TICINO SCIENZA

Longevità? Terapie ma anche vita sociale

Due Forum, a Bellinzona e a Zurigo, affrontano il tema cruciale dell’allungamento ‘positivo’ della vita. Esperti internazionali per uno sguardo globale

Numerosi studi dimostrano l’importanza delle relazioni con le altre persone, sia per lo stato dell’umore e i processi cognitivi, che per la salute fisica generale
(depositphotos.com)
25 agosto 2023
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Ai primi del ’900, un secolo fa, l’aspettativa media di vita in Svizzera non superava i 50 anni. Adesso è abbondantemente sopra gli 80, con il record ticinese di 85,7 anni (il valore più alto in Europa, secondo l’ufficio europeo di statistica Eurostat). Eppure questa circostanza, sicuramente positiva di per sé, nasconde anche una zona d’ombra, perché in molti casi l’aumento della vita corrisponde, in realtà, a un aumento delle sofferenze legate a malattie che si presentano soprattutto dai 70 anni in poi, come tumori, patologie neurodegenerative (Parkinson e Alzheimer), malattie infiammatorie croniche, con grandi difficoltà per gli anziani, le loro famiglie e anche per l’assistenza pubblica (secondo varie stime, il 70-80 per cento delle spese delle casse malati si concentra sugli ultimi 5 anni di vita delle persone).

Lunga vita agli acciacchi?

“Bisogna bloccare i processi biologici prima che portino al cancro e ad altre patologie legate all’invecchiamento – conferma Andrea Alimonti, direttore del gruppo di ricerca di oncologia molecolare allo IOR di Bellinzona –. Solo così potremo allungare la vita media e, nello stesso tempo, anche la qualità della vita, superando il paradosso che sta diventando sempre più evidente: la Medicina, nei Paesi più ricchi, è riuscita a estendere la durata media della vita, ma in molti casi ha ottenuto questo risultato cronicizzando le malattie, dunque allungando le sofferenze e i problemi collegati. Dovremo riuscire a fare meglio, passando dalla cura dei sintomi negativi provocati dall’invecchiamento e dalle patologie collegate, ai meccanismi che ne sono alla base”.

Forum a tema per discuterne

Alimonti è uno dei coordinatori di un Forum scientifico che verrà organizzato a Bellinzona proprio su questi temi il 31 agosto dalla IBSA Foundation per la ricerca scientifica di Lugano e da Bios + (l’associazione che riunisce lo IOR e l’Istituto di ricerca in biomedicina-IRB). Il convegno, intitolato “New Frontiers in biological and environmental determinants of aging” (Nuove frontiere nei determinanti biologici e ambientali dell’invecchiamento), si svolgerà alle 14 nella sede di Bios + in via Francesco Chiesa 5, con la partecipazione di esperti di fama internazionale come Guido Kroemer, professore presso la Facoltà di medicina dell’Université Paris-Cité; Thomas Rando, direttore del Broad Stem Cell Research Center dell’Università della California (Los Angeles); e Andrew Steptoe, capo del dipartimento di Behavioural Science and Health all’Institute of Epidemiology and Health Care dell’University College London (Gran Bretagna). L’ingresso sarà libero. Bisognerà solo iscriversi online tramite il sito della IBSA Foundation o di Bios +.

Il giorno successivo, 1° settembre, Kroemer e Rando parteciperanno a un secondo Forum (“Culture and Longevity”), questa volta a Zurigo, organizzato dalla IBSA Foundation e dal Politecnico federale (ETH). L’appuntamento sarà in Gloriastrasse 37, nel Zentrum Campus Building ETA, alle 13.30. Interverranno anche Marc Schulz, professore di psicologia presso il Bryn Mawr College (Stati Uniti), e Jessica Bone, ricercatrice in statistica/epidemiologia all’UCL Institute of Epidemiology and Health Care.

Il benessere deve essere pensato a 360°

Durante i due Forum non si parlerà solo di meccanismi biologici. Un ampio spazio verrà riservato anche alla sfera psicologica e sociale, che tanta parte ha – come dimostra un numero sempre crescente di studi – sullo sviluppo (o sul rallentamento) dei fenomeni legati all’invecchiamento.

Sarà in particolare Marc Schulz ad affrontare questi temi, presentando i risultati dell’Harvard Study of Adult Development, programma di cui è direttore associato. Questo studio è uno dei più imponenti mai svolti sulla connessione tra la salute mentale e quella fisica: iniziato nel 1938, ha coinvolto (e coinvolge tuttora) migliaia di partecipanti nel corso delle loro vite, fornendo informazioni preziose. “L’Harvard Study – dice Schulz – ha dimostrato l’importanza delle relazioni sociali, sia per la felicità che per la salute fisica generale”. I ricercatori hanno osservato, soprattutto, una significativa correlazione tra la qualità delle relazioni sociali attorno ai cinquant’anni e la qualità della vita oltre gli ottanta. Relazioni sentimentali stabili e amorevoli, ad esempio, portano mediamente a una minore riduzione delle funzioni cognitive in tarda età.

La ‘malattia’ più comune: la solitudine

Il problema delle relazioni con le altre persone (considerando i rapporti d’amicizia, familiari e professionali) è particolarmente rilevante negli ultimi anni di vita, quando, come riportano diversi studi, gli anziani dichiarano – in una percentuale molto alta, fra il 25 e il 50% – di sentirsi soli. “Il rischio di problemi medici dovuti alla solitudine è comparabile a quello del fumo e dell’obesità”, rivela Schulz. E l’assenza di relazioni di qualità crea problemi ancora più seri nella “quarta età”, ma non sempre questo collegamento viene individuato nei suoi aspetti più pericolosi. È quindi necessario un vero e proprio salto di mentalità: “È necessario, cioè – spiega Schulz – che ognuno di noi dedichi spazio ed energia alle relazioni, con un impegno simile a quello che già riserviamo alla salute fisica, cercando di capire che cosa funziona e cosa no, per poi lavorare con impegno alla costruzione di nuovi rapporti e al rinnovo di quelli vecchi che si sono affievoliti”. Ma anche l’intera collettività deve intervenire: “Se vogliamo aiutare le persone a invecchiare meglio – aggiunge Schulz – dobbiamo lavorare sul sociale, organizzando le città (comunità e mondo del lavoro) in modo che le persone possano stare più insieme”.

Dunque, per riassumere, il modo in cui affrontiamo la quotidianità dal punto di vista psicologico e cognitivo, con amicizie e altri contatti sociali il più possibile appaganti, sembra essere uno dei fattori decisivi per determinare come staremo più avanti nel tempo. Ma naturalmente restano aperti anche tutti i discorsi legati alla prevenzione più “medica” per frenare le malattie, agendo sull’alimentazione (che è coinvolta, solo per parlare di cancro, in circa il 30 per cento dei casi, secondo alcune stime), sull’esercizio fisico, sulla cancellazione di fattori di rischio come le sigarette, l’alcol e altre sostanze, e su una serie di esami preventivi. Il tutto, nell’ottica di un approccio globale, perché l’invecchiamento è un fenomeno complesso, da affrontare in modo “collegato”. “I Forum hanno proprio l’obiettivo di creare un punto d’incontro e l’inizio di una collaborazione interdisciplinare fra operatori sanitari, ricercatori e specialisti di diversi campi – spiega Silvia Misiti, direttrice della IBSA Foundation – affinché la medicina della longevità venga considerata una disciplina clinica e accademica affermata, in grado di aprire nuove prospettive sul tema dell’invecchiamento”.

Alimentazione, esercizio fisico e rigenerazione cellulare

Durante i Forum verranno presentate anche alcune ricerche di frontiera, in particolare per quanto riguarda la rigenerazione dei muscoli. Sarà Thomas Rando a spiegare come l’ambiente esterno, o le nostre abitudini quotidiane, possano influenzarne l’attività. “I muscoli non ricambiano le proprie cellule molto spesso – spiega Rando –, ma sono capaci di riparare rapidamente i danni, se necessario, grazie alle staminali”. Quest’attività rigenerativa è potenziata nelle persone che si tengono ben allenate (cioè che fanno un regolare ed efficace esercizio fisico), e questa indicazione è particolarmente importante per gli anziani. Ma anche una buona alimentazione può contribuire (altro tema sensibile per le persone che si trovano nella terza e quarta età, e in molti casi hanno un rapporto difficile con il cibo). Una lunga serie di studi condotti dall’équipe di Rando sugli animali da laboratorio ha dimostrato che, in caso di digiuno totale, o comunque di un’alimentazione ridotta al minimo, le cellule staminali non svolgono più l’attività riparatrice, perché entrano in una sorta di modalità di sopravvivenza (di resilienza). “Appena l’alimentazione riprende – continua Rando – le proprietà rigenerative delle staminali vengono potenziate rispetto al normale. E il discorso arriva sempre lì: dieta ed esercizio fisico...”.

Una sfida anche per il Ticino

Ma torniamo ai Forum. “L’invecchiamento è un tema di rilievo per la società svizzera – dice Andrea Alimonti –. I due Forum si propongono come occasione per approfondire l’argomento e le scoperte più recenti, non solo dal punto di vista della ricerca, ma anche da quello clinico. Su questo versante, all’Ente Ospedaliero Cantonale è in corso, per esempio, uno studio per verificare nelle persone di età adulta l’efficacia di un nuovo farmaco naturale in grado di rallentare l’invecchiamento. Il Ticino può candidarsi per diventare in futuro un centro di rilevanza nazionale sugli “intrecci” fra invecchiamento, cancro e immunologia, comprese le relative terapie. Sarà questa la sfida dei prossimi decenni”.

Una rubrica a cura di Ticino Scienza per

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