elezioni in russia

Il vero avversario di Putin è la scheda nulla

Oltre il 20% si possono aprire scenari imprevedibili, ma anche un forte sostegno a Davankov può far tremare il Cremlino, che teme l’effetto Ceausescu

Già al voto nel Donetsk occupato
(Keystone)

“Nessuno parla delle presidenziali né tantomeno di politica. Guarda che regalo che ci ha fatto Vova!”. Katja è disgustata dalla “corazza” protettiva che i connazionali hanno eretto per difendersi da una quotidianità deprimente, ma li comprende.

Chi non è d’accordo con la linea ufficiale rischia grosso: il dissenso non è tollerato quando la Patria è in pericolo. Non passa giorno senza che i tribunali non emettano condanne a lunghe pene detentive.

Personae non gratae

Anche chi è fuggito all’estero da tempo non è al riparo dalla mano pesante della “giustizia” federale. Lo scrittore più letto in Russia, Boris Akunin, e la collega Ljudmila Ulitskaja sono stati inseriti nelle liste nere e i loro libri ritirati dalle librerie. L’ex campione del mondo di scacchi e politico dell’opposizione, Garry Kasparov, è stato dichiarato “terrorista ed estremista”.


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‘Il tuo voto è importante’

La morte di Alexei Navalny ha scioccato “l’Altra Russia”, quella che non si rispecchia nel Cremlino e desidera vivere in pace con i vicini e con il resto del mondo. Tra il giorno dei funerali e quelli successivi con la visita al cimitero Borisovo oltre un centinaio di migliaia di persone hanno reso omaggio all’uomo che aveva donato la “speranza” di costruire e vivere in un “Paese normale”, soprattutto “senza missioni” da compiere. Più di un metro e mezzo di fiori sono stati deposti sulla sua tomba e il suono dei clacson delle automobili in transito ha fatto da colonna sonora a questo triste pellegrinaggio.

‘Sappiamo dove sei stato’

Le telecamere a riconoscimento facciale garantiranno a tutti i partecipanti all’estremo saluto al leader delle opposizioni grattacapi a non finire, subito o “a orologeria”, insomma, al momento giusto. Mosca si è riempita di apparecchi di controllo sofisticati. In solo una trentina di metri di tunnel della nostra stazione della metropolitana – punto di passaggio obbligato verso un sito sensibile – ne abbiamo contati ben 11. Manco a Pechino nei pressi di piazza Tienanmen ne avevamo viste così tante tutte insieme.

Dopo due anni di bombardamento – mediatico e sul campo – i canali federali non riescono più a destare l’orgoglio nazionalista nella popolazione e a riscaldare i bollori. Secondo alcuni sondaggi ormai solo un 20% dei russi sostiene in pieno “l’Operazione militare speciale” in Ucraina. Il resto si gira dall’altra parte facendo finta di niente, mentre un altro 20% è contrario all’azione.


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Volantini per Leonid Slutsky, candidato liberal-democratico

“Qua non si può aprire bocca – commenta la ventenne Elena, universitaria partecipante a un gruppo Telegram privato, in cui gli umori giovanili anti-potere sono imperanti –. E bisogna stare attenti”. Non ci vuole molto per mettersi nei guai. Si inizia con salate multe amministrative per banali infrazioni.

‘Centomila perseguitati politici’

Secondo una ricerca di una Ong, messa fuori legge da Mosca, nella Russia di Putin degli ultimi 6 anni sono state perseguitate per “reati politici” 100mila persone. Un numero questo superiore rispetto a quello nell’Unione Sovietica di Krusciov e Breznev.

Ma allora perché tutti questi giri di vite se il sostegno all’odierno potere è descritto come plebiscitario? La ragione è semplice: la Russia non è quel monolite che le cronache ufficiali accreditano all’esterno. Tutt’altro. Già nel giugno scorso la rivolta della compagnia Wagner, comandata da Prigozhin, aveva sconquassato il potere fin dalle sue fondamenta, rischiando di farlo crollare in poche ore. I funerali di Navalny non hanno avuto lo stesso impatto, ma hanno lo stesso messo in subbuglio le coscienze.

Vista la strategia repressiva seguita, il Cremlino teme l’“effetto Ceausescu”, quando un fischio tra la folla diede il via alla rivoluzione romena. È tuttavia poco probabile che, ora, un fischio a Mosca sia così destabilizzante come lo fu a Bucarest nel 1989.


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Il candidato comunista, Nikolay Kharitonov, con l’immaginetta di Stalin

Yulia Navalnaya, la vedova del dissidente anti-Putin, ha dato appuntamento ai russi alle ore 12 di domenica 17 marzo alle urne. Questa forma di protesta era già stata studiata prima della scomparsa di Navalny – che aveva invitato la popolazione a votare per tutti tranne che per Putin e per questo era stato trasportato in una prigione remota nell’Artico, dove poi è morto –. Navalny credeva nella democrazia; Prigozhin evidentemente no.

La mossa di mezzogiorno serve a mostrare quanta gente è contro il Cremlino. Il potere ha deciso di far svolgere le presidenziali in tre giorni, da domani a domenica 17. Lunedì 18 marzo è prevista la giornata del trionfo in concomitanza con il decimo anniversario del “ritorno” della Crimea alla Madrepatria.

Allungare il numero delle giornate della votazione e introdurre il voto elettronico (3,5 milioni di elettori si sono prenotati) servono per complicare il controllo di consultazioni senza osservatori di un certo tipo. Mobilitare le solite “risorse amministrative” (gli statali, ad esempio), sostengono alcuni esperti, non sarà comunque così semplice come in passato. In Russia ora – come in gran parte dell’Occidente – sono tanti i posti di lavoro vacanti. Chi verrà licenziato per non aver eseguito il suo “dovere” elettorale può facilmente domani riorganizzare la sua vita.

Speranza Davankov

Giusto per onor di cronaca sono 4 i candidati (oltre al capo del Cremlino uscente, il comunista Kharitonov, l’ultranazionalista Slutsky e la “new entry” Davankov) registrati dalla Commissione elettorale che ha bocciato – per le solite ragioni giuridiche o violazioni delle procedure – chiunque potesse creare problemi all’attesa corsa in solitaria del “leader nazionale” o esprimesse pubblicamente giudizi contrari all’“Operazione militare speciale”. Proprio su Davankov, che rilancia dichiarazioni simili a quelle del pacifista escluso Nadezhdin, potrebbero convergere i voti delle opposizioni o di protesta.

I dati apparentemente più significativi dovrebbero comunque essere quello dell’affluenza alle urne e quello delle schede annullate. Nel 2018 il matematico russo Serghej Shipkin mise in dubbio 10 dei 56 milioni di voti assegnati a Putin.


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Un manifesto di Vladislav Davankov, unico candidato pericoloso per Putin

Allora il presidente uscente ottenne il 77% delle preferenze del 67,5% degli elettori che parteciparono alla consultazione. Il Cremlino oggi ambisce: primo, a raggiungere la soglia dell’80% di voti per Putin; secondo, a non vedere la nascita di un potenziale candidato alternativo al “leader nazionale”, ad esempio Davankov; terzo, a non leggere un altissimo numero di schede annullate (con tutti i candidati cancellati o con il nome di Navalny sopra); quarto, a non far riprendere dalle tivù masse di elettori alle urne all’appuntamento di mezzogiorno.

In presenza del completo controllo dei mass media da parte del potere, il 20% di schede nulle o per Davankov potrebbe determinare una “vittoria di Pirro” per Putin e aprirebbe scenari imprevedibili in un Paese in cui l’uso degli anti-depressivi ha avuto negli ultimi tempi un’impennata esponenziale; le famiglie con lutti legati a cari coinvolti nell’“Operazione militare” sono in costante aumento; in tutte le regioni occidentali dal Baltico al Mar Nero i droni ucraini bombardano in continuazione infrastrutture energetiche e industriali.

Ecco, in breve, spiegato l’inatteso nervosismo del potere.

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