Tecnologia

Criptovalute, il mondo nuovo che avanza

Con Edoardo Beretta, professore titolare di economia all’Usi, cerchiamo di capire le loro sfaccettature al di fuori di preconcetti, anche politici

Pregiudizi e oggettività, due facce della stessa moneta (nel riquadro il professor Beretta)
(Depositphotos)

Professor Beretta, iniziamo dalle basi: cos’è una criptovaluta?

Vi sono più definizioni possibili. Io le definisco degli attivi finanziari di emissione privata (cioè potenzialmente anche individuale), che possono essere generate da chiunque disponga della capacità computazionale e della tecnologia adatte.

Come sono nate?

Sostanzialmente sono una conseguenza della crisi economico-finanziaria globale del 2008. Bitcoin, che è la criptovaluta più importante per capitalizzazione di mercato, volumi scambiati quotidianamente e prezzo, non è un caso che sia nata fra il 2007 e il 2009. E anche per titoloni, ossia visibilità, notorietà e reputazione, aspetti psicologici molto importanti in ambito monetario.

Le cripto sono monete equiparabili ai franchi che abbiamo in tasca, oppure sono diverse?

Come detto ritengo che le criptovalute ambiscano per il momento ad essere considerate soprattutto quali attivi finanziari, quindi a fungere da fonte alternativa di risparmio, oggi altamente speculativa. Sono per contro meno concepite come unità di conto o mezzo di pagamento, soprattutto perché attualmente non hanno la capillarità di diffusione che hanno le monete tradizionali e sono ancora agli albori della loro esistenza. Del resto le criptovalute sono contabilizzate nelle attività, le monete a corso legale nelle passività: già da questo punto di vista c’è una differenza molto importante, poiché la moneta implica un riconoscimento di debito del sistema bancario che la emette, le criptovalute invece sono tuttora esterne a questo sistema, dato che sono emesse e controllate secondo regole proprie, a cui chi le acquista implicitamente aderisce. Il primo step, indispensabile per poter puntare in futuro a una maggiore diffusione perlomeno di alcune criptovalute, è a mio parere proprio quello di consolidarne la visione come attività finanziaria stabile e sicura.

Come è possibile che una “moneta” nata al di fuori del sistema finanziario, che si voleva immune dall’inflazione, dalla speculazione e dai conseguenti rischi, sia diventata in pochissimi anni proprio una “moneta” speculativa ad altissimo rischio?

Bisogna anzitutto ricordare che l’emissione privata di monete parallele a quelle ufficiali non è un’idea nuova nella letteratura economica. Per quanto riguarda le cripto, credo che vi sia stata una concomitanza di situazioni: con la crisi dei mutui subprime è esploso il già presente malcontento verso il sistema bancario tradizionale; contemporaneamente l’esponenziale sviluppo tecnologico ne ha permesso la nascita e lo sviluppo. La domanda che ne è seguita soprattutto nei primi anni è stata pressoché interamente speculativa, anche perché è molto difficile prezzare qualcosa che ha una storia recente e non ha potuto ancora estesamente dimostrare la sua resilienza rispetto a qualcosa già consolidato come le monete a corso legale.

Come fa una cosa virtuale, dunque immateriale, ad avere un valore?

Dietro una moneta a corso legale una volta vi era l’oro, adesso vi è il Pil (presente o futuro), ossia la capacità produttiva di una nazione oltre che naturalmente la reputazione di chi la emette; i creatori di Bitcoin han fatto leva su un tetto massimo (21 milioni di unità), e proprio la scarsità è uno di quei lemmi da sempre usati per giustificare il valore di qualcosa. Altri economisti le risponderebbero invece che qualcosa vale per quanto la si valorizzi utilizzandola: vedrebbero, dunque, nella sua utilità il valore. Non vi è unanimità di vedute. A ciò si aggiunge che la digitalizzazione dei mezzi di pagamento tradizionali e il mondo delle criptovalute sono accomunati dalla perdita della tangibilità di ciò che spendiamo e di ciò che possediamo con i rischi e benefici del caso.

Come cresceranno e si svilupperanno le criptovalute?

La storia monetaria giovane è sempre difficile da interpretare; ci vuole tempo per capire se qualcosa si affermerà e dunque resterà. Necessariamente avverrà una selezione, ossia una riduzione progressiva delle più di 12’000 criptovalute oggi presenti sul mercato a favore di quelle considerate più affidabili, più ad alta capitalizzazione, utilizzo e diffusione. A medio-lungo termine invece è ipotizzabile che il mondo bancario e delle criptovalute dialogheranno di più (già sono in atto dei tentativi), superando lo status quo di esistere e operare in parallelo: è probabile che, a quel punto, avverrà una convergenza di obiettivi che potrà diventare un’opportunità per entrambi.

Cosa possono imparare l’uno dall’altro?

Le criptovalute, che da un punto di vista della storia monetaria sono praticamente delle neonate, possono imparare molto soprattutto dalle regole consolidate ma anche dagli errori commessi in passato, mentre il mondo bancario può apprendere il dinamismo di certi processi tecnici.

Sarebbe possibile per un istituto bancario creare la sua propria criptovaluta, dunque operare in parallelo sui due mercati?

Perché no? Al momento tuttavia mi sembra che il mondo bancario abbia più interesse nelle stablecoin, monete digitali che hanno un rapporto di cambio fisso ed una copertura spesso in moneta a corso legale. Le banche centrali stanno inoltre studiando la possibilità di emettere “contante digitale” (CBDCs), una risposta sia alle cripto che alla crescente, esponenziale digitalizzazione della società.

Anche il mondo bancario tradizionale diventa sempre più digitale. Al di là degli aspetti iperspeculativi, quali sono dunque i vantaggi di avere una moneta totalmente elettronica?

Che certi processi di pagamento peer to peer, anche transfrontalieri, sono più rapidi; che si eliminano gli intermediari; il fatto di puntare su una nuova tecnologia che potrebbe essere quella del futuro; che dietro alla blockchain vi sia un’idea di finanza decentralizzata, quindi in particolare nei Paesi in via di sviluppo potrebbero essere concessi prestiti più facilmente rispetto al sistema creditizio tradizionale; ma pensiamo anche ai criptotoken e a quelle forme di possesso digitale di opere e beni, anche artistici… Malgrado io sia un tradizionalista monetario, un sostenitore del contante, non si può non ammettere che dietro le cripto vi sia un mondo nuovo in divenire. E la storia monetaria evolve. Del resto anche il contante al momento della sua comparsa fu guardato con sospetto se paragonato ai metalli preziosi.

Le criptovalute diventeranno il contante del futuro?

No, non sto dicendo questo; sto dicendo che vi è in atto una digitalizzazione estrema, non solo in ambito finanziario e monetario, che probabilmente nel futuro si assesterà ma che oggi è in pieno divenire. E che attualmente alla gente piace molto.

Un trend irreversibile?

È probabile di sì: con la pandemia la popolazione si è abituata ad usare i canali online, dunque mezzi nuovi, per acquisti e pagamenti, e difficilmente tornerà indietro. Da capire appunto se questa tendenza, che dipende anche da aspetti esterni, come l’approvvigionamento di energia, e che pone potenziali problemi di sicurezza, a cominciare dai cyberattacchi, non tanto continuerà, ma come. Anche perché il sistema macroeconomico, indipendentemente se usiamo cripto o contante, è uno solo, per cui deve essere e rimanere sicuro e stabile nel suo insieme.

Quali sono i rischi delle criptovalute?

Quello maggiore è uno dei loro vantaggi, ossia la disintermediazione: da un lato dona maggiore flessibilità, dall’altro aumenta i rischi del sistema in situazioni di crisi. Per questo ritengo che il dialogo tra mondo cripto e mondo bancario sia non solo utile, ma indispensabile. Poi cosa ci riserverà il futuro lo vedremo. Al momento vi sono opportunità per chi conosce bene questa tecnologia, ma al tempo stesso per chi non la conosce o non la conosce bene vi sono altrettanti rischi.

Per il consumatore quindi?

Premesso che oggi esistono migliaia di criptovalute, ognuna con le proprie caratteristiche, più si scende nella capitalizzazione, più il rischio è elevato. Per questo ritengo che, preso atto che a una parte sempre più numerosa della popolazione interessano, è importante che il dibattito critico lo si faccia fuori da zone d’ombra e sempre più a livello istituzionale, evidenziandone sia vantaggi che svantaggi e dibattendo sulla loro evoluzione potenziale.

Perché in questo momento le criptovalute non sono controllate da alcun ente esterno, dunque i consumatori non hanno alcuna tutela…

Esattamente. La mancanza di un prestatore di ultima istanza secondo me potrà eventualmente anche persistere nel breve-medio termine, ma non nel lungo, per cui è una discussione che in qualche modo si imporrà da sé. Così come l’inclusione delle cripto – sempre in uno scenario futuro – negli aggregati monetari così da garantirne una migliore “mappatura”. È quindi importante che anche il mondo cripto veda e recepisca gli aspetti positivi del mondo finanziario tradizionale e che quest’ultimo faccia altrettanto con il primo e la tecnologia blockchain. Visto che stiamo andando in una direzione di rinnovata possibile instabilità, con il debito obbligazionario (pubblico e corporate) dei Paesi Ocse che recentemente ha raggiunto quota 100’000 miliardi di dollari statunitensi e con le crisi che tendono a ripetersi in modo sempre più ravvicinato, è importante che ci sia stabilità e un dialogo tra tutte le parti.

A proposito di zone d’ombra, non trova singolare se non addirittura sconcertante che se la capitale delle criptovalute in Svizzera è Zugo, quella italiana sia in Calabria, a Crotone?

Non ho elementi per entrare nel merito del dato. Faccio però un parallelo: anche il contante, ossia la moneta di diretta emissione delle banche centrali, negli ultimi anni è stato (in modo discutibile) associato a illegalità, evasione, addirittura terrorismo… perché qualsiasi cosa che non è tracciabile o lo è difficilmente può essere utilizzata in modo abusivo da chi ha interesse a farlo. Con le criptovalute più o meno immagino accada la stessa cosa. Bisogna tuttavia rilevare che ancora oggi la maggior parte delle transazioni illegali passa dai canali bancari ufficiali. In sintesi: tutti gli strumenti di pagamento sono potenzialmente a rischio di strumentalizzazioni; ecco perché i controlli devono essere capillari, ecco perché è importante che vi sia un dialogo quanto più istituzionale possibile fra attori coinvolti, ecco perché se si desidera che un’innovazione rimanga, la sua evoluzione, pur nel rispetto delle sue peculiarità, deve essere quanto più concertata.

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