medio oriente

Manifestanti bloccano gli aiuti a Gaza: ‘Liberate gli ostaggi’

Proteste al valico israeliano con Gaza fermano 51 camion su sessanta. Nuovo attacco Houthi in Yemen

Proteste per chiedere la liberazione degli ostaggi israeliani
(Keystone)
24 gennaio 2024
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La prospettiva di una tregua per un nuovo scambio di prigionieri resta lontana e Gaza continua a essere bersagliata dal fuoco. E nel caos del conflitto senza quartiere con Hamas monta l'esasperazione delle famiglie degli ostaggi israeliani, che hanno bloccato il valico di Kerem Shalom impedendo ai camion degli aiuti di entrare nella Striscia. Fino a quando i loro cari non ritorneranno a casa. Anche nel Mar Rosso la situazione è sempre più incandescente, perché gli Houthi hanno tentato di colpire altri due mercantili occidentali.

Tregua: posizioni distanti

Le voci di un accordo di principio per un cessate il fuoco di trenta giorni, diffuse dai media internazionali, sono state smentite all'inizio della giornata da fonti israeliane. "Nessuna svolta, restano molte distanze, ci vorrà molto tempo, perché c'è un continuo inasprimento delle posizioni di Hamas", la versione dello Stato ebraico. Opposta quella del governo egiziano impegnato nella mediazione. Secondo il ministero degli Esteri del Cairo è "l'assenza di volontà politica israeliana che impedisce il raggiungimento di qualsiasi accordo".


Keystone
Case distrutte nell’area di Rafah

Questa permanente situazione di stallo ha provocato una nuova, l'ennesima, protesta in Israele. A Tel Aviv e al valico di Kerem Shalom con la Striscia. Dove centinaia di persone hanno bloccato il passaggio dei convogli umanitari. Rappresentanti delle famiglie dei rapiti, ma anche membri delle famiglie dei soldati caduti in battaglia che non vogliono che Israele "faciliti l'ingresso di aiuti al nemico". Il risultato, 51 camion su 60 sono stati costretti a tornare indietro. E la rabbia dei civili è salita anche dentro Gaza, rivolta contro Hamas. Due manifestazioni spontanee sono state segnalate nel sud contro i membri del movimento, accusati di comportarsi da "pescecani di guerra" perché rivenderebbero gli aiuti alla popolazione a prezzi maggiorati.

Khan Younis

Sul fronte del conflitto l'esercito israeliano ha continuato a martellare Khan Yunis, la roccaforte di Hamas nel sud di Gaza. L'esercito ha reso noto di aver eliminato "decine di terroristi" impiegando forze di terra, carri armati e aviazione. Fonti sanitarie locali invece hanno riferito che gli ospedali hanno accolto almeno 125 corpi di persone uccise nei bombardamenti nelle prime ore della giornata, mentre il direttore dell'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) a Gaza, Thomas White, ha denunciato che un attacco israeliano a un centro di formazione diventato rifugio ha provocato almeno 9 morti e 75 feriti.


Keystone
Aiuti per Gaza anche dall’Iraq

L'intensità degli attacchi israeliani conferma che al momento la soluzione diplomatica della crisi non è un'opzione per Benyamin Netanyahu, che intervenendo alla Knesset ha ribadito: "Questa è una guerra per la casa e non ci sarà mai alcun compromesso sulle garanzie alla nostra sicurezza". Il capo del governo (che ha incontrato il ministro degli Esteri britannico David Cameron) probabilmente non batterà ciglio neanche quando venerdì la Corte internazionale di giustizia renderà nota una prima decisione dopo le accuse di "genocidio" mosse dal Sudafrica allo Stato ebraico.

Il Mar Rosso s'infiamma

L'incancrenirsi del conflitto a Gaza ha l'effetto di amplificare le turbolenze nella regione, come nel Mar Rosso. All'indomani dei nuovi bombardamenti anglo-americani contro decine di siti militari degli Houthi in Yemen, le milizie sciite hanno preso di mira altre due navi mercantili, ha reso noto la Casa Bianca. Il bersaglio era una spedizione della filiale americana del colosso danese Maersk. Due missili sono stati intercettati dalla Marina militare Usa in servizio di scorta, un altro è finito in mare. Washington tiene stretta la presa contro i combattenti sciiti anche in Iraq. Il comando in Medio Oriente ha reso noto di aver colpito tre impianti usati da gruppi affiliati all'Iran. In risposta alla serie di attacchi contro il personale americano e della coalizione in Iraq e in Siria.

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