Luganese

‘I miei bambini mi chiedono: quando finiranno le bombe?’

La storia di Natalija, fuggita da Leopoli con i figli Sofija (14), Jura (10) e Zlata (5), rifugiatisi in Ticino. ‘La guerra sarà lunga’, teme

La piccola Zlata dorme in un fast food durante il viaggio
21 marzo 2022
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«Sì, sì, certo che i bambini capiscono cosa sta succedendo. Zlata mi chiede spesso: mamma, quando finiranno le bombe? Quando torneremo a casa?». Zlata ha 5 anni, con il fratello Jura (10), la sorella Sofija (14) e la mamma è rifugiata da alcuni giorni in Ticino. Natalija, la mamma, è giovane (33 anni) ma «nell’ultimo mese mi sento invecchiata di dieci anni». Alle domande della vivace ultimogenita risponde che «torneremo presto, ma in realtà non so quando succederà». Si porta le mani al viso, non vuole mostrare le lacrime a uno sconosciuto. È fiera e orgogliosa: del proprio presidente, del proprio Paese, della propria città. Ma ora è spaesata, letteralmente senza un posto dove stare. «Siamo scappati da Leopoli senza una meta». Il caso li ha portati in Svizzera, ospitati provvisoriamente a Lamone dal ticinese Roberto – dove li incontriamo – in attesa di trovare un’altra sistemazione, di registrarsi e con il sogno di tornare a casa.

‘I bambini non dormivano la notte’

«Quando il 24 febbraio è cominciato l’attacco, mi ha chiamato una mia collega che lavora a Kiev per dirmi che c’erano dei bombardamenti in corso – ricorda Natalija –, non potevo crederci, sembrava irreale». Invece è reale, e la paura è presto arrivata anche nella città occidentale. «Le sirene risuonavano molto spesso. La Città ha creato un’app grazie alla quale informa tutti i cittadini del pericolo in caso di attacco aereo, in modo che possano nascondersi per tempo». Natalija ci mostra l’app. E si commuove nuovamente, non l’ha disattivata: l’app rappresenta un legame con la famiglia rimasta a Leopoli e l’amata città. «Abbiamo cominciato ad avere paura, soprattutto per i bambini. I due più piccoli hanno cominciato a svegliarsi spesso la notte, Zlata ha iniziato a chiedere sempre più spesso di me. Alcuni giorni dopo l’inizio della guerra abbiamo lasciato la città, siamo andati in un villaggio venti chilometri fuori da Leopoli dove vivono i miei nonni. Ma non era sicuro nemmeno lì».

‘Sono caduta in depressione, piangevo sempre’

E quindi la decisione: partire. Era il 2 marzo. «Siamo tornati in città, abbiamo preso poche cose e il primo treno per Przemysl (la città polacca poco oltre il confine, luogo di approdo di numerosi rifugiati ucraini, ndr)». Un istinto che hanno avuto in molti: Natalija ci mostra le foto e il video che ha fatto nel treno, stracolmo. «Molti erano seduti per terra, noi eravamo in quattro su due sedili, alla fine io e Sofija siamo rimaste in piedi per permettere a Zlata e Jura e di riposare». Le due città distano meno di 100 chilometri, ma il viaggio è durato circa sei ore, cinque delle quali fermi al confine, senza che nessuno entrasse nei convogli a verificare se qualcuno avesse fame o sete o non stesse bene. A Przemysl dei volontari hanno indicato alla famiglia un albergo dove stare a Cracovia. Quindi altro viaggio in treno, e poi il soggiorno in hotel per due settimane. «Lì sono caduta in depressione – svela Natalija con un fil di voce, in buon inglese –, piangevo in continuazione e ripensavo alla mia famiglia, alla mia vita. Avevo dei piani per il futuro che sono andati in frantumo».

‘Spero che i ragazzi possano frequentare la scuola’

A Cracovia la figlia maggiore fa amicizia con altri ragazzi, diretti con le proprie famiglie in Svizzera. Così anche Natalija entra in contatto con una volontaria ticinese, che riesce a inserire lei e i suoi figli su un bus che – attraversando Cechia, Germania e Austria – li porta a Lugano. È il 18 marzo. «Appena arrivati, Roberto (attivo come volontario da settimane, ndr) ci ha portati in un appartamento che era stato messo a disposizione per accoglierci». Una volta lì, la sorpresa: l’appartamento era completamente vuoto, senza mobili. «Roberto ci ha quindi portati a casa sua per un paio di giorni, finché non troviamo una sistemazione». A casa di Roberto, in sei, si sta strettini. Ma la situazione è provvisoria e regna la serenità per aver da un lato aiutato chi ne aveva bisogno e dall’altro trovato persone buone che hanno aperto le proprie porte. «Domani (oggi, ndr) andremo a Chiasso per registrarci, spero che almeno per i bambini sia possibile che vengano inseriti a scuola o all’asilo. Da quando è iniziata la guerra le scuole hanno chiuso: qualcuno lezioni l’hanno seguita a distanza, come si faceva durante il lockdown, ma non è la stessa cosa».

I genitori ancora in Ucraina

La piccola Zlata è vivace e giocosa, più seri e distaccati appaiono i fratelli maggiori, che preferiscono non rilasciare dichiarazioni. Natalija si perde fra le foto precedenti all’attacco russo, di quelle che lei chiama «vita normale, senza propaganda». Ce le mostra: una giovane donna, curata, che esce al ristorante con le amiche e passeggia coi figli. E di nuovo un momento di sconforto. «A Leopoli sono rimasti i miei genitori. Mio padre ha 55 anni ed è potenzialmente abile alle armi, non è ancora stato convocato nell’esercito, al momento si limita a fare volontariato per gli ucraini arrivati dall’est. E mia madre non partirebbe mai senza di lui. Nemmeno io avrei mai lasciato il mio Paese, ma l’ho fatto per salvare i bambini. Mia sorella invece è scappata anche lei, è in Polonia ora ed è preoccupata per il marito al fronte».

‘La Russia si preparava da tempo per attaccarci’

Una guerra che, a suo dire, l’Ucraina non voleva combattere. «Per noi Zelensky ha rappresentato l’uomo del cambiamento, ha portato una nuova mentalità – conclude la 33enne –. Credo che in Russia abbiano paura di chi porta nuove idee come lui e per questo vogliono un governo diverso in Ucraina, hanno paura che possano cambiare le cose anche in Russia. Sui social parlo con molti russi, ma sono quasi tutti indottrinati dalla propaganda di Stato, che dipinge l’Ovest dell’Ucraina come un posto dove sono tutti pro Stepan Bandera (controverso eroe nazionale, considerato vicino all’estrema destra, ndr). Invece Leopoli è una città aperta, che vive di turismo, anche russo. Purtroppo penso che la guerra sarà lunga. La Russia si stava preparando da molto tempo per questo conflitto, non lasceranno perdere facilmente. Ma io vorrei che finisse presto per poter tornare a casa».

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