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Dimmi che orologio porti e ti dirò chi sei

Ecco come le esportazioni di orologi made in Switzerland diventano paradigmatiche di un certo livello di benessere

Ognuno il suo (Ti-Press)
21 agosto 2021
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Il 2021, stando a un recente rapporto della Banca Mondiale, segnerà la maggiore crescita economica post-recessione degli ultimi 80 anni. Per intenderci, maggiore di quella seguita alla devastante crisi finanziaria nata nel 2007/2008 sulle ceneri dei mutui ipotecari Usa. La crescita media del Pil mondiale, stimata al 5,6%, lascerà tuttavia al palo i Paesi in via di sviluppo ai quali, fa notare sempre la Banca Mondiale, “la pandemia continua a infliggere povertà e disuguaglianze”.

Il fatto che dopo la grande paura e il conseguente shock, accusato da tutti a livello planetario per la mazzata improvvisa inflittaci dal coronavirus, alla fine saranno in pochi, oseremmo dire i soliti noti, a riprendersi, ce lo confermano i dati di luglio delle esportazioni di orologi svizzeri. Che hanno fatto segnare la cifra ragguardevole di 2,05 miliardi di franchi, con una crescita del 7,6% rispetto al luglio del 2019. Il 2020 viene evidentemente saltato nella comparazione, perché troppo condizionato dalla pandemia che con i conseguenti lockdown ha, di fatto, bloccato il mercato di molti beni. In effetti, nei primi terribili sei mesi dello scorso anno il calo delle vendite ha sfiorato il 37 per cento.

Ma perché le esportazioni di orologi Made in Switzerland possono essere paradigmatiche di un certo livello di benessere? Perché, se andiamo a osservarle nel dettaglio, scopriamo che nel mese scorso quelle cresciute maggiormente, ovvero del 13,6%, riguardavano orologi compresi in una fascia di prezzo che si aggira intorno ai 6mila franchi. Ci riferiamo, in particolare, agli oggetti di quei marchi da status symbol abitualmente esibiti da personaggi del jet set sportivo del calibro di Roger Federer e Bernie Ecclestone. Che sono pronti a squadernarli non appena si accorgono di essere inquadrati da una telecamera. Un poco più sotto, con +9,1% di esportazioni, troviamo gli orologi da non più di 3’000 franchi. Li potremmo assimilare, senza alcuna intenzione offensiva beninteso, alla categoria “voglio ma non posso”, ovvero vorrei lo stesso cronometro che portava al polso Steve McQueen, ma mi accontento di un prodotto meno prestigioso. Comunque un lusso se si considera che, per acquistarne uno uguale, un abitante del Ciad o della Repubblica Democratica del Congo deve lavorare quasi cinque anni, senza mai spendere un soldo. E conta poco o nulla che il leader della Corea del Nord non si faccia mancare l’ultimo modello extra-lusso Swiss Made. Tornando alla nostra classifica delle esportazioni orologiere, quelle dei pezzi che costano meno di 200 franchi hanno per contro subito una flessione del 15,1%. A conferma che la ripresa economica, e di conseguenza quella dei consumi di beni di un certo pregio, non riguardano tutti. Riguardano, quanto ad acquisti di orologi svizzeri, in primo luogo la Cina (+75%), seguita dagli Stati Uniti (+48,5%).

Quanto al dato Usa, evidentemente la polemica scatenata dai liberal duri e puri sul Rolex da oltre 7mila dollari del presidente Biden non ha fatto breccia su quanti possono permettersi un orologio svizzero di marca. Langue, per contro, il mercato europeo (+1,8%), ma non quello britannico (+12,4%). Anche il vulcanico Boris Johnson, come Joe Biden, sfoggia un bell’orologione, di quelli per i quali basta a malapena lo stipendio di un premier per poterseli permettere.

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