Svizzera

Cioccolato sostenibile e... cioccolato amaro

Ecco come operano sul fronte disboscamento e condizioni di lavoro i produttori e i rivenditori elvetici: in un sondaggio tutti i punteggi

In sintesi:
  • Tra i produttori svizzeri spiccano Halba e Choba Choba. Va molto male invece per Delica
  • Tra i rivenditori al dettaglio, Coop si è aggiudicata il primo posto e Lidl il secondo 
Dal latte al bianco
(Ti-Press)
20 marzo 2024
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L'amore per la cioccolata ha un prezzo: disboscamento, estinzione delle specie, condizioni di lavoro inique, lavoro minorile. Un sondaggio ha analizzato la sostenibilità di 85 aziende, rivenditori al dettaglio e aziende di trasformazione della cioccolata. Chi ha ottenuto i punteggi più alti in Svizzera?

Tra i produttori svizzeri spiccano Halba e Choba Choba. Va molto male invece per Delica, che produce tra le altre anche il marchio Frey per Migros. Tra i rivenditori al dettaglio, Coop si è aggiudicata il primo posto e Lidl il secondo posto, con un grosso distacco rispetto a Migros, che a livello mondiale occupa la fascia intermedia.

Per Romain Deveze, esperto di foreste di Wwf Svizzera: «Il cacao è da sempre una delle cause principali del disboscamento. È inaccettabile che molte aziende non facciano nulla per risolvere questo problema e anzi, al contrario, alzino un muro quando viene chiesto loro di dimostrare maggiore trasparenza, tracciabilità e condizioni eque per i piccoli agricoltori. Sono appena tornato da un viaggio per un progetto nella foresta pluviale tropicale. Le immagini degli alberi abbattuti mi hanno molto impressionato. Qualcosa inizia a muoversi solo nel momento in cui vengono fatte leggi severe. Guardate ad esempio gli effetti del Regolamento Ue sulla deforestazione».

Per molti di noi la cioccolata è puro godimento. Tuttavia è un piacere non privo di zone d’ombra: l’industria del cioccolato che fattura 254 miliardi di dollari (previsti per il 2024) offre a molte persone un’importante fonte di sostentamento, ma da tanto tempo è associata a temi come il disboscamento, la perdita di biodiversità e le condizioni di lavoro inique. In Ghana e in Costa d’Avorio, paesi di provenienza del 75% del cacao consumato in tutto il mondo, il disboscamento ha ormai colpito già l’80% delle foreste. Un terzo della superficie liberata servirà a creare nuove piantagioni di cacao. Questo succede perché il salario spesso insufficiente costringe i contadini a coltivare porzioni sempre maggiori di terreno per sopravvivere.

Le aziende svizzere fanno qualche passo avanti

Delle 85 aziende che hanno risposto alla richiesta di una "Chocolate Scorecard" aggiornata, nel gruppo dei piccoli produttori l’azienda Choba Choba ha guadagnato il quarto posto con valutazioni molto positive in tutte le categorie. Nel gruppo dei 38 grandi produttori il risultato migliore è stato ottenuto come l’anno scorso da Halba, con un salto alla posizione 3. Anche Nestlé è migliorata: l’azienda ha dimostrato maggiore impegno per garantire tracciabilità e salari equi, raggiungendo così la posizione 8. Lindt e Sprüngli hanno ottenuto punteggi migliori nella categoria Prevenzione del disboscamento raggiungendo così la posizione 20. In posizione 29 Delica occupa solo la seconda metà della classifica.

Nel gruppo dei 16 rivenditori al dettaglio esaminati, Coop si è distinta rispetto agli altri arrivando fino in prima posizione, seguita da Lidl, la quale ha ottenuto anche un Gender Award. Migros, che avrebbe bisogno di recuperare soprattutto nelle categorie tracciabilità e salario equo, si è posizionata al 9° posto a metà classifica. Gli ultimi posti sono occupati da molti produttori che sono registrati in Svizzera, ma che non producono in Svizzera.

Wwf è convinto che sia possibile produrre cioccolato senza disboscamento, lavoro minorile e con salari equi per gli agricoltori. Le aziende come Tony's ne sono già un esempio.

I regolamenti severi sono efficaci: la Svizzera deve adeguarsi

L’ultimo studio "Chocolate Scorecard 2024" indica che il Regolamento Ue sulla deforestazione ha già oggi i suoi effetti, nonostante entri in vigore il 1° gennaio 2025. A partire da quella data non sarà più possibile introdurre in Europa prodotti a base di legno, caffè, cacao, soia, olio di palma, bestiame e gomma provenienti da campi ottenuti da disboscamenti avvenuti dopo il 2020.

Le aziende che vogliono vendere i loro prodotti in Europa devono dimostrare trasparenza e tracciabilità della catena di approvvigionamento. Rispetto all’anno scorso, la percentuale di aziende in grado di rispettare questa condizione è passata da 11 a 50%. La presenza di regolamenti chiari aiuta sicuramente, anche se la strada è ancora molto lunga prima che tutte le aziende si adeguino.

In Svizzera il Consiglio federale ha recentemente deciso di non introdurre un regolamento specifico per garantire catene di approvvigionamento che non prevedano deforestazione. È necessario che si provveda il prima possibile, affinché la Svizzera non perda i contatti o addirittura non diventi un ricettacolo di prodotti di dubbia origine.

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