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‘Spetta all’uomo creare le condizioni per la biodiversità’

Ripristinata la Bolla alpe di Mendrisio, grazie all’intervento della Ferrovia Monte Generoso. Sarà dimora per centinaia di specie animali e vegetali

In sintesi:
  • Un recupero ambientale che sa di storia
  • Già oggi l'oasi brulica di vita
Il biologo Marco Nembrini accanto alla bolla
27 giugno 2023
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A guardarlo sembra un banale stagno, ma questo piccolo specchio d’acqua costituisce un portento della biodiversità. La Bolla alpe di Mendrisio è stata recentemente ripristinata dalla Ferrovia Monte Generoso, come compensazione per gli spazi verdi ‘sottratti’ per la costruzione dei marciapiedi alle stazioni Bellavista e San Nicolao. Dopo un investimento iniziale di circa 55mila franchi, principalmente per la preparazione del terreno e il deposito della ghiaia che fa da fondale allo stagno, la bolla è diventata un ecosistema autonomo, dimora di molteplici specie animali acquatiche: «In un paio d’anni – afferma Marco Nembrini, biologo e ingegnere ambientale dello studio di consulenza e ingegneria ambientale Oikos di Bellinzona, che ha supervisionato i lavori – potrebbe arrivare a ospitare fino a cento specie differenti, tra vertebrati, invertebrati e vegetali».

Un po’ di storia

Ma cosa sono esattamente le bolle? «Siamo risaliti alla documentazione a disposizione che indica nella regione del Monte Generoso, con dei cerchi le scritte ‘Bozze’ ‘Bozza’ – spiega Nembrini –, che nel dialetto ticinese significa ‘Bòza’ ovvero pozza dove ristagna l’acqua, da qui la denominazione attuale ‘bolla’». Queste pozze in passato venivano create per permettere al bestiame da pascolo di abbeverarsi. Pratica in uso sin dall’apparizione della pastorizia nella regione, è stata poi dismessa negli anni 60 del secolo scorso grazie all’implementazione degli acquedotti. All’epoca le pozze venivano impermeabilizzate comprimendo la terra sul fondo, e posando un sottile strato di cenere e foglie. Per il ripristino di questa bolla si è optato per un sistema più moderno, posando un telo di gomma, ricoperto da ulteriori strati protettivi, tra cui uno di ghiaione, per altro proveniente dalla Sovaglia e quindi a chilometro zero.

Mentre un tempo il loro scopo era abbeverare gli animali da reddito, oggi questi ultimi sono diventati troppo delicati per bere quest’acqua, ragion per cui d’estate la bolla verrà recintata con un filo elettrificato. Nessun pericolo per la fauna selvatica, che potrà tranquillamente approfittare dell’acqua, anche per lavarsi. «I cinghiali e i cervi solitamente usano questi biotipi per farsi i bagni di fango, per scacciare i parassiti esterni».

Un ecosistema indipendente

Già oggi è possibile ammirare uno stagno brulicante di vita. Lungo le sue rive sgambettano centinaia di piccole rane, libellule, girini e altri piccoli insetti, tutti giunti alla bolla in maniera autonoma, in una ricolonizzazione del tutto naturale. «Si chiama resilienza degli ambienti naturali – dice Nembrini –. Basta creare le condizioni adatte e poi si rigenerano da soli. L’acqua diventa proprio un crogiolo di vita, perché dentro verranno a vivere anfibi, rettili, insetti e piante acquatiche. Poi di notte, lo stagno diventa un luogo di caccia privilegiato per i pipistrelli, che si nutriranno di insetti come le zanzare, e di rapaci notturni come l’allocco che prederanno a loro volta i vertebrati». In particolare, si punta alla colonizzazione da parte di specie protette, come la salamandra pezzata, la rana temporaria, il tritone crestato meridionale e la raganella italica.

E la resilienza si vede anche in casi di estrema siccità: «In alcuni momenti il livello dello stagno semplicemente si abbassa. Non è un problema per l’ecosistema acquatico. Perché si autoregola, nel senso che per gli organismi acquatici avere un metro d’acqua o trenta centimetri non fa molta differenza. Loro sono abituati, in questi ambienti e per natura, a convivere con queste fluttuazioni naturali».

(Ri)compensare la natura

L’intero progetto, è stato appunto una forma di compensazione dello spazio naturale voluto dal Cantone. «Durante le fasi di ristrutturazione del binario – spiega Viviana Carfì, media e pr manager della Ferrovia Monte Generoso – abbiamo sottratto delle zone verdi per fare i marciapiedi per esempio alle stazioni di Bellavista e di San Nicolao. Il Cantone impone che queste zone sottratte, anche se per una motivazione valida come quello di far scendere o salire in maniera più confortevole i clienti della ferrovia, debbano essere compensate».

«Questa compensazione non dev’essere intesa a livello finanziario – aggiunge Nembrini – ma in natura. Se ad esempio viene sottratto un metro quadro di prato, bisogna ripristinare una superficie dello stesso valore ecologico. Questo valore viene definito con un calcolo apposito, basato sugli ecopunti. Abbiamo deciso di optare sul recupero delle bolle per il loro valore storico e rurale preesistente, ripristinando così un elemento culturale ad alto valore naturalistico».

Va detto infine, che la compensazione arriva a un livello più profondo. «In passato la bonifica dei terreni ha impattato molto sulla natura – dice Nembrini –. Prima questi ambienti si formavano in maniera naturale, grazie a fenomeni naturali distruttivi come slavine, frane, alluvioni e valanghe. Adesso questi fenomeni accadono molto meno per l’intervento contenitivo dell’uomo, che è intervenuto ad esempio incanalando i fiumi o mettendo reti paramassi. Quindi ora spetta a noi sostituirci a questi eventi naturali e creare delle situazioni idonee alla formazione di habitat per gli animali. Chiaramente sono processi costruttivi costosi, però sono fondamentali se si vuole mantenere la biodiversità, che è la base della dell’esistenza dell’essere umano. Perché tutto è collegato, e se non c’è complessità prima o poi si avranno delle disfunzioni».

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