laR+ IL COMMENTO

L’auto-terapia del dottor Cassis

‘Non leggo più i giornali e vado tre volte più forte’: per la verità nessuno si è accorto di una sua tonica accelerata nel dossier di sua competenza

In sintesi:
  • La libertà di esprimersi dei politici su qualunque argomento non è in discussione
  • Qui però siamo di fronte a una vistosa sgrammaticatura istituzionale
Il nostro ministro degli esteri dice di stare molto meglio
(Ti-Press)
11 settembre 2023
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C’è una buona notizia. Il nostro ministro degli Esteri sta molto meglio. Sostiene di sentirsi rigenerato da quando ha deciso di “non leggere più i giornali”. Precisando: “Non mi serve a niente, non mi danno nulla, ma proprio nulla”. Addirittura segnala che lasciare quotidiani e settimanali intonsi gli consente di “andare tre volte più forte”. Per la verità, negli ultimi mesi o settimane nessuno si è accorto di una sua personale e tonica accelerata nel trattamento dei pesanti dossier politici di sua competenza. Forse per questo ha deciso di farcelo sapere pubblicamente, quasi in trance agonistica, durante un comizio elettorale del suo partito, il Plr, a Sant’Antonino. Forse convinto che il Ticino sia più “boccolone”. Con inedito tono battagliero, Cassis non le ha mandate a dire, anche su altri argomenti. Per esempio nel denunciare la nefasta polarizzazione del dibattito politico in Svizzera, additando come principali colpevoli dell’attuale ‘subbuglio’ socialisti e democentristi, accomunati nella medesima melassa, come se fossero fatti della stessa pasta, anche se partecipi del medesimo esecutivo.

La libertà di esprimersi anche dei politici su qualunque argomento non è in discussione. Ma qui siamo a una vistosa sgrammaticatura istituzionale. Generale e generalizzata. Com’è l’indistinto attacco ai giornalisti: tutti uguali e tutti incompetenti. Già è abbastanza inconsueto che un consigliere federale partecipi con tale veemenza a un dibattito pre-elettorale della propria formazione politica. Quando accettano l’invito, difendono soprattutto le scelte fatte collegialmente dal governo federale. Già fu più che inopportuno Ueli Maurer, che a un evento Udc indossò il camicione bianco dei “Freiheitstrychler” (quelli dei campanacci), molto critici delle misure anti-Covid decise dal governo di cui faceva parte. No, Cassis non sarebbe mai arrivato a un gesto così sfacciato. Ma nei confronti della stampa ha optato per stile e linguaggio tipicamente populisti. Abbastanza inatteso da parte sua.

Precipitoso adattamento ai tempi e alla nefasta moda del chi, assai “trumpianamente”, la spara più grossa? O preciso calcolo politico? Una Cassis la sa: la categoria dei giornalisti non è molto più popolare (eufemismo) del ceto politico. Bombardarli e giudicarli “inutili” potrebbe addirittura suscitare simpatia. Una sorta di “autoterapia” (è pur sempre un medico) con la quale il ministro pensa forse di superare certe preoccupazioni personali: per i sondaggi che gli assegnano la maglia nera dell’impopolarità fra i colleghi di governo, e per una stampa (compreso il “fuoco amico” della liberale Nzz) che ne ha spesso criticato decisioni e soprattutto indecisioni.

Lasciamo perdere il fatto che anche i politici sono spesso ‘inascoltabili’, come segnala la crescente disaffezione popolare, ma non è certo il caso di usare nei loro confronti il ‘metodo Cassis’. Né è il caso di lanciarsi in un ‘pippone’ sul ruolo della stampa, che certo può sbagliare, ma che ha il diritto-dovere di informare contribuendo al dibattito democratico. In piena (vera) indipendenza, e anche esponendosi alle critiche. Ma come ha ricordato Roberto Porta, presidente del sindacato Atg, proprio il Consiglio federale ribadì nel messaggio sulla sfortunata votazione per l’aiuto alla stampa che “in democrazia, media indipendenti e variati adempiono una funzione importante sul piano statale e politico”.

Non lo aveva sottoscritto anche il ministro in trance polemico?

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