Estero

Khamenei condanna Charlie Hebdo

La Guida Suprema iraniana attacca il settimanale satirico francese per la nuova pubblicazione delle vignette su Maometto

8 settembre 2020
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Non si fermano nel mondo islamico le condanne contro Charlie Hebdo. Dopo le accuse di Turchia e Pakistan, è la Guida suprema iraniana Ali Khamenei a scagliarsi contro la scelta della rivista satirica francese di ripubblicare le caricature del profeta Maometto, che l'avevano resa un obiettivo dei jihadisti. Un "peccato imperdonabile", l'ha definito la massima autorità della Repubblica islamica, dopo che il ministero degli Esteri aveva già bollato le vignette come "una provocazione e un insulto" al mondo islamico.

Ma la 'fatwa' pronunciata oggi è ancora più dura. Secondo l'ayatollah Khamenei, la scelta del giornale "ha rivelato l'ostilità e l'odio del sistema politico e culturale occidentale verso l'islam e la comunità musulmana". Nel suo numero della scorsa settimana, Charlie Hebdo aveva replicato le caricature in occasione dell'apertura del processo per le stragi del gennaio 2015 nella sua redazione e al supermercato ebraico Hyper Cacher, che fecero 17 vittime. Un'iniziativa cui ha fatto scudo lo stesso presidente francese Emmanuel Macron, parlando di "una libertà di blasfemia che è legata alla libertà di coscienza". Nel suo messaggio, Khamenei parla invece di "pretesto della libertà di espressione", denunciando come "sbagliato e demagogico" l'atteggiamento dell'Eliseo. "In una congiuntura simile - ha ipotizzato poi la Guida di Teheran - questa mossa potrebbe essere mirata a distrarre l'opinione pubblica dei Paesi dell'Asia occidentale dai malvagi complotti degli Stati Uniti e del regime sionista", riferendosi tra l'altro agli accordi di normalizzazione tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, che aveva già denunciato come un "tradimento" dell'islam.

Altre tensioni si scatenano anche tra Iran e Regno Unito, dopo che un tribunale rivoluzionario ha nuovamente incriminato Nazanin Zaghari-Ratcliffe, la cittadina irano-britannica dipendente della fondazione Thomson Reuters, che dal 2016 sta scontando una condanna a cinque anni di carcere a Teheran per presunto "spionaggio" e "tentativo di rovesciare la Repubblica islamica". Il nuovo processo dovrebbe iniziare domenica, frustrando per il momento le speranze di Londra di un ritorno a casa della donna, che da aprile è in regime di semi-libertà per l'emergenza coronavirus. Una situazione che rilancia anche i timori per la sua salute, da tempo espressi dal marito Richard Ratcliffe.

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