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Irlanda in crisi, si dimette il premier Varadkar

L'addio a ridosso delle elezioni: ‘Non sono più l'uomo giusto’

Il premier dimissionario Leo Varadkar
(Keystone)

Crisi politica improvvisa in Irlanda, dove il 45enne premier Leo Varadkar, simbolo di cambiamento nel Paese e perno di governo da sette anni, ha annunciato oggi le dimissioni.

Un'accelerazione a sorpresa che minaccia di far precipitare le contraddizioni interne a una coalizione di potere inedita e che arriva a poche settimane dalle elezioni europee di maggio, sulla scia del flop recente di un nuovo doppio referendum sui diritti civili e della donna (clamoroso in un Paese non più cattolicissimo che negli ultimi anni aveva approvato a valanga sia il matrimonio omosessuale, sia la liberalizzazione dell'aborto), ma anche e soprattutto delle tensioni innescate da uno scenario geopolitico conflittuale: scenario che - dalla risposta occidentale alla guerra russa in Ucraina, alla prosecuzione dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza - mette in imbarazzo l'attuale leadership moderata di fronte ai tradizionali sentimenti pacifisti e antimilitaristi dell'isola verde.

Via anche dal partito

Rivolgendosi ai media e alla nazione a Dublino, Varadkar ha spiegato non senza emozione di aver deciso di lasciare immediatamente la carica di leader del suo partito (il Fine Gael, liberal-conservatore). Mentre ha rinviato quelle da primo ministro solo fino a quando lo stesso partito non si sarà dato un'altra guida (iter destinato a concludersi fra il 6 e il 9 aprile, secondo la tv pubblica Rte): guida a cui dovrebbe spettare automaticamente la poltrona di capo del governo e la gestione dei preparativi verso un voto politico previsto per il marzo del 2025, ma che non si può escludere possa a questo punto precipitare.

Il più giovane

Nominato Taoiseach (premier in lingua gaelica) nel 2017, ad appena 38 anni, Varadkar, medico di professione, è stato il più giovane leader nella storia del suo Paese, nonché il primo figlio di padre immigrato (d'origine indiana) e il primo gay dichiarato. Rimasto in carica fino al 2020, si è poi diviso fra ruoli governativi e ritorno part time alla professione ospedaliera durante la pandemia di Covid. Per tornare quindi a capo dell'esecutivo nel 2022, nell'ambito della staffetta fra le posizioni di premier e vicepremier con Micheal Martin: portabandiera degli storici rivali di Fianna Fail in seno al centro-destra irlandese col quale era stato costretto a dar vita a un'alleanza spuria, allargata alla stampella dei Verdi, pur di tener fuori dalla stanza dei bottoni la sinistra radical-nazionalista dello Sinn Fein, ex braccio politico dei guerriglieri dell'Ira, divenuta per la prima volta nella consultazione del 2020 forza di maggioranza relativa al Parlamento monocamerale di Dublino (Dail Eireann).

Varadkar si è detto convinto, "dopo 7 anni", di non essere "più la persona migliore per il posto" di Taoiseach. Ha poi evocato vaghe ragioni di carattere "personale, ma soprattutto politico", evitando di entrare nel merito. "Mi dimetto ora dalla presidenza del Fine Gael - si è limitato a tagliar corto - e mi dimetterò da primo ministro quando sarà stato scelto un successore in grado di prendere il timone" dell'esecutivo.

Svolta choc

La svolta ha avuto un inevitabile effetto shock nella Repubblica. Lo stesso vicepremier Martin l'ha definita "inaspettata", come preso alla sprovvista, pur mostrandosi fiducioso che l'alleanza di governo possa portare a termine comunque la legislatura, dopo la designazione di chi subentrerà a Varadkar, sino alla scadenza naturale del 2025. Prospettiva contestata invece da Mary Lou McDonald, battagliera presidente dello Sinn Fein, pronta a cogliere la palla al balzo per invocare elezioni legislative anticipate a breve. E per affermare che è tempo di "ridare la parola al popolo" sulle sue parole d'ordine su economia, giustizia sociale, neutralismo internazionale, attenzione al terzo mondo.

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