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Una carriera rovinata per 400 franchi

(Ti-Press)

Massagno. «Ma il sindaco Bruschetti ha rubato milioni?». «Hai letto sui giornali: truffa, amministrazione infedele aggravata… sarà qualcosa di grosso». «Macché, alla fine si parla di 400 franchi». «Come 400 franchi? Tutto questo polverone per 400 franchi?». Chiacchiere della gente a proposito della crisi massagnese, costata – come si sa – la poltrona al sindaco per la vicenda di un quadro scontato. Si è appurato che il venditore ha tolto i 400 franchi al costo di un quadro destinato al sindaco, aggiungendoli però di sua iniziativa a un secondo quadro comperato per il Comune. E Bruschetti è stato ritenuto colpevole perché non ha pensato, a fronte della richiesta di uno sconto, che il venditore avrebbe potuto agire in tal modo (ciò che i giuristi chiamano “dolo eventuale”). Così un sindaco che in vent’anni d’attività ha maneggiato contratti per 70 milioni (per la casa anziani, le nuove scuole elementari, il rinnovato Cinema Lux, solo per citarne alcuni) è scivolato su una buccia di banana da 400 franchi, costatagli un’immediata – e ben triste – uscita di scena.

Cosa insegna questo caso? Che dalla politica forse è meglio star lontani. Troppi i rischi che si corrono, in ruoli che da una parte si vogliono gloriosamente “di milizia” e dall’altro si pretendono efficienti come capi di multinazionali. Volontari eletti che spendono anni di vita a cercare faticosi compromessi, per essere messi da parte in un istante se capita una grana. E forse non è un caso se (beghe massagnesi a parte) in questa fine legislatura ci sia stata un’“ecatombe di sindaci”: ben 28 lasciano, su 106 Comuni in tutto il Cantone.

Il “chi me lo fa fare?” serpeggia fra le nuove e smaliziate generazioni, che se hanno testa e capacità preferiscono investirle altrove. Col risultato che poi, in politica, non restano i migliori, come sarebbe auspicabile. I migliori scappano, a parte poche e idealistiche eccezioni.

Se n’è parlato anche nel recente simposio Cantone-Comuni, dove da più parti si è segnalata la difficoltà a motivare le nuove leve. Prestigio delle cariche in calo, responsabilità in aumento, formazione self-service (i partiti praticamente non formano più nessuno), continuo bersaglio di social e media, bassissime remunerazioni (non si può pretendere che uno sia così masochista da rinunciare a metà stipendio, con annessi e connessi pensionistici, per percepire le scarse indennità da sindaco – e magari solo fino alle prossime elezioni). Sono segnali sempre più evidenti, forse, di una crisi generale che sta investendo la nostra democrazia.
Si può fare qualcosa? Si possono proporre delle riforme? Forse si dovrebbe togliere un po’ di burocrazia e mentalità contabile, per rimettere al centro la persona, anche quella del politico. Si dovrebbe capire che un sindaco può sbagliare e che 400 franchi non sono una tragedia, come del resto mormorava stupita la gente comune. Che un impegno serio e presente sul territorio (anche quello dei municipali) non può essere indennizzato con paghe da fame. Che, forse, il concetto stesso di politica di milizia va rivisto, a fronte di una rapidissima evoluzione dei tempi dove si pretende sempre di più e si riconosce (anche in termini di gratitudine) sempre di meno.

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