cop28 a dubai

L’accordo sul clima c’è, ma è pieno di buchi

Al summit tutti si affrettano a parlare di accordo storico, ma i tempi sono lunghi e i critici osservano che ‘manca una road map precisa’

Il presidente Al Jaber esulta, tanto lui vince comunque
(Keystone)
13 dicembre 2023
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“Accordo storico alla 28a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Dubai, che segna ‘l'inizio della fine dei combustibili fossili’. Il via libera, sancito dopo solo qualche minuto dall'apertura della Plenaria dal colpo di martelletto da parte del presidente, Sultan Al Jaber, è stato accolto con un'ovazione da quasi tutti i delegati dei 197 Paesi partecipanti più l'Unione europea, salvo qualche piccola isola-Stato come Samoa o qualche Paese vulnerabile come le Filippine, che temono non ci sia vera ambizione da parte di tutti, anche perché gli impegni sono su base volontaria e non prevedono vere sanzioni.

E quindi, di storico c’è poco. Al teorico successo viene data ancora più enfasi perché il risultato sarebbe stato ottenuto negli Emirati Arabi Uniti, Paese produttore di petrolio, su cui c’è stata per questo molta diffidenza. Invece, per la prima volta in quasi 30 anni di Conferenze, entrano in un documento della Cop i ‘combustibili fossili’, ritenuti dagli scienziati i primi imputati delle emissioni di gas serra che fanno alzare la febbre del Pianeta e provocano disastri. Come ci entrano è un altro discorso, da approfondire.


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Proteste nelle Filippine

Il Global stocktake, che è un bilancio di quanto fatto negli ultimi otto anni dall'Accordo di Parigi del 2015 e indica cosa fare nel prossimo futuro, dice che bisogna accelerare la fuoriuscita ‘entro questo decennio’ da petrolio, carbone e gas, che vanno via via abbandonati per azzerare le emissioni inquinanti entro il 2050. Sono gli idrocarburi, secondo gli scienziati, a provocare scioglimento dei ghiacciai, alluvioni, incendi, siccità che flagellano soprattutto i Paesi più poveri. Tra gli impegni contenuti nel testo, anche triplicare la capacità delle rinnovabili e raddoppiare l'efficienza energetica entro il 2030, ridurre l'energia prodotta con carbone che non viene ‘catturato e stoccato’.

L’Italia accelera sul nucleare

E ancora accelerare le tecnologie a zero e a basse emissioni, tra cui il nucleare. Che in Italia, ad esempio, trova d'accordo il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani e su cui anche il responsabile del settore energia di Fratelli d'Italia Riccardo Zucconi invita a lavorare. Impegni necessari a ‘mantenere vivo’ l'obiettivo di riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi a fine secolo rispetto ai livelli pre-industriali, come indicato dalla scienza. Obiettivo lanciato proprio a Parigi 8 anni fa. L'accordo è arrivato dopo due settimane di negoziati, che hanno oltrepassato di 24 ore la scadenza ufficiale del 12 dicembre, a causa di un braccio di ferro che vedeva da un lato alcuni Paesi dell'Opec produttori ed esportatori di petrolio e gas con l'Arabia Saudita in testa seguita da Iran, Iraq, Kuwait e dall'alleato Russia, che non volevano nel testo il termine ‘phaseout’ (presente in altre bozze e poi tolto), cioè l'uscita dai combustibili fossili; dall'altro un fronte ‘ambizioso’ di circa 130 Stati con l'Ue e varie alleanze che vanno dalle piccole isole-Stato agli Usa e l'Australia che spingeva per condizioni più severe.

Il ruolo di Mosca

Mosca ha chiesto di evitare un'uscita caotica dai combustibili fossili. Così, Al Jaber, sin dall'inizio al centro di polemiche perché anche amministratore delegato dell'azienda petrolifera di Stato ma anche presidente di una impresa di energia rinnovabile, ha cercato il compromesso, coinvolgendo tutti, seguendo quella che è stata la sua "stella polare", "1,5 e il rispetto della scienza". Voleva, ed è riuscito a ottenere, secondo lui "l'accordo storico", "la svolta", di cui "gli Emirati sono orgogliosi" e per cui anche "le generazioni future ringrazieranno", ha detto in Plenaria ringraziando tutti.


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Attivisti a Dubai

Per lui, ritenuto da alcuni visionario e determinato, che ha capito da tempo che occorre una ‘transizione economica’, grandi riconoscimenti tra gli altri dall'inviato Usa per il Clima John Kerry che assieme all'omologo cinese Xie Zhenhua, alla esperta di questi negoziati, la spagnola Teresa Ribera e al commissario Ue Wopke Hoekstra hanno avuto un grande ruolo diplomatico per il successo.

Le critiche

Critici, soprattutto in Europa, molti politici di area ecologista. Secondo l'ex ministro 5 stelle italiano Sergio Costa l'accordo non detta tempi ed è vago sulla roadmap. Per Nicola Fratoianni non è un accordo storico, c'è la "necessità di individuare strategie, politiche, tempi e vincoli in grado di opporre a questa crisi climatica una via d'uscita che salvi il nostro pianeta". Ma dalla Svezia alla Germania, non sono i soli a mostrare dissenso e a criticare i facili entusiasmi.

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