Estero

Unicef: ‘L’indignazione non serve, servono i fatti’

Dopo la morte, causata dal freddo, di un bambino al confine bielorusso, l’Unicef lancia un monito all’Ue: ‘Devono applicare ciò che hanno ratificato’

(Keystone)
19 novembre 2021
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«Tutti i paesi europei hanno firmato la convenzione per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza»; se la notizia del bambino morto di freddo al confine tra la Polonia e la Bielorussia è confermata ora, «non possono solo indignarsi, devono applicare ciò che hanno ratificato. L’Ue ha lasciato morire bambini e bambine in mare, ora lascia morire bambini e bambine di freddo. Non si può più dire ‘basta’, ora ci aspettiamo un gesto concreto». Il portavoce di Unicef Andrea Iacomini ammette di non poterne più di sentire «le parole di indignazione delle istituzioni del mondo che quando accadono queste cose riempiono i giornali di frasi circostanza» e ricorda la vicenda di Aylan, il cui corpicino riverso sulla sabbia divenne un simbolo del dramma dei migranti.

Anche in quel caso tanta indignazione ma nulla di concreto. «Non abbiamo più il diritto di dire ‘basta’, lo devono dire i genitori, i nonni di quei bambini che sono sul confine. Noi europei la parola ‘basta’ non possiamo permetterci di dirla perché non abbiamo fatto nulla per fare in modo che queste cose non accadessero più. Aylan vi sta guardando. Dovete rispondere al padre di Aylan!».

«Tra un giorno – conclude – andiamo a celebrare la carta in cui tutti gli Stati europei e del mondo si impegnavano a non torcere un capello a nessun bambino o bambina, impegno disatteso lasciando che venissero trucidati i bambini in Siria, Yemen, facendoli morire in mare e di freddo. È inaccettabile».

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