va da sé, «il ruolo del governo cantonale è sempre importante, ma in un frangente delicato come questo lo sarà ancora di più». Con sfide che, dalla geopolitica alla realtà cantonale del Ticino, «passano soprattutto dal riequilibrio finanziario, arrivando anche alle votazioni previste il 9 giugno sulla riforma fiscale, le misure di compensazione per gli affiliati all’Istituto di previdenza cantonale (Ipct) e l’acquisto dello stabile Efg per la nuova Cittadella della giustizia». Insomma, sarà impegnativo l’anno da presidente del Consiglio di Stato che il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta inaugura questa mattina. Un ruolo onorifico, in un governo collegiale. Ma che può dare anche un indirizzo ai lavori del Consiglio di Stato e con un ruolo rilevante anche a livello di comunicazione. A partire, si diceva, dalla tornata di votazioni del 9 giugno. Dove «il governo ribadirà il proprio sostegno ai tre oggetti, come ha fatto anche il parlamento» assicura Vitta a colloquio con ‘laRegione’.

Concentriamoci sui due temi che riguardano più da vicino il suo dipartimento, la riforma fiscale e le misure di compensazione per gli affiliati Ipct. La campagna elettorale si annuncia polarizzata, lei e il governo come la affronterete?

Partiamo dalla questione principale: con la cassa pensione e la fiscalità si parla di riforme strutturali, ponderate e ragionevoli. Per quanto riguarda le misure di compensazione non si tratta di un provvedimento per risanare la cassa pensione, bensì di una riforma indirizzata a tutti gli affiliati dell’Ipct, come ad esempio i dipendenti del Cantone e di numerosi Comuni, i docenti comunali, operatori sociali e altri affiliati. La riforma persegue l’obiettivo di non peggiorare o compromettere le condizioni previdenziali degli affiliati a seguito dell’abbassamento del tasso di conversione che, tecnicamente, è un passo dovuto. Per quanto concerne invece la fiscalità, si tratta di utilizzare le risorse supplementari derivanti dal ritorno del coefficiente cantonale d’imposta, cioè il moltiplicatore cantonale, dal 97 al 100% per concretizzare una riforma fiscale come chiesto dal parlamento nel 2019, evitando così un aumento generalizzato delle imposte.

Una riforma molto attaccata per l’abbassamento dell’aliquota massima.

Questa riforma contiene anche altri elementi: innanzitutto vuole evitare un aumento generalizzato delle imposte del 3% a tutti, poi l’aggiornamento della fiscalità ai nuovi modelli di società e nuove forme di famiglia, e tende a correggere le situazioni dove siamo particolarmente penalizzati nel confronto intercantonale. Penso soprattutto al prelievo del capitale previdenziale. Inoltre, come indicato nella domanda, si correggono progressivamente le aliquote marginali massime avvicinandoci così alla media nazionale. È utile ricordare che entrambi gli oggetti in votazione – fisco e Ipct – hanno in comune la volontà di riformare in maniera strutturale, ponderata e ragionevole i rispettivi ambiti. L’immobilismo non pagherebbe in alcun caso.

Nelle misure di compensazione dell’Ipct che lei definisce come strutturali, qual è la posta in gioco? Il comitato a favore che si è presentato nei giorni scorsi ha detto che è altissima e che serve unità.

È così. Questa votazione mette in gioco il ruolo dello Stato come datore di lavoro che deve fare la propria parte come è già successo anche in altre realtà pubbliche e private dove i datori di lavoro sono intervenuti a salvaguardia del sistema pensionistico dei loro dipendenti.

Unità che però sarà difficile trovare per la riforma fiscale.

È bene ricordare che questa riforma fiscale mette in relazione il rapporto tra Stato e cittadini, perché si tratta di utilizzare le risorse derivanti dall’aumento delle imposte a seguito del passaggio dal 97% al 100% del coefficiente cantonale d’imposta. Attorno a questo obiettivo è stata costruita una maggioranza a sostegno della riforma fiscale.

Sì, ma la situazione finanziaria è sotto gli occhi di tutti. Non teme che possa prevalere nella popolazione il non voler accordare da un lato delle uscite e dall’altro delle minori entrate?

Potrebbe esserci questa tentazione, ma le cifre vanno contestualizzate. Qualora non venissero approvate entrambe le riforme, per il 2025 l’impatto finanziario sarebbe di 30-35 milioni di franchi che rimarrebbero al Cantone. Stiamo parlando di cifre importanti, che non risolverebbero però l’attuale situazione finanziaria. Senza dimenticare che qualora queste due riforme non dovessero andare in porto genererebbero comunque nuove richieste con un potenziale costo per lo Stato. Una bocciatura di entrambi gli oggetti farebbe aumentare la polarizzazione e il confronto fra pubblico e privato con nuove tensioni di cui oggi non abbiamo bisogno. In questa fase storica abbiamo invece bisogno di condivisione e dell’apporto di tutti per superare le difficoltà e ritrovare una certa serenità. Per quanto riguarda le misure di compensazione Ipct ricordo che con il Preventivo 2024 è stato richiesto uno sforzo anche ai dipendenti pubblici. Mentre sulla fiscalità rilevo che anche chi ha promosso la raccolta delle firme condivide almeno tre punti della riforma.

Quindi stiamo parlando del ‘male minore’ in entrambi i casi?

Come detto in precedenza si tratta di riforme strutturali, ponderate e ragionevoli. Per l’Ipct le richieste iniziali erano ben superiori e il risultato finale è stato frutto di una buona concertazione fra le parti. Per la fiscalità si vogliono utilizzare le risorse supplementari a disposizione a seguito dell’aumento del coefficiente cantonale per evitare un aumento generalizzato delle imposte e per correggere alcuni ambiti specifici. Non sono quindi delle riforme estreme. Anzi. Queste riforme sono già state considerate da più anni nella pianificazione finanziaria. Va anche detto che le tematiche oggetto della votazione di giugno da sempre polarizzano la politica cantonale.

Rimanendo alla riforma fiscale: è stato il parlamento a inserire il taglio lineare dell’1,66%, perché per il Consiglio di Stato il ritorno del coefficiente al 100% era già stato compensato con le deduzioni per spese professionali e gli altri elementi della riforma.

Inizialmente la riforma era più mirata, il parlamento ha voluto garantire in maniera generalizzata e quindi per tutti il non aumento delle imposte. Dal profilo politico è stato un passo necessario per costruire un consenso allargato e quindi una maggioranza.

C’è chi sostiene che gli sgravi fiscali siano la causa di tutti i mali passati, presenti e futuri. Come replica?

Basta guardare attorno a noi per rendersi conto che le finanze pubbliche sono sotto pressione un po’ ovunque. Dalla Confederazione a numerosi Cantoni. L’origine non è quindi da ricercare nelle riforme fiscali, ma piuttosto nel contesto generale che si è deteriorato rapidamente negli ultimi anni. La combinazione fra pandemia, guerre vicino a noi, inflazione e rallentamento economico non può che avere forti ripercussioni anche sulle finanze pubbliche. Infatti, assistiamo a un aumento della spesa generato anche da fattori esterni che non dipendono direttamente da noi. Pensiamo solo al grande problema dei premi cassa malati che richiede una riforma del sistema a livello federale e che in questo periodo sta mettendo sotto forte pressione oltre che i nuclei familiari anche le finanze pubbliche dei Cantoni. Per quanto riguarda la fiscalità in questo periodo di aumento generalizzato dei costi per la società diversi Cantoni si sono attivati con interventi di natura fiscale. Pensiamo, ad esempio, a quanto annunciato recentemente dal Canton Grigioni.

Resta sempre la questione delle misure di risparmio in questo periodo di difficoltà. Il presidente del Plr Speziali ha detto, dichiarandosi contrario a un prolungamento del Decreto Morisoli, che dalle difficoltà si esce anche grazie allo sviluppo economico.

Sicuramente in periodi di crescita economica sostenuta a trarne beneficio sono anche le finanze pubbliche. Stiamo però oggi vivendo un contesto economico difficile e complesso che non riguarda solo il Ticino, ma in generale tutta l’Europa. Malgrado ciò vi è una buona tenuta del gettito fiscale, ma il contesto generale in cui ci muoviamo e che determina la crescita è davvero fragile. In questa situazione le finanze pubbliche non potranno riequilibrarsi a seguito della sola crescita economica. Stiamo anche assistendo in generale a una crescita del debito pubblico in vari Paesi che qualcuno alla fine dovrà onorare.

Un governo che annuncia di essere costretto a contenere la spesa nel sociale è compatibile con un governo che elabora piani di alleggerimento per i più ricchi con la riforma tributaria?

Occorre andare oltre agli slogan. Come già detto in precedenza la riforma fiscale contiene più elementi e grazie alla modifica del parlamento evita un aumento generalizzato delle imposte. Nell’ambito sociale la sfida per tutti i Cantoni è di poter gestire l’importante crescita della spesa che agli attuali ritmi diventa insostenibile per molti Cantoni. Per questo motivo sono necessarie delle riforme a livello federale che permettano di meglio gestire questo settore tenendo conto anche dell’evoluzione della società. Come istituzioni è importante segnalare in maniera chiara e trasparente questa esigenza e leggere i cambiamenti nella società che in questa fase storica sono sempre più rapidi.

Quale dovrà essere il ruolo del governo in questa fase? Non solo in vista delle votazioni, ma proprio per essere al meglio quel riferimento per la popolazione di cui lei ha parlato in entrata.

Il governo deve mantenere una linea coerente e una visione d’insieme. Sulle votazioni del 9 giugno, come è giusto che sia, l’ultima parola spetterà ai cittadini. Il nostro lavoro continuerà anche dopo queste votazioni e i temi da affrontare sono molteplici e complessi. Come governo dovremo mantenere la razionalità e la volontà di andare oltre agli slogan e alla polarizzazione del dibattito.

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