medio oriente

Il grande esodo da Gaza a Rafah, tende nelle strade

I profughi arrivano a centinaia. Ora oltre un milione di persone vive dove prima erano in 150

Fuga da Gaza
(Keystone)
28 dicembre 2023
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I bambini in braccio, qualche fagotto sulla testa e, per i più fortunati, coperte e materassi stipati su un carretto trainato da un asino o su un'auto. E‘ l'esodo di Gaza, un flusso ininterrotto di disperati che anche oggi si è spostato lungo la strada costiera che dal centro della Striscia porta a Rafah, alla sua estremità meridionale. Non sanno più dove andare ma, sospinti dall'avanzata dell'esercito israeliano ad al-Maghazi, Bureij, Nusseirat, i campi profughi del centro della Striscia, gli sfollati cercano in qualche modo un riparo in questo angolo di terra dove in ottobre vivevano 150 abitanti e oggi qui sono stipate oltre 1,25 milioni di persone, molte delle quali prive di un tetto sulla testa.

I racconti

“Prima di lasciare Bureij, in famiglia c’è‘ stata una discussione animata”, racconta all'Ansa uno dei nuovi arrivati, Yiad Salem, 34 anni, falegname, padre di due di figli di 6 e 8 anni. "L'esercito aveva avvertito che dovevamo sgomberare l'area dove vivevamo ma i miei genitori, i miei fratelli e le mie sorelle hanno deciso di restare, ben sapendo che ormai a Gaza non ci sono posti sicuri". Proprio in quelle ore c'erano stati bombardamenti pesanti, che avevano provocato numerose vittime, e così ieri mattina Yiad, la moglie e i bambini si sono messi in marcia con qualche fagotto in mano e una cartella con i documenti della famiglia e qualche foto di tempi migliori. Hanno camminato per alcuni chilometri fino all'arteria Sallah a-Din, che è zona di combattimento.


Keystone
Ci si arrangia anche per strada

Sono poi saliti su un carretto tirato da un asino che li ha portati nella vicina Nusseirat. Erano le dieci di mattina, e nessuna sistemazione in vista per loro. Hanno allora proseguito per Deir el-Ballah nella convinzione che almeno nel locale ospedale Shuhada avrebbero potuto trovare un posto. "Non credevamo ai nostri occhi - dice Yiad - Il parcheggio ed i corridoi erano totalmente invasi di persone".

Quanti shekel?

Non restava dunque che proseguire verso sud, in direzione di Rafah. Quando già la famigliola era di nuovo in cammino, è riuscita a trovare un passaggio su un camion che li ha caricati sul cassone. Ma l'autista ha deciso di passare per Khan Yunis, anch'essa zona di combattimento. "È stato un incubo. C'erano droni costantemente in volo, ed esplosioni ovunque. Prima dal cielo e poi, quando abbiamo imboccato la strada costiera, anche dal mare". Infine l'arrivo a Rafah, in salvo. Ma nessun posto dove ripararsi, dove scaldarsi, dove dormire. Hanno bussato alla porta di una scuola ma dentro, hanno detto loro, c'erano già 5.000 sfollati. Yiad ha tentato allora di comprare una tenda. Ma i prezzi a Rafah sono alle stelle: 1’500 shekel (400 franchi circa). Troppo. Per molto meno, 500 shekel, Yiad ha acquistato teli di nylon e un po‘ di legno e verso mezzanotte è riuscito a mettere in piedi qualcosa di simile a una tenda: su un marciapiede, senza materassi, con coperte offerte da persone solidali.

Un’organizzazione assistenziale ha dato loro una scatola con un po' di cibo e quattro bottiglie d'acqua. Yiad e la sua famiglia stasera si sono sistemati di nuovo nel rifugio improvvisato, mentre da diverse zone di Rafah arrivano gli echi dei bombardamenti, con la speranza di trovare un tetto. Magari domani, Inshallah.

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