Svizzera

Ignazio Cassis resta dov’è, arrocco tra i due socialisti

Il ticinese rimane alla testa del Dfae. Il Dfi di Berset viene ripreso da Elisabeth Baume-Schneider. Il neo consigliere federale Beat Jans al Dfgp.

Baume-Schneider accoglie il neoeletto Beat Jans in Consiglio federale
(Keystone)
14 dicembre 2023
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Si pensava che l’unica sorpresa possibile potesse essere la partenza del ‘ministro’ medico Ignazio Cassis dal Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae) e il suo approdo al Dipartimento federale dell’interno (Dfi), lasciato libero da Alain Berset (Ps), che si occupa tra l’altro di sanità. Il Dfae, in quel caso, sarebbe toccato all’ultimo arrivato: Beat Jans (Ps), eletto mercoledì in Consiglio federale. Invece ce n’è stata un’altra, di sorpresa (relativa, come poi vedremo): non è Jans a riprendere il Dfi, al quale pareva predestinato, bensì la sua collega di partito Elisabeth Baume-Schneider. La giurassiana cede al basilese il Dipartimento federale di giustizia e polizia (Dfgp). Una sorta di arrocco in casa socialista, dunque.

Alla ripartizione dei sette dipartimenti il Consiglio federale ha dedicato un’apposita seduta in prima serata. La comunicazione, giunta in redazione poco dopo le 19, conferma in buona parte le previsioni della vigilia. Non si attendevano grandi movimenti. Anzi, lo scenario più gettonato era lo statu quo. Con Jans che semplicemente sarebbe subentrato a Berset alla testa del Dfi. Qualcosa però s’è mosso. E così, dopo che all’inizio del 2023 tre dipartimenti avevano cambiato capo, un anno più tardi ci saranno altri due spostamenti.

Che un consigliere federale si accasi altrove dopo così poco tempo è un fatto raro. L’ultimo cambiamento ‘express’ risaliva al 2011: Didier Burkhalter (Plr) prese le redini del Dfae dopo due anni senza infamia né lode trascorsi al Dfi. Baume-Schneider aveva ereditato il Dfgp da Karin Keller-Sutter (Plr), subentrata a Ueli Maurer come ‘tesoriera’ della Confederazione. Capita spesso che il Dipartimento federale di giustizia e polizia, piuttosto impopolare, sia assegnato al neoeletto o alla neoeletta. Lo stesso avveniva in passato con il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (Ddps). Un anno fa però Viola Amherd lo ha in un certo senso rivalutato, tenendoselo stretto.

Sotto tiro

Baume-Schneider è presto finita nel mirino delle critiche. Udc e Plr le imputano scarsa perizia e solerzia nella gestione del dossier asilo. Durante la campagna elettorale, il partito di Marco Chiesa l’ha persino additata come “un rischio per la popolazione svizzera”.

In un post su X (ex Twitter), la neo ‘ministra’ della sanità dice di “rallegrarsi” di “mettere le sue competenze e la sua energia al servizio dell’ambito sociale, della salute e della cultura”. La ex consigliera di Stato ed ex ‘senatrice’ è laureata in scienze sociali e ha lavorato per anni in qualità di assistente sociale. Dal 2016 al 2020 ha diretto la Haute École de travail social et de la santé a Losanna. Dal 2012 al 2016 ha inoltre presieduto la Commissione federale del cinema.

Il lavoro non mancherà certo a quella che sin da subito si è definita «una consigliera federale di transizione». Nel 2024 la attendono cinque votazioni. E non sarà facile per la socialista illustrare ‘collegialmente’ la posizione governativa. A marzo dovrà affrontare le votazioni popolari sull’iniziativa del Ps per una 13esima Avs e su un’altra dei Giovani Plr per il pensionamento a 66 anni e oltre. Il Consiglio federale è contrario a entrambe. A giugno potrebbe essere messa in votazione la riforma del secondo pilastro, combattuta dalla ‘sua’ sinistra con un referendum. Inoltre, il popolo dovrebbe votare sulle due iniziative del Ps e del Centro riguardanti i premi di cassa malati e i costi sanitari. Anche in questi casi il Governo è contrario.

Ministro di frontiera

La peppatencia rimane così in mano a Beat Jans. Mercoledì il basilese si è dichiarato pronto ad assumere le redini di qualsiasi dipartimento. È quello che devono dire tutti i neoeletti consiglieri federali, d’altronde. Jans però, anche negli ultimi mesi, non ha mai fatto mistero di non essere uno specialista dei dossier di competenza del Dfi. Inoltre, in quanto basilese, conosce bene la realtà transfrontaliera e i problemi legati all’immigrazione irregolare tra Svizzera e Germania. Nella sua prima conferenza stampa da consigliere federale, ieri il 59enne ha sottolineato il fatto di provenire da una città-cantone «aperta».

Tutti gli altri ministri si tengono i loro rispettivi dipartimenti, indica la Cancelleria federale in una nota. Dunque: Cassis, come detto, continua a dirigere il Dfae (lo fa dalla sua entrata in governo il primo novembre 2017); Guy Parmelin resta al Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (Defr, dal 2019), Viola Amherd al Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (Ddps, dal 2019), Karin Keller-Sutter al Dipartimento federale delle finanze (Dff, da inizio anno), Albert Rösti al Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (Datec, pure da inizio anno). Il Consiglio federale – si legge nella nota – confermerà ufficialmente la ripartizione dei dipartimenti nella sua seduta del 10 gennaio ed “è lieto di continuare il suo lavoro nella nuova composizione”.

Poche commissioni per i ticinesi

Novità si registrano anche nelle commissioni parlamentari. La loro composizione per il periodo 2023-2027 è stata resa nota in questi giorni. Al Consiglio degli Stati Fabio Regazzi (Centro) è riuscito a entrare nell’influente Commissione dell’economia e dei tributi (Cet). Non era scontato per un ex consigliere nazionale appena approdato alla Camera alta, dove vigono regole non scritte in base alle quali solitamente i ‘novellini’ devono accontentarsi di quel che c’è, prima di fare il salto in una commissione che conta. Il suo ruolo di presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), nonché l’esperienza accumulata nella commissione ‘sorella’ del Nazionale, lo devono aver aiutato. Il consigliere agli Stati di Gordola fa parte inoltre della Commissione della politica di sicurezza (Cps). L’altro ‘senatore’ ticinese Marco Chiesa assume la presidenza della Commissione della politica estera (Cpe), destinata a svolgere un ruolo importante nei prossimi anno sulla politica europea, e non solo. Il presidente dell’Udc siederà inoltre nella Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia (Capte).

Al Consiglio nazionale, il neo-deputato Paolo Pamini (Udc) entra subito nella Cet. Il suo collega di partito Piero Marchesi fa parte della Cpe e della Commissione delle istituzioni politiche (Cip). Lorenzo Quadri (Lega) conserva il suo posto nella Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni (Ctt). Si ritrova in compagnia di Bruno Storni (Ps) e di Alex Farinelli (Plr), che assume dunque un secondo mandato commissionale dopo quello (confermato) nella Commissione delle finanze (qui c’è anche la bregagliotta e sua collega di partito Anna Giacometti). Storni entra nella Commissione della gestione (Cdg), che vigila sull’operato del Consiglio federale, dell’Amministrazione federale e di altri enti incaricati di compiti federali. Greta Gysin (Verdi) assume la presidenza della Cip dove, oltre a lei e a Marchesi c’è anche il neo-deputato momò Giorgio Fonio (Centro). L’avvocato Simone Gianini finisce nella Commissione degli affari giuridici (Cag).

Dunque: al Nazionale tre ticinesi nella Ctt e tre nella Cip; due fra Cet e Cag. Nessuno, per contro, in ben quattro commissioni, e non delle meno importanti: sicurezza sociale e sanità (Csss); scienza, educazione e cultura (Csec); ambiente, pianificazione del territorio ed energia (Capte); politica di sicurezza (Cps). Non proprio una presenza capillare sotto la cupola di Palazzo federale. E soprattutto: nessun membro della Deputazione ticinese ha più messo piede nelle due Csss dopo il ritorno a Bellinzona di Marina Carobbio Guscetti.

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