Scienza e medicina

La ricerca innovativa sui modelli alternativi agli animali

Nella fase di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci, i modelli animali presentano dei problemi, anche etici. Ecco perché servono alternative

Le nuove tecnologie aprono nuovi orizzonti
(depositphotos)

La ricerca biomedica ha bisogno di “modelli”. Ma che cosa si intende con questo termine? Nel contesto della ricerca biomedica, un modello è un sistema che riproduce il corpo umano in modo semplificato e che permette di studiare gli effetti di vari agenti sull’organismo, andando così a modificare il modello stesso. In particolare, nel panorama attuale vi è un largo utilizzo di modelli animali, quali roditori e affini, grazie ai quali è possibile studiare l’effetto di una certa proteina, gene o molecola di interesse nell’insorgenza e nella progressione di una malattia.

I vantaggi di ieri, i problemi di oggi

Il vantaggio principale dei modelli animali risiede nel fatto che rappresentano un intero organismo, permettendo quindi di considerare tutti gli effetti e le interazioni tra i diversi organi. Il loro utilizzo ha permesso la scoperta di come si originano ed evolvono molte malattie, ed è stato fondamentale per testare nuovi farmaci per combatterle. Tuttavia, con il procedere delle conoscenze in campo biologico, si stanno recentemente cominciando a considerare anche gli svantaggi di tali modelli. Oltre a problemi di tipo etico, vi sono infatti anche ragioni scientifiche per cui un modello animale non rappresenta fedelmente un organismo umano, principalmente legate alle diversità biologiche tra le specie. Tali differenze possono portare a errori nella valutazione dell’effetto delle molecole. Il che significa, nel processo di scoperta di nuovi farmaci, stime sbagliate sulla loro efficacia e sicurezza, compromettendo lo sviluppo clinico di molecole inizialmente promettenti.

Dal ‘vitro’ al ‘silico’, nuovi modelli da testare

Per superare tali limitazioni, grazie ai progressi scientifici e tecnologici sono stati recentemente proposti approcci alternativi, sia “in vitro”, quindi basati sull’utilizzo di cellule in coltura in laboratorio, che “in silico”, ossia basati su metodi informatici di simulazione e analisi dei dati.

Per quanto riguarda i modelli in vitro, essi permettono di monitorare gli effetti delle molecole in un ambiente altamente controllato e di origine umana, e che quindi presenta meccanismi biologici simili a quelli che si verificano nei pazienti. La ricerca in questo campo ha prodotto differenti tipi di modelli in vitro, partendo da semplici aggregati tridimensionali di cellule, chiamati sferoidi, fino a modelli più complessi che meglio riproducono la struttura di organi e tessuti fisiologici.

Quando si parla di modelli in silico, invece, ci si riferisce a calcoli e riproduzioni al computer di interazioni e fenomeni chimico-biologici, ottenute mediante modelli fisico-matematici. Si basano sull’acquisizione e l’elaborazione di grandi quantità di dati, avvalendosi di varie metodologie, inclusa l’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di predire un determinato comportamento del sistema, in seguito a una perturbazione del sistema stesso. I principali vantaggi di uno screening molecolare in silico rispetto a uno screening in vitro riguardano la velocità e l’economicità. Tuttavia, sussistono ancora degli svantaggi legati all’approssimazione che viene introdotta dal modello matematico: non sempre si riesce a tener conto di tutte le variabili coinvolte, il che rende necessaria una validazione sperimentale.

L’industria che si muove

In questi ultimi anni, la ricerca nel campo dei modelli in vitro e in silico sta avanzando rapidamente, sia a livello nazionale che a livello internazionale. In particolar modo, esistono diversi enti di ricerca e aziende molto attive nello sviluppo di modelli in vitro. A titolo di esempio, Roche ha creato un nuovo istituto (Institute for Human Biology) interamente dedicato allo sviluppo di modelli sperimentali alternativi agli animali per testare lo sviluppo di farmaci. L’utilizzo di modelli in silico per la scoperta di nuovi farmaci è al momento più limitato agli attori accademici, anche se aziende innovative, come l’americana Codexis, hanno iniziato a introdurre l’uso di tali modelli nel processo di scoperta di nuove molecole.

In tale contesto, un’attività di ricerca molto intensa sta prendendo piede anche in Ticino, grazie alla collaborazione tra diversi enti quali la Facoltà di scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana (USI), la Scuola Universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI), la Fondazione Agire (Agenzia per l’innovazione del Canton Ticino) e diverse aziende farmaceutiche e biomedicali.

Lo sviluppo ‘in silico’ made in Ticino

Nell’ambito dei modelli in silico, e più in generale dell’applicazione di metodologie derivate dall’informatica a problemi di tipo medico e biologico, vi sono diversi gruppi attivi in USI e all’Istituto Dalle Molle per l’intelligenza artificiale (IDSIA USI-SUPSI). All’USI vi sono gruppi che utilizzano metodologie di farmacologia computazionale che studiano la complessa struttura tridimensionale delle proteine, riproducendo al computer conformazione, interazioni e legami. Queste ricerche permettono di trovare sostanze che blocchino l’azione di queste proteine e rendono possibile anche la progettazione di nuove molecole che si possano legare a recettori di interesse per le patologie. In particolare, in un recente studio sono state sviluppate metodologie computazionali innovative che, riducendo la potenza di calcolo necessaria, permettono uno screening di moltissime combinazioni di legame ligando/proteina, tra le quali riveste particolare importanza lo studio di molecole che si legano ai recettori dell’adenosina, un importante target per potenziali farmaci. Altri gruppi attivi all’IDSIA utilizzano invece approcci computazionali di intelligenza artificiale per l’analisi di immagini che permettono di capire meglio il comportamento delle cellule immunitarie o di classificare correttamente tessuti tumorali. A livello di aziende attive sul territorio ticinese, si è recentemente insediata Peptone, una startup di origine inglese che si occupa di progettare nuovi farmaci, basandosi su un approccio combinato computazionale/sperimentale. Mediante simulazioni computazionali si disegnano migliaia di possibili molecole che sono in grado di interagire con recettori di interesse. Una volta identificate le molecole più promettenti, esse vengono poi sintetizzate e validate sperimentalmente in laboratorio, per verificare il loro effettivo legame con il recettore.

Il focus nella sperimentazione ‘biologica’

Anche nell’ambito dei modelli in vitro esistono diversi gruppi accademici attivi affiliati all’USI e aziende del territorio che si occupano della realizzazione di modelli o dello sviluppo di tecnologie abilitanti quali la biofabbricazione. Vi sono ad esempio gruppi nel nuovo centro di ricerca a Bellinzona (che include IRB, IOR, EOC) focalizzati sullo sviluppo di modelli in vitro innovativi, in particolare per tessuti muscoloscheletrici, che permettono di studiare meccanismi biologici e di testare farmaci per patologie quali le metastasi tumorali o la fibrosi muscolare. Per replicare i relativi tessuti e organi umani, questi modelli sono realizzati partendo da cellule umane derivate da diversi tipi di cellule presenti nel tessuto di riferimento ricavati ad esempio dagli scarti delle operazioni (previo consenso del paziente e approvazione etica) e possono includere anche la presenza di vasi sanguigni, componente fondamentale in tutti i tessuti dell’organismo. Inoltre, è possibile sfruttare tecnologie d’avanguardia per realizzare modelli che presentano una microarchitettura simile ai tessuti dell’organismo come ad esempio le fibre striate del muscolo scheletrico o le trabecole dell’osso spongioso. Studi recenti hanno dimostrato ad esempio come l’applicazione di farmaci antitumorali in simili modelli complessi di metastasi ossee permette di riprodurre meglio lo stesso effetto di resistenza ai farmaci che viene a volte rilevato nei pazienti, se confrontati con modelli più semplici (ad esempio colture cellulari di sole cellule tumorali anche in 3D) che rappresentano però ancora lo standard di riferimento nell’industria. Un aiuto per migliorare lo sviluppo dei modelli viene dalle moderne tecnologie di bio-stampa 3D e biofabbricazione, che sono implementate da gruppi di ricerca e startup incubate al Tecnopolo della fondazione Agire.

Le promettenti prospettive future

Il futuro della ricerca nell’ambito dei modelli alternativi in Ticino è molto promettente, soprattutto considerando la nascita di nuove iniziative nel campo, quali il Centro di Competenza in Scienze della Vita, attualmente dedicato alla Biofabbricazione. Tale istituto ha l’obiettivo di aiutare le aziende farmaceutiche del territorio, e non solo, a rendere più efficiente il loro processo di scoperta di nuovi farmaci, grazie alla realizzazione di modelli su misura per l’azienda. Il centro nasce dalla fruttuosa collaborazione a livello cantonale tra istituzioni pubbliche (Cantone, fondazione Agire, Città di Bellinzona) accademiche (USI, EOC, BIOS+, SUPSI) e aziendali (Farma Industria Ticino, Swiss Medtech Ticino, AITI, Swiss Biotech), andando a costituire un motore dell’innovazione in ambito farmaceutico.

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