thailandia

Il popolo vota il governo pro-democrazia, stop dalle élite

Il riformista Pita Limjaroenrat che ha vinto le elezioni non potrà guidare il Paese perché fermato in aula dai senatori nominati dall'ex giunta militare

Il disappunto di Pita Limjaroenrat
(Keystone)
13 luglio 2023
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Aver sbancato le urne non basta in Thailandia se si ha l'establishment contro: Pita Limjaroenrat, leader del partito che ha ottenuto il 38 percento dei voti alle elezioni di maggio con un'agenda riformista, non diventerà primo ministro. Il candidato del partito Move Forward non ha raggiunto la maggioranza nella votazione avvenuta oggi nel nuovo Parlamento a Camere riunite, e ciò perché gran parte dei senatori nominati dall'ex giunta militare hanno votato no o si sono astenuti.

Un colossale rifiuto di assecondare la volontà popolare da parte dell‘élite conservatrice e monarchica abituata a comandare in una Thailandia che ora rischia di ricadere in un vortice di proteste e violenze. Solo 324 parlamentari su 750 hanno dato la loro preferenza a Pita (42 anni). In 182 hanno votato contro, altri 189 si sono astenuti. In totale, solo 13 senatori su 250 si sono schierati con il leader di una coalizione di otto partiti, che alla Camera eletta dal popolo contano su 312 seggi su 500.

Seconda votazione

La settimana prossima ci sarà la seconda votazione: in teoria Pita potrebbe ancora farcela, e lui dice di volerci riprovare. Ma se fallirà di nuovo, com’è probabile, non è chiaro chi potrebbe andare al governo, e alla guida di quale coalizione. L'esito del voto di oggi era nell'aria.

Effetto boomerang

Nonostante Pita avesse dichiarato "sono il nuovo premier" appena dopo il trionfo elettorale, nubi sulle sue chance avevano cominciato ad accumularsi da subito. Ora rischia addirittura di essere estromesso dal Parlamento e interdetto dalla politica con l'accusa di aver violato la legge che vieta il controllo di media, e proprio ieri la Corte costituzionale ha accettato di pronunciarsi sul caso: poco importa che si tratti di una quota infinitesimale di azioni (ereditate dal padre) di una piccola emittente televisiva che non trasmette dal 2007, in un Paese in cui l'esercito possiede canali radio e tv.


Keystone
Un supporter del candidato premier bocciato

Guerra di potere

Il vero crimine di Pita e del suo Move Forward, agli occhi dell'establishment, è voler limitare i poteri dell'esercito e riformare la legge di lesa maestà, che proibisce qualsiasi critica alla famiglia reale ed è stata utilizzata contro centinaia di attivisti pro-democrazia negli ultimi 15 anni. In Parlamento l'opposizione conservatrice è stata chiara: queste richieste sono un attacco all'istituzione monarchica, in una Thailandia in cui il re è considerato semi-divino e al di sopra della politica. E per un'élite al vertice della piramide in un Paese estremamente gerarchico e dalle enormi disuguaglianze, il Move Forward è una minaccia esistenziale.

Voglia di cambiare

Il trionfo elettorale dei giovani deputati del Move Forward mostra però come sempre più thailandesi, in particolare quelli sotto i 40 anni, vogliano un cambiamento. Per loro, il no a Pita di oggi è la conferma che la volontà popolare è ignorata da quelli che chiamano "i dinosauri" e infarciscono l'apparato statale; già stasera all'esterno del Parlamento e in altri punti della capitale si sono formate proteste.

Rischia di ripetersi un ciclo già visto, con prolungate manifestazioni di piazza, provocazioni e occasionali scontri tra fazioni e con la polizia: un'instabilità che in Thailandia spesso è terminata con un colpo di stato, le ultime volte nel 2006 e nel 2014. Un quadro ben lontano dall'euforia che si respirava solo due mesi fa con il trionfo dei partiti pro-democrazia.

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