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Caos giustizia, la politica riflette dopo il ‘gran rifiuto’

Il no del Consiglio della magistratura all'inoltro degli atti sui cinque pp bocciati alla commissione ‘Giustizia e diritti’ fa discutere i gruppi in parlamento

Ti-Press
8 ottobre 2020
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«Dopo le ultime vicissitudini che abbiamo appreso dalla stampa mi auguro che si svolga un lavoro di recupero di credibilità, che è sicuramente essenziale per il nostro Paese». La vicenda del secondo ‘gran rifiuto’ del Consiglio della magistratura (Cdm) di inoltrare alla commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ gli atti inerenti al preavviso negativo formulato a cinque procuratori pubblici in vista del rinnovo delle cariche per il periodo 2021-2031 non convince il presidente del Gran Consiglio Daniele Caverzasio. Interpellato dalla ‘Regione’, il primo cittadino esprime «preoccupazione, soprattutto per le istituzioni: si sta mettendo in discussione, e sicuramente non in buona luce, il sistema giudiziario. Mi auguro che si ritrovi presto la serenità - dice Caverzasio -, e anche il bandolo della matassa. Serve arrivare a una soluzione che permetta a tutti di lavorare con serenità».

La preoccupazione del presidente del Legislativo è condivisa anche dal presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, che al portale ‘tio.ch’ afferma come ci sia “preoccupazione per la credibilità delle istituzioni e per la fiducia nella giustizia penale cantonale da parte della cittadinanza e di tutti gli attori del sistema giudiziario. Oltre che una necessità di fare piena chiarezza in maniera celere, pensando ai procuratori toccati e a tutte le collaboratrici e collaboratori del Ministero pubblico in particolare”.

Il tema adesso è anche politico. «Mi lascia perplesso questa decisione del Consiglio della magistratura», dice il capogruppo del Ppd in Gran Consiglio Maurizio Agustoni -. Bisogna tuttavia vedere se il motivo indicato dal Cdm, la separazione dei poteri, sia giuridicamente valido. Ora la parola passa alla Commissione parlamentare ’Giustizia e diritti’: sta a lei decidere quali passi compiere in seguito al rifiuto del Cdm di trasmetterle l’incarto». La ’Regione’ ieri ha provato più volte a contattare il presidente della commissione, il popolare democratico Luca Pagani, ma invano. Alla sua commissione, lo ricordiamo, la Legge sul Gran Consiglio all’articolo 23 assegna il compito di esaminare e preavvisare “le questioni inerenti all’alta vigilanza sulle autorità giudiziarie, curando altresì le relazioni con il Consiglio della magistratura”.

E questa commissione, per la capogruppo liberale radicale Alessandra Gianella, «adesso deve fare tutti gli approfondimenti del caso, e deve essere messa nelle condizioni di lavorare in serenità senza essere costantemente sotto tiro. Detto questo - prosegue - avere una magistratura efficace ed efficiente è nell’interesse di tutti, ed è l’obiettivo cui tendere. Anche per una questione di credibilità verso l’esterno».

Il Consiglio della magistratura, nel negare gli atti alla ‘Giustizia e diritti’, ha preso «una decisione di chiusura, che complica ancora di più questa vicenda - rileva il capogruppo del Ps Ivo Durisch -. E che rischia di scavare un fossato tra il Consiglio della magistratura e la commissione parlamentare, la quale era stata istituita per invece rafforzare la collaborazione fra i due consessi nel rispetto ovviamente delle reciproche competenze. Adesso occorrerà trovare una via d’uscita da questa situazione per garantire la piena operatività del Ministero pubblico». Se entro fine anno il Gran Consiglio non dovesse procedere al rinnovo delle cariche tutti i procuratori, pg compreso, decadrebbero venendo a scadenza il periodo di nomina decennale. L’unica via d’uscita, a quel punto, è la nomina di procuratori da parte del Consiglio di Stato in base all’articolo 24 della Legge sull’organizzazione giudiziaria. Che recita: “In caso di vacanza di qualsiasi seggio giudiziario o di impedimento di carattere durevole, il Consiglio di Stato può designare un supplente a ricoprire l’ufficio fino alla sostituzione o alla cessazione dell’impedimento”.

Controcorrente il capogruppo della Lega Michele Foletti: «Per la separazione dei poteri, a mio avviso giustamente il Consiglio della magistratura ha deciso di non trasmettere alla commissione ‘Giustizia e diritti’ gli atti sui quali ha lavorato. Sono dei preavvisi, poi la commissione ha tutte le possibilità di ascoltare gli organi che preavvisano, chiedere spiegazioni, sentire le persone preavvisate negativamente e farsi la sua opinione. È un preavviso, non è un parere vincolante».

«La decisione del Consiglio della magistratura non la capisco proprio - afferma dal canto suo l’avvocato ed ex granconsigliere Filippo Gianoni -. Ciò che ha chiesto la commissione parlamentare rientra nella procedura di rinnovo delle cariche in magistratura, nella fattispecie al Ministero pubblico. L’incarto sollecitato è un elemento fondamentale di questa procedura affinché la commissione ’Giustizia e diritti” possa formulare le proposte di elezione con piena conoscenza di causa. Ora, se il plenum del parlamento dovesse procedere comunque al rinnovo delle cariche e non rieleggere i cinque procuratori preavvisati negativamente dal Consiglio della magistratura, il o i pp non rinominati potrebbero impugnare la decisione con ricorso al Tribunale federale sollevando la violazione delle garanzie procedurali, anzitutto il diritto di essere sentiti, poiché il Cdm, non consegnando l’incarto, non ha dato la possibilità alla commissione parlamentare di sottoporre la documentazione ai cinque magistrati, che aveva deciso di ascoltare, per dar loro la facoltà di prendere posizione alla luce di quella documentazione. In caso di ricorso al Tf, questi magistrati avrebbero notevoli probabilità di spuntarla, alla luce della recente giurisprudenza dello stesso Tribunale federale e in particolare di una sentenza del luglio di quest’anno su un caso di mancata rielezione di un giudice del Canton Zurigo». Il Cdm invoca la separazione dei poteri. «Una giustificazione che a mio modo di vedere non regge - sostiene Gianoni -. In questa particolare procedura il Cdm è chiamato, per legge, a formulare e a trasmettere a una commissione del Gran Consiglio i preavvisi sulle candidature dei magistrati che postulano la rielezione per la medesima funzione. E la commissione parlamentare deve poter avere tutti gli elementi, a maggior ragione se li chiede, per fare delle proposte di nomina al plenum con piena cognizione di causa».

Interessante, infine, ricordare quanto scritto sul ‘Cdt’ da Spartaco Chiesa, ex giudice d’appello e primo presidente, negli anni ‘90, del Consiglio della magistratura: “Nel caso concreto, non v’è motivo di ritenere che tutto ciò non sia avvenuto da parte dell’una o dell’altra autorità e che i preavvisi negativi decisi ora non costituiscano che l’esito prevedibile di precedenti avvertimenti nei confronti dei cinque magistrati di cui si tratta. Se invece - per denegata ipotesi - così non fosse, allora le autorità granconsigliari dovrebbero seriamente porsi qualche domanda, anzitutto se non sia loro dovere imprescindibile esaminare accuratamente il significato e la portata dei preavvisi negativi loro trasmessi dal Consiglio della magistratura e ciò nel massimo rispetto sia delle istituzioni, sia delle competenze riservate alle diverse autorità, sia anche, ma non da ultimo, nel rispetto dei magistrati”.

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