I dibattiti

Guardare oltre il presente

(Ti-Press)

Nell'edizione dello scorso primo dicembre, Andrea Ghiringhelli e Natalia Ferrara hanno espresso pareri diversi sull'andamento del Plrt, giungendo alla conclusione che l'amministrazione dello Stato e pure quella di un partito non possono mancare di "visione del futuro". Le recenti misure del governo sul contenimento della spesa, sia pure necessarie, sono un esempio di mancanza di prospettive strutturali. E dire che paghiamo fior di funzionari statali che avrebbero potuto aiutare l'apparato politico a pensare con maggiore lungimiranza!

Per quanto concerne i problemi del Plr, l'auspicio del presidente è condivisibile: "Dobbiamo farci capire, migliorare di molto la nostra capacità di parlare chiaro, meglio subito: dobbiamo essere tempestivi, identificabili e concreti". Sante parole! Ma quante volte sono state professate negli anni simili buone intenzioni? I partiti, in genere, temono il confronto esterno e cucinano i loro programmi e le loro proposte il più delle volte orientati alla difesa delle posizioni e/o all'apparire verso l'esterno su tematiche ricorrenti: troppi frontalieri ed emigranti; troppo orientamento verso l'Europa; troppo poco rispetto verso l'ambiente e verso le varie diversità sociali, e via di seguito. Temi importanti, ma del tutto insufficienti per lo sviluppo qualitativo del nostro cantone. La realtà è più complessa (con buona pace di chi la fa facile); e dai politici abbiamo il diritto di pretendere alcune visioni sul futuro e non semplicemente risposte a problemi transeunti. L'astinenza dal voto e il successo della scheda non intestata stanno lì a dimostrarlo. La cosiddetta "gente" apprezza chiarezza e serietà di intenti, ma vorrebbe pure esserne convinta. Hanno ragione coloro che criticano (dall'interno e dall'esterno) la scarsa mobilitazione delle idee liberali; e pure quei liberali che non sono più in chiaro su ciò che significhi essere liberali, e che non comprendono il ruolo che il liberalismo possa ancora avere nella nostra società liquida e disorientante.

I problemi socioeconomici del Ticino necessitano di un profondo ripensamento strutturale: perché gli stipendi sono così inferiori rispetto al resto della Svizzera? Perché annualmente i nostri giovani emigrano senza ritorno? Perché da noi si tollera il dumping salariale in una Svizzera del benessere? Perché nel nostro cantone un quarto dei cittadini non raggiunge la soglia del pagamento delle imposte? Perché quasi un terzo dei cittadini necessita la copertura di sussidi della cassa malati? Perché la spesa pubblica è raddoppiata dal 1995, raggiungendo la ragguardevole cifra di 4,2 miliardi?

La risposta a questi interrogativi non passa solo attraverso nuove modalità di comunicazione (ormai sulla bocca di tutti). Bisogna anche saper convincere con la necessaria autorevolezza e capacità persuasiva, con argomenti solidi e comprensibili. Ci sono nel nostro territorio tante realtà di eccellenza: istituti di ricerca (Ior, Irb, Università, Supsi e altri), aziende all'avanguardia, cittadini che si distinguono. Ma ci sono pure realtà fragili e c'è un ceto medio (quelli che lavorano e producono) in affanno, a cui viene chiesto di coprire una parte consistente delle spese dello Stato. Questa è la realtà che i politici devono mettere a fuoco, al fine di trovare soluzioni condivise. Solo così, forse, ci potrà essere ancora l'orgoglio dei cittadini di appartenere a una realtà dinamica e positiva, al di là degli steccati politici.

Aveva già individuato il problema della società moderna il pittore irlandese Francis Bacon, crudo nelle immagini, ma profondo nelle riflessioni, che confidava nella partecipazione a un progetto identitario e progressivo al di là delle declamazioni: "Credo che l'uomo moderno voglia la sensazione senza la noia della comunicazione".

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