laR+ IL COMMENTO

L'ex cavaliere? Salutava sempre

Dopo la morte tutti ricordati nel bene: ricchi e poveri, buoni e cattivi, onesti o ladri, lussuriosi o casti

In sintesi:
  • Non un santo, spesso uno sponsor
  • Le donne del Presidente
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15 giugno 2023
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Salutava sempre. Lo si dice, da vicini di casa, dell’omicida della porta accanto, lo dicono oggi avversari politici, imprenditori del fronte opposto, persino femministe e interisti. Così anche a Silvio Berlusconi sono stati riservati in questi giorni il rispetto e la discrezione che ogni morte comporta. Soprattutto se la dipartita, come in questo caso, si trasforma più che mai in livella. Tutti ricordati nel bene: ricchi e poveri, buoni e cattivi, onesti o ladri, lussuriosi o casti.

Del resto l’ex presidente (dallo Stadio Meazza a Palazzo Chigi, passando per Cologno Monzese e Milano 2), pur depauperato nel 2014, per una condanna, del merito al lavoro ricevuto trentasette anni prima, cavaliere, facendo della galanteria il suo inconfondibile stile, lo è comunque sempre stato e rimasto.

‘Non sono un santo – disse una volta – ma amo la vita e amo le donne’. E le donne sono state per lui, lungo le sue 86 primavere, croce e delizia.

Tanto adorato dalla mamma, dalle figlie, dalle ex mogli e fidanzate (chi più, chi meno), dalle sue giornaliste e deputate, conduttrici o impiegate, quanto inviso, diversamente, a quante vedevano in quell’uomo, miliardario ma complessato da altezza e calvizie, la perfetta incarnazione del più becero maschilismo e volgare sessismo. Mai, però, amava ricordarlo, un misogino.

Silvio Berlusconi – è stato un suo tratto nel corso della decennale carriera televisiva e istituzionale – ha saputo fare della donna, spesso spalleggiato dalle stesse protagoniste, un doppio modello: quello della bomba sexy, tanto petto e poco cervello, in trasmissioni cult degli anni Ottanta come Drive In, e quello della trasformazione (quasi miracolosa) di una disinibita soubrette in parlamentare in tailleur (badate, parliamo di quante in aula, da Roma a Bruxelles, i dossier hanno poi dimostrato di conoscerli).

Da una parte la donna elevata su un palmo di mano a mo’ di Ma-donna con corona e preziosi al seguito e, dall’altra, la più tradizionale delle donne-oggetto, giusta per un balletto mascherato. Nel mezzo... cinquanta sfumature di Bunga-Bunga.

Lui, fuco, a suo agio fra numerose api. Quelle che ne hanno succhiato avidamente favori e promozioni, che dall’ombra dell’anonimato ne hanno guadagnato in notorietà e salti di status, e che poi (in maggioranza) hanno saputo e voluto ricambiare le rapidissime scalate con una difesa agguerrita e costante del loro sponsor. Tutte regine, fino all’ultima concubina.

Dalla cancelliera Merkel (di cui si raccontò che Berlusconi avesse criticato il deretano piuttosto che la tattica governativa) a Ruby Rubacuori (la prima pietra, minorenne, dello scandalo giudiziario), da Veronica Lario (che in seguito alle cosiddette cene eleganti e alle Olgettine definì il consorte un ‘malato’) al pullman di prostitute (anche se la parola esatta utilizzata era un’altra) promesso in caso di vittoria ai calciatori del Monza.

A Silvio Berlusconi le donne, per sua stessa colpa, sono costate caro in termini di reputazione e di credibilità. Soprattutto laddove hanno concorso proibito e perversione, di cui peraltro non si è mai detto (imperdonabilmente) pentito. Per il Berlusca, come il Milan, ‘le belle donne sono state semplicemente un affare di cuore’. Se così è stato, lasciati alle spalle i discussi funerali di Stato, aspettiamo di averne conferma dalla vicina.

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