Calcio

Doppio passaporto: Kubi 'demolisce' Miescher

Durissimo l'ex attaccante ticinese della Nazionale sulla proposta del segretario generale dell'Asf: 'Quanto di più insensato pubblicato sul tema'

(archivio Ti-Press)
9 luglio 2018
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Non è importante il numero dei passaporti che possiede un giocatore della nazionale svizzera, quello che conta è che dia il massimo per la sua squadra, cosa che non è avvenuta nella partita contro la Svezia: lo sostiene Kubilay Türkyilmaz, ex bomber della "nati" e doppio cittadino svizzero-turco.

Le idee del segretario generale dell’Associazione svizzera di football (Asf) Alex Miescher, che ha ventilato la possibilità di vietare di vestire la maglia della Svizzera a chi possiede un doppio passaporto, "sono quanto di più insensato pubblicato negli ultimi tempi sul tema", afferma l’ex centravanti in un commento pubblicato oggi dal Blick. "Anch’io ho due passaporti, quello svizzero e quello turco: quest’ultimo l’ho fatto fare prima di firmare per il Galatasaray, per il semplice motivo che in tal modo non sarei contato come straniero", racconta il 51enne. "Non mi sono mai sentito straniero, né in Svizzera né in Turchia: sono sempre stati altri a volermi far sentire tale. Solo per via di un passaporto nessuno si sente più o meno svizzero".

Secondo Türkyilmaz su questo dossier l’Asf "non ha capito nulla": anzi, è lecito sospettare che l’organizzazione abbia avviato un dibattito per nascondere i propri errori. Dopo quanto avvenuto nella partita contro la Serbia una federazione forte avrebbe sospeso Xhaka, Shaqiri e Lichtsteiner – che con le mani hanno fatto il gesto dell’aquila bicefala, simbolo dell’Albania – per l’incontro contro il Costa Rica. "E posso garantire che dopo la sospensione questi signori avrebbero dato tutto negli ottavi di finale, tutto, perché punti nell’orgoglio". Per Türkyilmaz anche l’allenatore Vladimir Petkovic ha però fallito, non riuscendo a caricare a sufficienza la squadra per l’ottavo di finale. E durante la partita, visto che Xhaka e Shaqiri non si impegnavano a fondo, avrebbe dovuto sostituirli. "È chiaro che i giocatori con radici nei Balcani hanno una speciale affinità con la loro patria a causa della guerra. Lo capisco, lo rispetto e di per sé questo non è un problema", osserva Türkyilmaz, 62 presenze e 34 gol nella nazionale elvetica fra il 1988 e il 2001. "Il problema inizia quando non si dà tutto il possibile in un ottavo di finale della Coppa del Mondo, perché il tuo avversario non è il Brasile e non è la Serbia, ma ’solo’ la Svezia", conclude.

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