RALLY

Dopo l’addio a Flavio Finardi la Lugano Racing spegne i motori

Quarantasei anni d'attività e ventidue titoli, ma con la scomparsa del suo storico presidente la scuderia ticinese chiuderà i battenti. A fine stagione

Flavio Finardi, fondatore e storico presidente, scomparso il 4 dicembre 2020 (Ti-Press/Gianinazzi)
5 giugno 2021
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Lugano – Tutto era iniziato nella primavera del 1975. A bordo di una Datsun Cherry, con Flavio Finardi al volante e Beat Wälti alle note. Erano i primi passi di un piccolo team fondato da un gruppo di amici, oltre che appassionati, che crescerà nel tempo fino a diventare una delle principali realtà in ambito rallistico del Paese, collezionando un trionfo dopo l’altro nel campionato nazionale.

Difficilmente, a quel tempo l’allora ventottenne pilota luganese avrebbe potuto immaginare che la sua creazione, il Lugano Racing Team, ma che per tutti è la Lugano Racing, si sarebbe spinta tanto in là. Fino a portare un pilota di casa nostra per la prima volta nella storia, e addirittura per due anni di fila, a conquistare il titolo svizzero. Quell’incredibile, e per certi versi impensabile doppietta, Flavio Finardi ha almeno avuto il tempo di viverla. Prima che la sera del 4 dicembre il Covid prematuramente lo portasse via. E ora che lui non c’è, la notizia è di giovedì pomeriggio, fra qualche mese si concluderà anche l’avventura di quell’Lrt di cui lui, da sempre, è stato anima e cuore.

Dalla Tremola a un sogno tutto ticinese

Lo ricordò lo stesso Finardi nel giorno del quarantesimo compleanno della scuderia, che quando con Beat Wälti, Franco Daminelli, Remo Lazzaroni, Fausto Rusca, Flavio Vabanesi e Giorgio Brunel nacque l’idea di fondare il Lugano Racing Team, essenzialmente allo scopo di unire gli sforzi per abbassare i costi delle trasferte, la reazione fu quantomeno di scetticismo («ci presero per dei pazzi: una scuderia da rally, e per farne cosa?», raccontò divertito).

Invece quello fu l’inizio di una storia di successo: da Christian Jacquillard e i suoi cinque trionfi ai quattro di Grégoire Hotz, per non citare che i due piloti più vincenti, in bacheca a Lugano sono arrivati in totale ben ventidue titoli. «All’inizio degli anni Settanta si parlava soprattutto delle gare di regolarità, quindi senza le prove speciali di velocità, finché venne l’idea di cominciare a cimentarci in qualche rally – racconta Beat Wälti –. A quel punto nacque il desiderio di cominciare a organizzarsi, perché c’erano dei costi da sostenere non solo a livello di meccanici, che in parte erano volontari, ma andavano considerati anche i viaggi, gli alberghi eccetera. Senza contare che c’era la parte logistica da gestire, infatti a quei tempi non esistevano telefonini, e noi siamo stati tra i primi a utilizzare ricetrasmittenti omologate, e ricordo che quando eravamo nei dintorni di Berna su alcune frequenze entravano le comunicazioni dei tassisti...».

Finché, un bel giorno, arrivò il primo successo in campionato svizzero, con André Savary al volante di una Porsche Carrera sulle strade del Canton Uri: era il 1978. «Fu un momento magico, vincere il primo rally nazionale tre anni dopo la nascita della Lugano Racing, con la prova speciale sulla vecchia Tremola...». Su un fondo viscido e in mezzo alla nebbia, ricordano le cronache dell’epoca.

Poi, nel 1980, ecco il primo titolo nazionale, con il giurassiano Jean-Pierre Balmer e il suo navigatore Willy Freiburghaus. Fu il primissimo di una lunghissima serie, in cui, però, senz’altro, c’è un trionfo più indelebile di tutti gli altri: naturalmente, non può non essere quello festeggiato da Ivan Ballinari e Paolo Pianca nell’ottobre 2018, sulle strade del Vallese. Al termine di una stagione che portò infine il Lugano Racing Team a coronare il suo grande sogno. «In effetti – spiega il direttore sportivo Elvezio Sargenti – dopo essere riusciti a portare al successo un pilota svizzero-tedesco, cosa tutt’altro che scontata (tanto che successe una sola volta, nel 2004, con Heinz e Scherrer sui sedili di una Subaru), volevamo finalmente puntare tutto su un ticinese. È sempre stato quello il nostro grande obiettivo, e alla fine quel titolo siamo riusciti a portarlo in Ticino. Grazie a un ottimo pilota come Ivan Ballinari, che si è trovato nel posto giusto al momento giusto, con la macchina giusta e nella forma della vita».

‘A gha l’em faia. A gha l’em faia!’

Il titolo svizzero interamente ‘made in Ticino’ sono poi diventati due, uno dopo l’altro. «Anche se il primo è stato il meno combattuto fra i due, per così dire, è stato senz’altro il più goduto – ammette il quarantatreenne pilota malcantonese Ivan Ballinari –. Quel giorno lo ricordo come se fosse ieri: Flavio si avvicinò a me con le lacrime agli occhi, dicendomi ‘A gha l’em faia. A gha l’em faia!’. E io non voglio mancare di rispetto a Vittorio (suo figlio, ndr), che è qui davanti a me, ma Flavio è stato il mio papà sportivo. Non passava gara che prima e dopo, ma persino durante, non mi chiamasse o non mi scrivesse per chiedermi come stessero andando le cose. O magari ci incontravamo per un caffè prima del via, e questa cosa mi dava serenità».

La stessa serenità che deve aver provato Flavio Finardi dopo aver tagliato finalmente quel traguardo. «Lui ha sempre avuto quella fissa di portare il titolo in Ticino, ma allo stesso tempo l’ho visto mandar giù tanti bocconi amari, quando c’era qualche discussione – ricorda suo figlio, Vittorio Finardi –. A casa ci raccontava dei problemi che nascevano, del dualismo con la Scuderia Chicco d’Oro. Del resto, non voglio entrare nei dettagli, ma lui era una persona molto sensibile, pur se è vero che quando c’era una cosa da dire, la diceva».

Curiosamente, proprio nel gennaio 2018, quindi appena qualche mese prima del trionfo di Ballinari e Pianca, al compimento dei settant’anni Flavio Finardi decise di cedere lo scettro a Thierry Ghiggia dopo un totale di trent’anni trascorsi ai vertici, diventando comunque presidente onorario dell’Lrt. «Infatti ogni tanto mi lanciava la battutina, dicendomi che avevo aspettato a vincere proprio quando lui aveva deciso di lasciare – dice Ballinari, sorridendo –. Ma pur se non era più presidente a tutti gli effetti, Flavio quel titolo se l’è goduto. E non per mancare di rispetto a chi c’è adesso ai vertici della società, ma per me il ‘près’ rimarrà lui, per sempre».

Quel tragico 30 agosto del 2015

La passione di Finardi, in ogni caso, era rimasta la stessa di sempre. Pur se, dopo una vita di sacrifici sia sul piano professionale, sia per la sua grande passione, che appunto erano i rally, prese la decisione di fare un passo di lato. Decisione, quella, dettata dal desiderio di stare vicino alla sua famiglia più che dall’avanzare dell’età. Anche se quello non fu l’unico motivo che lo indusse a far maturare quella scelta: infatti, in quel maledetto 30 agosto del 2015 sulle strade del Comasco si verificò l’irreparabile, evento tragico che segnò Flavio fin nel profondo. «Le prime volte che l’ho sentito accennare alla volontà di smettere fu dopo l’incidente in Val Cavargna, in cui persero la vita Stefano Campana e Robin Munz – ricorda Wanda Peter, segretaria del Lugano Racing Team –. Quella disgrazia lo colpì tantissimo: quella sera mi telefonò per parlarmi dell’accaduto, e capii subito che l’episodio lo toccò profondamente. Tanto che mi disse: ‘Wanda, io non so se andrò avanti’».

L’ultima pagina di un libro di successo

Ora che se n’è andato Flavio Finardi, quell’avventura che all’inizio per certi versi fu pionieristica si appresta a volgere al termine. E pur se l’annuncio ufficiale è arrivato soltanto ieri pomeriggio, da qualche settimana i soci erano stati informati che nella sua ultima seduta il comitato aveva deciso che sarebbe stata questa l’ultima stagione della più che quarantennale storia dell’Lrt. «Era successo lo stesso con la Chicco d’Oro (altra storica scuderia ticinese, ndr): quando Vanni Merzari decise di smettere, anche il nome sparì – osserva Vittorio Finardi –. La storia parla ancora di quella scuderia, è innegabile, oltre che della rivalità che ci fu con la Lugano Racing, un po’ come accade ancora oggi nell’hockey tra Lugano e Ambrì. Tuttavia, quando finì quell’esperienza chiamata Chicco d’Oro, chi è venuto dopo è ripartito su nuove basi».

Cosa che potrebbe succedere anche in questo caso. Del resto, nella lettera inviata ai soci a metà maggio si legge che il “comitato sta valutando se, e quali passi intraprendere per la costituzione di una nuova scuderia”. «Io non faccio parte di alcun comitato, sono semplicemente un pilota, ma ritengo che la Lugano Racing debba essere ricordata per quello che è stata, cioè una creazione di Flavio Finardi, e non per quello che sarà – conclude Ivan Ballinari –. Di solito, quando un’esperienza finisce si ricorda soltanto quanto è successo negli ultimi anni: invece no, la Lugano Racing rimarrà nella storia per tutto quanto ha saputo fare, per tutti i titoli che ha saputo conquistare. Poi, ciò non vuol dire che se in futuro qualcuno deciderà di partire con una nuova idea non avrà successo. Di sicuro, però, quella sarà indubbiamente tutta un’altra cosa».

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