Estero

I tifosi, Razzi, le star: tutti dietro Silvio ‘uomo del popolo’

Una fotografia della variegata umanità raccoltasi in Duomo per i funerali dell'ex premier: dalla gente comune ai vecchi divi di Mediaset

14 giugno 2023
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Ad Arcore, davanti alla villa di Berlusconi, si nota subito il macellaio di fiducia di Silvio, intabarrato in un paio di bandiere di Forza Italia. Al polso, per non sbagliarsi, al posto dell’orologio ha una fotografia del suo mito. Dice che l’hanno ucciso i comunisti. Lo dice a tutti. Dice anche che quando divorziò con la prima moglie per un mese e mezzo andava tutti i giorni a casa sua. A chi gli dice che è il macellaio dei vip, risponde che lui è un macellaio del popolo, come Silvio era un uomo del popolo.

Il feretro dell’uomo del popolo sta nascosto dietro a transenne e macchine dei carabinieri. La villa è in fondo al viale, irraggiungibile per i comuni mortali, ma anche per Antonio Razzi e Massimo Boldi, arrivati ad Arcore convinti di avere un accesso privilegiato. Appoggiato alla transenna c’è un uomo con la maglia del Milan numero 69: il nome sulla maglia, nemmeno a dirlo, è Berlusconi. Guardi lui, la maglia, il numero, il nome, i carabinieri, Razzi e Boldi sullo sfondo, e sembra che ci sia già il riassunto di tutto, più niente da spiegare. Invece manca ancora il funerale, mancano ancora i saluti degli invisibili che l’hanno votato. Hanno lasciato maglie, sciarpe, ricordi, messaggi per Berlusconi, definito “uomo di pace”, “colui che ci salvò dai comunisti”, “lo zio che non ho mai avuto”. Una strana processione, commossa ma più colorata, più vivace di quel che ti immagini: c’è perfino una sciarpa della Juventus per terra, accanto a fiori e messaggi d’amore di quell’amore che solo lui, tra i politici, sapeva creare. Piangono giovani donne e anziani signori, mentre gli abitanti di Arcore snocciolano tutti i “ti ricordi” possibili, veri o inventati che siano.

La strada che porterà la salma di Berlusconi al Duomo è lunga poco più di mezz’ora: al lato della strada c’è ancora, quasi a ogni angolo, la segnaletica del Giro d’Italia, a fare da cortocircuito, come se ad aspettare Silvio ci fossero due ali di folla come quelle che attendono il passaggio dei ciclisti. Al Duomo l’accento milanese degli abitanti di Arcore non lo senti più, sono arrivati da tutta Italia per salutare l’unico politico italiano con un funerale che è insieme da presidente e da rockstar. C’è chi è arrivato già ieri sera, chi stamattina presto pur di stare davanti, come se dovesse iniziare un concerto, non un funerale. Oltre le sbarre e la polizia si intravedono le prime star decadute una tv che non c’è più, e che aveva inventato lui, Silvio: c’è Marco Columbro che incrocia lo sguardo di Antonio Razzi, l’unico - in una piazza ancora abbastanza vuota da riconoscere chiunque passi in mezzo che non scappa dalle telecamere, ma le cerca. Dice: “Silvio mi ha insegnato tutto, grandi e piccole cose, anche a stare davanti ai giornalisti. Ad esempio non mi chiudevo mai la giacca, ora sì. Ha provato anche a farmi tingere i baffi, ma è l’unica volta che non lo sono stato a sentire”.

Dall’altro lato della piazza parte un coro “Silvio, Silvio”, silenzio improvviso. Un uomo si sgola per dire: Sarai sempre il mio presidente”. Applausi. Siamo solo al riscaldamento, alle band di supporto che tengono impegnata la folla in attesa dell’evento clou, che è un funerale, ma sembra un festa, come se anche il lutto non possa essere una cosa seria fino in fondo per l’uomo che fece del sorriso, dell’ottimismo, il suo marchio. Ci sarà tempo anche per le lacrime. Manca poco all’arrivo di Berlusconi al Duomo.

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