L'INTERVISTA

Calcio 'pro' diletto

A colloquio con Ivan Dal Santo, tecnico dello Zurigo, la squadra faro del calcio femminile elvetico: 'Questo movimento va fatto crescere'

18 ottobre 2019
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A partire da questa stagione, sulla panchina dello Zurigo siede una vecchia conoscenza del calcio svizzero, Ivan Dal Santo, classe 1972, nato a Milano, già calciatore di buon livello con la maglia di San Gallo, Zurigo, Lucerna e Wohlen. In campionato, i conti vanno fatti con lo Young Boys e il Servette, compagini con le quali le zurighesi già hanno incrociato le armi nelle prime giornate, perdendo 3-2 a Ginevra e impattando a Berna (1-1).

Interessato alla questione sollevata dalle statunitensi del Lugano, private della possibilità di continuare a giocare in quanto sprovviste di regolare permesso di lavoro, l’ex tecnico della U18 e della U21 del Lucerna spiega che «qualche segnale circa il fatto che qualcosa in tal senso potesse accadere, lo si era avvertito, nell’ambiente, tuttavia il provvedimento ci ha sorpreso, è innegabile. Soprattutto perché nelle passate stagioni a Lugano la situazione era già quella nota e non c’erano mai stati problemi».

Al Letzigrund, Dal Santo funge anche da direttore sportivo. Al momento di reclutare una giocatrice straniera, da addetti ai lavori, le verrebbe in mente di fare richiesta di un permesso di lavoro, prima di tesserarla? «Mi sarei informato, per sapere quali passi intraprendere».

Lo Zurigo, però, di giocatrici straniere non ne ha. Anche perché non se le può permettere. «Con noi, in agosto, c’era l’americana Erica Cunningham, proveniente proprio dal Lugano, la quale era però in possesso solo del permesso come turista. È tornata negli Stati Uniti, dove è in procinto di ottenere il passaporto irlandese, grazie a un nonno. Una volta che ne entrerà in possesso, vorrebbe tornare in Svizzera per studiare a Zurigo e riprendere il posto in squadra. Non abbiamo avuto alcun problema, con la sua posizione. Eravamo al corrente del visto da turista e dell’esigenza che aveva di fare ritorno oltre oceano».

Mettersi al passo, partendo in ritardo

In passato, lo Zurigo due straniere le ha avute, ma di questi tempi la questione stipendio spaventa... «Erano due tedesche. La società spendeva di più, per la prima squadra. In questo momento, invece, non può permettersi giocatrici straniere, proprio perché andrebbero riconosciuti loro un contratto e uno stipendio».

Entriamo nella situazione un po’ paradossale del calcio d’élite femminile: l’attività che le ragazze svolgono in Lna è considerata calcio professionistico, benché siano a tutti gli effetti delle dilettanti. È l’equivoco alla base del caso delle americane del Lugano. Quale è il punto di vista di Ivan Dal Santo a tale proposito? «È il nodo centrale della questione. Di fatto, tutte le calciatrici sono dilettanti, perché studiano o lavorano. Va però detto che si allenano quattro volte alla settimana e nel weekend disputano le partite di campionato. Da questo punto di vista, la loro attività somiglia molto a quella di un calciatore professionista, non c’è che dire, benché non ricevano un salario. Mi auguro che questo possa cambiare e che qualcosa possano presto guadagnare, per il sacrificio che fanno. Non dico che le si debba pagare milioni di franchi, tuttavia sarebbe già un bel passo avanti poter contare in gruppo su alcune professioniste o semi-professioniste, regolarmente stipendiate, per una questione di rispetto nei confronti delle ragazze di quello che fanno e per avviare un meccanismo di professionalizzazione simile al movimento calcistico maschile, quantomeno ai massimi livelli nazionale».

Ne gioverebbe il calcio femminile in Svizzera, in generale. «Se consideriamo quanto succede attorno a noi in Germania, Francia, o Inghilterra, ci accorgiamo che qualcosa si muove e che non è impensabile arrivare a una forma di professionismo retribuito. Qui in Svizzera, però, siamo indietro. Servirebbe che la federazione desse maggior sostegno alle società, così che nei prossimi anni si possa gradatamente sposare il modello che altre nazioni già hanno introdotto».

E come giudica la condotta dell’Asf? Le licenze di gioco le ha concesse, senza fare richieste circa permessi o quant’altro. «Per la federazione sono dilettanti, non professioniste, per cui possono giocare. La questione del permesso deve essere regolarizzato dalle società. A quanto ho capito io, per la federazione una ragazza che viene in Svizzera, e vuole giocare a titolo gratuito, è autorizzata a farlo».

Il futuro del movimento femminile svizzero? «Intorno a noi viene fatto molto di più. Mi auguro che l’ingaggio di Nils Nielsen alla testa della Nazionale rossocrociata, tecnico di provata esperienza, dia ulteriori impulsi al movimento calcistico elvetico, sollecitando la federazione per la quale adesso lavora, affinché si possano individuare delle soluzioni per farlo progredire. Affinché la Nazionale svizzera possa entrare stabilmente nelle fasi finali di Europei e Mondiali femminili. Spero che nei prossimi anni ci sia un’evoluzione, che si possa andare in direzione di una bozza di professionismo che permetta almeno ad alcune ragazze di guadagnare qualcosa con il calcio, la disciplina per la quale – questo va loro riconosciuto – fanno davvero tanti sacrifici. Meritano tutto il mio rispetto, per l’impegno che ci mettono. Qui a Zurigo ci sono tante giovani disposte a investire tanto, nel calcio, se solo potessimo offrire loro qualcosa in più, in termini di allenamenti e di sostegno economico».

Emanuele Gaiarin, presidente FF lugano: ‘Mai pensato di abbandonare il club. Valutiamo la rinuncia a una delle due squadre’

«Non ho mai pensato di abbandonare il club». Presidente dell’Ff Lugano, Emanuele Gaiarin, torna su alcune questioni relative al caso delle giocatrici statunitensi, in Ticino per giocare nel Lugano con il programma ‘Pass Academy’. «La condizione in cui ci troviamo – spiega – ci crea due problemi: mancano giocatrici in grado di sostenere il livello della Lna. Il movimento del calcio d’élite giovanile lo abbiamo fatto ripartire due o tre anni fa, con le U14, ma è troppo presto per fare già ricorso a queste ragazze; in secondo luogo, la ‘Pass Academy’ ci forniva un modello finanziario legato al turismo sportivo, ora venuto meno. Grazie al programma, le studentesse americane, molto attive via social e in continuo contatto con i rispettivi College, avevano nel Ticino una meta privilegiata, a scapito di altre destinazioni quali la Germania o l’Olanda. Era un bel valore aggiunto, in ambito finanziario. Non più avere il calcio femminile all’interno di questo programma, ci toglie linfa vitale che era d’aiuto al club, anche perché la realtà del movimento femminile nel territorio ticinese non è che abbia mai suscitato questo enorme interesse. Dobbiamo ricostruire un modello per sostenere i costi ingenti di una squadra in Lna o Lnb. Le giocatrici non sono pagate, alludo soprattutto ai costi di trasferta, mostruosi per un club delle nostre dimensioni».

L’ipotesi del ritiro della squadra è reale? «Abbiamo costruito assieme all’Asf un sistema piramidale ideale per dare visibilità e un’opportunità alle giovani calciatrici. Sarebbe un peccato fare crollare il castello, l’intero movimento perderebbe interesse. Stiamo valutando il numero di giocatrici a disposizione e il numero di trasferte da affrontare. Unitamente allo Zurigo, siamo l’unica società con due squadre di attive (una in Lna, l’altra in Seconda Lega, approdo per le ragazze che escono dal programma d’élite della U17). Alla Seconda Lega abbiamo sempre attinto e molte americane non di livello già giocavano lì. Potrebbero ancora giocarci, ma non hanno nessun interesse a restare in una società senza la prospettiva di quantomeno allenarsi con le colleghe di Lna. Il parco giocatrici non ci permette più di avere due squadre. Tra le due, cerchiamo ovviamente di salvare la categoria superiore, a beneficio di tutto il movimento delle giovanissime, legato a filo doppio con la licenza della squadra di Lna, necessaria per competere nel calcio femminile d’élite. In attesa della riapertura della finestra di mercato di gennaio, confidiamo nell’aiuto delle società del territorio, con le quali abbiamo sempre cercato la collaborazione».

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