Bellinzonese

Da oggi Enrique e Marta rivivono in Casa Marta

Bellinzona: inaugurata la struttura per senzatetto. Il nome ricorda la tragedia del 30 dicembre 2008 quando due giovani ecuadoriani morirono in un furgone

In sintesi:
  • La struttura dispone di 15 camere con 32 posti letto e due piccoli appartamenti
  • L'investimento è stato di 5 milioni di franchi
(Ti-Press)
11 novembre 2023
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Dopo Casa Astra a Mendrisio con 23 posti letto e Casa Martini a Locarno con 16, sabato è stata Bellinzona a dare il benvenuto a Casa Marta che dispone di 32 posti letto distribuiti in 15 camere e due piccoli appartamenti. L'inaugurazione della struttura per persone senzatetto e il pomeriggio di porte aperte si sono svolti alla presenza delle autorità e di molte persone a coronamento degli importanti lavori di ristrutturazione cui è stato sottoposto il vecchio e decadente edificio ex Ostini messo gratuitamente a disposizione dal Comune proprio dietro BancaStato. Promotrice la Fondazione Casa Marta creata dal compianto Luca Buzzi, la cui figura di persona tenace e determinata è stata ricordata con affetto dal figlio Matteo affiancato dalla madre Silvana. Fondazione che nei suoi nove anni di vita ha affrontato un progetto oneroso – 5 i milioni di franchi investiti, si era partito da un preventivo di 3,5 – che beneficia di generosi aiuti elargiti dal Cantone, dalla Città e da molti privati.

A fare gli onori di casa il presidente della fondazione Renato Minoli affiancato dall'architetto Lorenzo Denti. Ribadito il fatto che la struttura non è un parcheggio per persone disadattate ma un autentico progetto sociale che occupa personale formato. Dopo la benedizione degli spazi impartita da don Rolando Leo, a soffermarsi sull'importanza di una struttura di prima accoglienza anche alle nostre confortevoli latitudini sono stati il sindaco della capitale e il presidente del Consiglio di Stato, nonché direttore del Dipartimento sanità e socialità.


Ti-Press
Il presidente del governo Raffaele De Rosa e il sindaco Mario Branda davanti a Casa Marta

Non abbiamo voluto un ghetto’

Mario Branda ha posto l'accento sulla necessità di prestare attenzione, nello sviluppo della capitale ticinese, alle sue potenzialità di crescita demografica, occupazionale, formativa, economica, ma anche alla dimensione sociale: «Desideriamo una città più grande, dinamica, con maggiori risorse. Per cui ben vengano, e le sosteniamo, attività di ricerca, commerciali, imprenditoriali». E a sua volta Casa Marta «contribuisce con un'altra funzione, quella di fare di Bellinzona una città più bella. Non della bellezza di cui parlano architetti, urbanisti e politici, ma di una bellezza speciale che non appartiene alla dimensione dell’estetica, semmai a quella della civiltà che ha il suo fondamento nella solidarietà e nello spirito comunitario». Nel 2015 le autorità comunali – ha ricordato il sindaco – hanno voluto questa struttura nel centro cittadino e non in periferia, lontana da tutto. Quando Municipio e Consiglio comunale accordarono il diritto di superficie e stanziarono i crediti necessari «posero quale condizione la possibilità che taluni spazi di Casa Marta fossero accessibili gratuitamente ad associazioni ed enti cittadini per tenervi le proprie riunioni; che fosse, insomma, una struttura aperta alla città e da questa accessibile. Quindi non un ghetto, ma tessera di un mosaico multicolore: la nuova città di Bellinzona».

‘Garantire una risposta adeguata’

Casa Marta – ha evidenziato Raffaele De Rosa – prende forma dalla matrice di Casa Astra di Mendrisio ispirandosi alla sua filosofia e missione: «Diventerà un punto di riferimento fondamentale per un fenomeno che tocca anche la nostra realtà sociale. Ma non solo, perché dall’accoglienza e dal sostegno possono svilupparsi azioni concrete, per stimolare gli utenti a riprendere in mano la loro vita, ritrovando autonomia e indipendenza». L’ubicazione non ai margini «contribuirà a prevenire possibili sentimenti di ostilità ed esclusione nei confronti di persone fragili e vulnerabili che vivono una condizione di vita complessa. Come pure a diventare centro nevralgico di atteggiamenti sociali positivi e costruttivi, grazie anche agli spazi a disposizione per riunioni ed eventi». Il Dss, ha sottolineato il presidente del governo, «è da sempre attento alle esigenze delle persone più vulnerabili. Ma accanto ai servizi preposti, la società civile ticinese, che nel suo Dna ha lo spirito di solidarietà e accoglienza, si è mobilitata. Ha nuovamente risposto ‘presente’ con uno slancio solidale. La sinergia tra enti pubblici e organizzazioni che operano sul territorio è fondamentale per garantire un’offerta capillare. Una sinergia proficua che scaturisce da una sensibilità e un riconoscimento oggettivo, anche da parte della politica, della necessità di offrire una risposta adeguata a questo tipo di bisogno sociale».

LA TRAGEDIA

La coppia morta asfissiata nel furgone

“Si chiamava Marta e voleva solamente stare al caldo dentro a un furgone. Una casa precaria, diventata una trappola. Marta ed Enrique sono morti asfissiati il 30 dicembre 2008 nell'area di servizio di Monte Carasso tra le lamiere che fingevano fossero mura. La tragedia, originata dal monossido di carbonio sprigionato da un piccolo generatore a benzina, aveva reso ‘reale’ una donna per certi versi invisibile. Veniva dall’Ecuador; come prima di lei molte e molti altri. Dopo di lei, altri ancora. Le sarà dedicata una casa con muri veri e riscaldamenti che funzionano: Casa Marta, centro di prima accoglienza per persone in difficoltà previsto a Bellinzona”. Così attaccava il nostro articolo del 18 aprile 2015, giorno in cui il Municipio annunciava la propria disponibilità a concedere il diritto di superficie per 50 anni e aiuti finanziari. La svolta. L'anno prima Luca Buzzi, sull'esempio di Casa Astra e raccogliendo la spinta del Movimento dei senza voce che a lungo aveva insistito sulla necessità di dotare anche la capitale di una struttura, aveva creato la fondazione chiamandola proprio con quel nome. Marta.

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