laR+ IL COMMENTO

Le processioni e le guerre culturali

Se stiamo importando qualcosa di pericoloso dalle battaglie culturali d’Oltreoceano, non è il politicamente corretto ma la polarizzazione

In sintesi:
  • La Fondazione Processioni Storiche ha deciso di prendere tempo sull’uso della ‘blackface’, ma difficilmente questa non decisione calmerà gli animi.
  • Sempre più persone percepiscono le iniziative di inclusione come imposizioni dall’alto ed è quindi necessario coinvolgere le persone interessate.
Archivio Ti-Press
27 febbraio 2024
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E così, per un altro anno ancora avremo dei figuranti con il volto dipinto di nero: la Fondazione Processioni Storiche di Mendrisio ha annunciato, un po’ a sorpresa, di volersi prendere quella che, in altri contesti, chiameremmo “pausa di riflessione” e che ha un po’ il sapore dell’indecisione. La fondazione rimane infatti “fermamente convinta” – così è scritto in un comunicato stampa che immaginiamo attentamente ponderato – della bontà della decisione di non ricorrere più alla ‘blackface’ per alcuni personaggi delle processioni; tuttavia visto che intorno a quella decisione si è tanto discusso e soprattutto tanto polemizzato meglio “sospendere e rimandare la messa in atto della contestata disposizione”.

Questa decisione, o non decisione, nasce probabilmente dal temporaneo conflitto tra i due compiti della fondazione: da una parte quello di garantire lo svolgimento delle processioni “in un contesto quanto più sereno e rispettoso possibile”, cosa che in questo caso porta ad accontentare i chiassosi che inorridiscono di fronte a ogni cambiamento che non rientri nella loro visione del mondo; dall’altra quello di tramandare una tradizione alle future generazioni adattandola alle nuove sensibilità, il che porta a rivedere una pratica, quella della ‘blackface’, che ha una storia forse da noi poco conosciuta ma fortemente legata alle discriminazioni.

Il compromesso tentato dalla fondazione cerca quindi di garantire lo svolgimento delle processioni di quest’anno “in un contesto quanto più sereno e rispettoso possibile”, riservandosi di tornare a discutere “nei prossimi mesi” sul tema del volto dipinto della corte di Re Erode Antipa. Tuttavia pare difficile che il comunicato inviato domenica sera riesca davvero a calmare gli animi: probabilmente le discussioni e le polemiche continueranno a tenerci compagnia fino a Pasqua – e alle di poco successive elezioni comunali, forse non del tutto estranee in questo dibattito –; sicuramente riprenderanno con la stessa intensità appena si tornerà a parlare dell’argomento.

Proprio guardando ai possibili sviluppi di questa vicenda, credo sia utile cercare di imparare qualcosa. Un primo insegnamento è che è necessario e urgente adattarsi alle nuove sensibilità presenti nella società; solo che non mi riferisco tanto a chi vuole costruire una società che sia davvero equa e inclusiva, ma a chi vede gli interventi che cercano di andare in quella direzione come una “imposizione dall’alto” e una minaccia per la propria identità. Molto probabilmente una decina di anni fa la decisione di non ricorrere più alla ‘blackface’ sarebbe stata accolta, invece che con la levata di scudi che vediamo oggi, con sbadigli e al massimo qualche sopracciglio alzato. Ma, appunto, oggi la sensibilità è cambiata e tenerne conto vuol dire coinvolgere il più possibile le persone interessate, cosa che in questo caso – ma la Fondazione Processioni Storiche di Mendrisio è purtroppo in buona compagnia – non è stata fatta e anzi, nel comunicato di domenica ancora si è ricordato che la decisione era stata accolta favorevolmente dall’Ufficio federale della cultura, dall’Unesco e dalla Commissione federale contro il razzismo, dando implicitamente ragione a chi teme, appunto, imposizioni dall’alto. Il secondo insegnamento è che, se stiamo importando qualcosa di pericoloso dalle battaglie culturali d’Oltreoceano, non è il politicamente corretto ma la polarizzazione del dibattito. Ma speriamo di essere ancora in tempo e di non svegliarci davvero in un mondo in cui non contano più gli argomenti, ma solo il “da che parte stai”.

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