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La Cop28 va ai supplementari, rush finale per l'accordo

Si tratta nella notte, verso una nuova bozza di compromesso dopo l’impasse sul graduale addio ai fossili

Attivisti fuori dalla Cop28
(Keystone)
12 dicembre 2023
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A Dubai la Cop28 doveva ufficialmente essersi già chiusa. E invece si va ai tempi supplementari, alla ricerca di un accordo di compromesso su una nuova bozza che sia meno ‘deludente’ della precedente. Almeno secondo la maggior parte dei 197 Paesi più l'Unione europea che dal 30 novembre stanno partecipando ai negoziati. L'inviato Usa per il clima, John Kerry, è tra coloro che ammettono progressi nelle ultime ore.

Un nuovo testo è atteso nella notte e in mattinata potrebbe esserci la riunione plenaria per un eventuale approvazione per consenso: non è infatti richiesta una vera votazione, né l'unanimità, tuttavia un via libera vale come impegno. Un fronte ‘ambizioso’ di circa 130 Stati - composto dall'Ue e da varie alleanze che vanno dalle piccole isole-stato agli Usa e l'Australia - ha presentato al presidente della Conferenza Sultan Al Jaber un ‘paper’ con ‘le modifiche’ su tre punti: uscita dai combustibili fossili (phaseout), finanza e misure sugli aiuti.

Muro contro muro

"Vogliamo che questa Cop segni l'inizio della fine dei combustibili fossili", ha affermato il commissario europeo al Clima Wopke Hoekstra, postando su X anche le foto con Teresa Ribera, vice presidente della Spagna (Paese che ha la presidenza di turno dell'Ue) e grande esperta delle Conferenze delle nazioni unite sui cambiamenti climatici, nell'incontro con Al Jaber.


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Il presidente della Cop28 Al Jaber

I negoziati proseguono (il ministro Pichetto e il collega britannico Stuart sono già ripartiti) e nelle prossime ore è attesa una nuova bozza e si vedrà se Al Jaber sarà riuscito a far convergere i cinque petrol-stati dell'Opec (Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait e Russia) che si sono fermamente opposti al phaseout, ingaggiando un braccio di ferro che in alcuni momenti ha fatto ipotizzare ad alcuni osservatori il fallimento di questa Cop. Ipotesi impossibile per la presidenza emiratina, che dall'inizio ha assicurato di volere un ‘accordo storico, in nome della scienza’, che avesse come ‘stella polare 1.5’ gradi centigradi, limite entro cui contenere il riscaldamento globale nel rispetto di uno degli obiettivi dell'accordo di Parigi del 2015.

La reazione dei Paesi poveri

Di fronte all'ultima bozza della presidenza c‘è stata la levata di scudi dei Paesi poveri (quelli africani in particolare chiedono fondi e tecnologia per uscire dai combustibili fossili) e delle piccole isole, che rischiano la propria sopravvivenza a causa dei disastri climatici. E non avrebbero neanche grandi risarcimenti. Il prezzo da pagare per i ricchi Paesi produttori ed esportatori di greggio e gas, sarebbe troppo alto.


Keystone
‘Mai più fossili’

A Doha per una conferenza sulla cooperazione regionale nel settore petrolifero, il ministro del petrolio kuwaitiano Saad al-Barrak ha definito la pressione un "attacco aggressivo", accusando i Paesi occidentali di cercare di dominare l'economia globale attraverso le energie rinnovabili. Secondo il ministro del Petrolio iracheno Hayan Abdel-Ghani, "i combustibili fossili rimarranno la principale fonte di energia nel mondo", "non possiamo eliminare gradualmente l'uso di questa fonte energetica", "come Paesi arabi produciamo questa energia, ma non siamo l'origine delle emissioni", ha sostenuto, scaricando la responsabilità sui Paesi consumatori che "devono sviluppare tecnologie per ridurre le loro emissioni". E qui si inserisce la controversa tecnica di ’cattura e stoccaggio' delle emissioni.

Il dilemma dei 3 gradi

Il nuovo documento, il Global Stocktake, con il bilancio degli impegni di riduzione dei gas serra indicati esattamente otto anni fa a Parigi, conterrà anche le azioni da mettere in campo entro il 2030. Nei precedenti testi, fra l'altro, c'erano due punti stabili: triplicare le rinnovabili e raddoppiare l'efficienza energetica. Questo servirà anche per ridurre del 43% i gas serra entro i prossimi sette anni rispetto al 2019 e correggere la traiettoria attuale delle emissioni che porta a +3 gradi centigradi entro fine secolo, dicono gli scienziati.

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