Bellinzonese

Coronavirus, e i ragazzi cosa ne pensano?

Gli animatori dei centri giovanili di Bodio, Dongio e Roveredo parlano delle impressioni ricevute dagli adolescenti. 'C'è consapevolezza, ma non ansia'

11 marzo 2020
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Il coronavirus è l'argomento del momento. Tiene banco nelle discussioni di carattere politico, economico e sociale, influenzando ormai diversi ambiti del vivere quotidiano. Neppure i più giovani possono evitare di affrontare questo tema. Ma qual è la loro percezione in merito, e come stanno vivendo la situazione attuale? Una possibile risposta arriva da chi condivide con loro diversi momenti del tempo libero, sia in settimana, sia nei weekend. Ovvero gli animatori dei centri giovanili di Bodio, Dongio e Roveredo, professionisti che hanno la possibilità di interagire e discutere con i ragazzi. «Sentono parlare del virus, in famiglia così come a scuola, ma non vedo grossa preoccupazione da parte loro - commenta Lucio Fieni, della struttura grigionese che ospita tra i 13 e i 16 anni -. Più che altro esprimono un po’ di perplessità per certe situazioni che percepiscono come contraddittorie. Ad esempio il fatto di dover tenere una distanza di sicurezza di un metro, quando a scuola, tra compagni di banco, si è seduti vicini. Non ricevono tutte le risposte che vorrebbero». Stanno comunque adottando le misure preventive. «Anche se vedono il virus semplicemente come un’influenza più forte, tengono tutti del disinfettante nello zaino che portano in classe». 

Le domande ‘scomode’, a volte, vengono rivolte agli stessi animatori, e possono metterli in difficoltà. «Trovare il giusto modo di rispondere non è sempre facile - rileva Christian Polti, responsabile a Dongio -. Bisogna cercare di soddisfare la loro curiosità rimanendo neutrali, soprattutto quando si affrontano temi delicati e si parla, magari, della Lombardia. Ci tengo però che siano il più informati possibile e che non diano seguito a eventuali fake news». Capita quindi di «fare ricerca insieme, utilizzando i computer». 

Le differenti possibilità di acquisire notizie dipendono inevitabilmente anche dall’età dei ragazzi in questione. «Quelli più grandi, di 20-22 anni, si informano con regolarità, leggendo i giornali, oppure utilizzando smartphone e tablet - annota Ennio Lazzarini, del Centro giovani di Bodio -. Prendono la situazione attuale certamente con serietà, ma senza ansia, neanche per quelle che potrebbero essere delle eventuali conseguenze sul mondo del lavoro. Ho però notato che hanno abbandonato i tradizionali saluti con strette di mano, sostituendoli con quelli “gomito contro gomito”, come prevedono le disposizioni del governo». 

Stato di necessità fino al 29 marzo

Con la decisione presa nella giornata di ieri dal Consiglio di Stato, che ha dichiarato lo stato di necessità, i centri giovanili sono tenuti a rimanere chiusi almeno fino al 29 marzo, così come musei, teatri e cinema. «Una decisione coscienziosa, tanto per la collettività quanto per il singolo individuo - commenta Lazzarini -. Ritengo sia la soluzione giusta, in concomitanza con la chiusura delle scuole post obbligatorie. Non è il virus che fa paura in sé, ma si tratta di adottare misure di contenimento per evitare che il sistema vada in default e la situazione si complichi». C’è anche chi è rimasto sorpreso. «Onestamente non me lo aspettavo - ammette Polti -. Dal mio punto di vista è un peccato, considerando che la nostra struttura non si trova in un polo urbano e può ospitare 15-20 bambini».

Una decisione, quella presa dal governo ticinese, che avrà un seguito anche nel Grigioni. «Applicheremo pure noi questa misura, anche se mi dispiace per i ragazzi», conclude Fieni. 

 

 

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