I dibattiti

Non chiamiamoli sussidi

I sussidi di cassa malati sono al centro della discussione sul Preventivo 2024. Ma è davvero corretto parlare di sussidi? Cerchiamo di capirlo con un esempio fittizio, ma reale. Riccardo è un onesto piccolo imprenditore e dispone di un reddito mensile di 20’000 franchi. Mario è un bravo infermiere specializzato e guadagna 7’000 franchi al mese. Per vivere in un Paese sicuro, Riccardo contribuisce alle spese di polizia e sicurezza tramite le imposte: stimiamo 30’000 franchi all’anno. Mario paga 10’000 franchi all’anno di tasse. Per finanziare un sistema sanitario di base di qualità, sia Mario che Riccardo pagano invece un premio LaMal di 500 franchi al mese. Nessuna differenza.

Questa “bizzarra” scelta è abbastanza rara in Europa ed è applicata, con modalità diverse, solo in Svizzera, Austria, Romania e Bulgaria. Ce lo ha ricordato l’economista Ronny Bianchi in un interessante approfondimento pubblicato su LaRegione di sabato 27 gennaio, dove si sottolinea anche come la Svizzera sia nettamente il Paese europeo dove la spesa pubblica contribuisce in maniera minore alla spesa sanitaria: solo il 30% della spesa sanitaria globale proviene dalle risorse pubbliche, quando la media è del 71%.

Ciò significa che buona parte dei costi sanitari in Svizzera sono direttamente a carico dei cittadini e delle cittadine.

Il sistema di Riduzione dei premi di cassa malati non è quindi una sorta di generoso “aiuto sociale”, un regalo che lo Stato fa a “chi è in difficoltà”, ma un sacrosanto meccanismo di correzione di un sistema ingiusto che forzatamente non potrebbe mai stare in piedi per i redditi bassi.

Il problema è che con la diminuzione del potere di acquisto e il contemporaneo aumento del 20% in due anni dei premi di cassa malati, anche chi ha un reddito medio non ce la fa più a pagare premi uguali per tutti.

Che la si smetta quindi di dipingere i sussidi di cassa malati come una specie di elemosina di cui vergognarsi o peggio scandalizzarsi se anche le famiglie del ceto medio ne hanno diritto. Dovremmo pure smetterla di chiamarli (da destra e da centro-destra a volte pure con un certo disprezzo) sussidi di cassa malati, ma più correttamente parlare solo di sistema di riduzione dei premi dell’assicurazione malattia Ripam.

E che la si smetta di pensare di tagliare su questa spesa. Anzi. In attesa di un cambio radicale del sistema verso una cassa malati unica pubblica con premi proporzionali al reddito, bisogna assolutamente rafforzare la partecipazione delle finanze pubbliche per alleggerire le finanze della popolazione.

Le iniziative che presto saranno messe in votazione, che chiedono che chi paga attualmente più del 10% del proprio reddito possa vedersi diminuire il premio di cassa malati (per chi paga già meno non cambierà nulla!), sono un passo nella giusta direzione. Nella direzione di ridurre i premi anche al ceto medio.

Certo, ci vorranno più soldi pubblici. Tuttavia i margini ci sono, visto che la Svizzera spende nel contesto internazionale relativamente poco per la sanità rispetto al totale della propria spesa pubblica: solo il 12% contro il 21-22% di Germania, Gran Bretagna, Svezia.

Per garantire la riduzione dei premi di cassa malati si potrebbe in Ticino, ad esempio, cominciare a recuperare a tale scopo i milioni previsti dalla ingiusta riforma fiscale cantonale, attualmente oggetto di referendum, che prevede inutili regali a Riccardo, in modo di far pagare un premio di cassa malati più basso a Mario.

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