Estero

Gb-Ue: 'Non c’eravamo tanto amati'

Londra si prepara a festeggiare il distacco dopo 47 anni di convivenza problematica. Johnson terrà un discorso alla nazione, poi non gli basterà la propaganda.

E sbatterò anche la porta ©Keystone

Londra –  Non fu vero amore. Ormai anche i più addolorati dall’uscita del Regno Unito dall’Unione europea non possono che fingersi realisti: ciò che avverrà sarà l’esito di 47 anni di una convivenza per molti versi forzata. Che non è così vero, ma lo è parso ai votanti britannici che nel 2016 diedero retta ai propagandisti del nazionalismo insulare e decise il “leave”.

Ci sono voluti oltre tre anni, e  una grottesca discesa della politica britannica nel girone Johnson per arrivare a questa data. E secondo l’ottimismo bugiardo dello stesso Boris Johnson basteranno undici mesi di transizione per regolare tutte le materie di cui si comporranno le nuove relazioni tra le sue sponde della Manica. Nel caso non remoto che quel tempo non basti, e avendo rifiutato Johnson l’ipotesi di chiedere un’estensione dell’interregno, la separazione sarà ’no deal’. Tradotto: un bel casino. Indietro, comunque non si torna. Questione di ore e si ammaineranno l’Union Jack a Bruxelles e il blu stellato a Londra (non a Edimburgo: agli scozzesi non è andata giù).

L’ultimo atto della separazione è stato compiuto ieri nella capitale comunitaria, dove il Consiglio europeo ha firmato l’accordo di recesso, già approvato (a fatica) dal parlamento di Westminster e poi da quello europeo. Niente più trattiene il regno, che sarà un Paese terzo, seppure ancora vincolato dagli obblighi residui contratti nel lontano 1973.
Dopo i cori e le lacrime, di mercoledì all’Europarlamento (“È l’ora dell’addio fratelli, è l’ora di partìiir”), a Londra i preparativi sono quelli della festa tanto attesa dai brexiteer, che non presteranno attenzione alle veglie di lutto dei remainer sconfitti. In ogni caso, un’apoteosi per Johnson, che questa sera terrà un discorso alla nazione presumendo forse di essere il Churchill del terzo millennio.

Solo dopodomani si faranno i conti con ciò che arriverà. Johnson ha assicurato di voler portare il regno fuori dall’Ue, ma non dall’Europa. Una bella formula che forse richiede capacità di visione superiori a quelle di propaganda di cui ha dato sinora ottima prova. Ovvio perciò che seppure più esteso della Manica, Johnson guardi al di là dell’Atlantico, dove spadroneggia il capo di stato che più gli è affine (o che mostra d’esserlo per convenienza). Giusto ieri è arrivato a Londra Mike Pompeo, latore del fastidio di Trump per le aperture di Johnson alla cinese Huawei per le reti 5G. Con Trump, e Johnson dovrà impararlo, vale la norma “amico-amico, affari-affari”. Quali, li decide Washington. Senza più Bruxelles a cui dare la colpa.

Il caso: Edimburgo non ci sta

Edimburgo – Oggi fuori dall’Unione; e domani, chissà, fuori dal Regno Unito. Gli indipendentisti scozesi cominceranno da dopodomani la loro “resistenza” alla Brexit, come aveva promesso la first minister Nicola Sturgeon. 
Si comincia mantenendo esposta sulla facciata del Parlamento locale la bandiera dell’Ue, accanto all’Union Jack britannica e alla croce di Sant’Andrea. Lo ha deciso a stretta maggioranza la stessa assemblea di Holyrood, dopo una battaglia condotta dallo Scottish National Party di  Sturgeon. L’aula ha rovesciato il no di una commissione bipartisan, grazie al voto decisivo dei Verdi Scozzesi all’Snp. 
Il voto ha suscitato polemiche, con la contrarietà non solo dei Tory, ma anche di Labour e LibDem, che – pur ostili alla Brexit – hanno definitio l’iniziativa  puramente dimostrativa e provocatoria, dissociandosi dal tentativo di Sturgeon di legarla alla sfida per un nuovo referendum secessionista. 
Fiona Hyslop, ministra della Cultura del governo locale scozzese a guida Snp, l’ha invece difesa come un semplice “atto di solidarietà verso i 230mila cittadini di Paesi Ue che vivono in Scozia”.

la scheda: Il lungo cammino per condurre a termine la separazione

Da dopodomani ciascuno per la propria strada, ma bisognerà attendere almeno sino alla fine dell’anno perché la separazione tra Regno Unito e Unione europea sia consumata. Entro il 31 dicembre si dovranno regolare i nuovi rapporti su temi quali  il mercato unico, le dogane condivise, la libertà di movimento delle persone, la giurisdizione della Corte di Giustizia europea. E non è detto che il tempo basti. Già dalla mezzanotte prossima, comunque la Brexit lascerà il segno. 
• L’Unione  Da subito l’Ue avrà 66 milioni di cittadini in meno e perderà per la prima volta un pezzo nella sua storia di allargamenti successivi: ritrovandosi con 446 milioni di abitanti e un territorio ridotto del 5,5%. 
• Le istituzioni La caduta dei simboli – via l’Union Jack dai palazzi di Bruxelles, via i vessilli europei dagli edifici ufficiali britannici – chiude un’epoca. Il Regno Unito torna a essere il Paese terzo che era stato fino al 1973, e lascia liberi 73 seggi all’Europarlamento, redistribuiti fra vecchi membri (46) e nuovi membri balcanici (27). Londra rinuncia al suo commissario europeo ed esce immediatamente dai vertici: il primo ministro Boris Johnson non sarà più invitato ai Consigli europei, il suo governo e i suoi diplomatici non parteciperanno più ad alcuna riunione, né e non avranno voce in capitolo nelle decisioni, pur continuando a contribuire al bilancio comunitario sino a esaurimento della transizione. I cittadini britannici vengono inoltre esclusi dai concorsi per posti di funzionari Ue. 
• I diritti Nel Regno Unito risiedono circa tre milioni e 600mila cittadini di Paesi Ue; un terzo i britannici sparsi nel continente. Tutti gli espatriati già registrati come residenti oggi o durante la fase di transizione e fino al 30 giugno 2021, manterranno i diritti odierni neiPaesi di accoglienza. Le cose cambieranno tuttavia per gli ingressi successivi, con la fine della libertà di movimento nel 2021 e l’applicazione di un regime d’immigrazione che nel Regno Unito significherà sostanziale equiparazione fra europei ed extracomunitari, passaporti obbligatori, norme più stringenti per restare a lavorare, visti (pur facilitati) per i turisti.
• Il nuovo negoziato  Esaurite le trattative sulla separazione, il team negoziale europeo di Michel Barnier discuterà le relazioni future con la nuova delegazione guidata da David Frost. I colloqui entreranno nel vivo a marzo, ma Barnier conta su un calendario d’incontri continui. Innanzitutto, i rapporti commerciali: Johnson punta a un trattato di libero scambio con i 27, a “zero dazi e zero quote”; ma i tempi sono stretti, i dettagli tecnici complessi, gli ostacoli e i potenziali conflitti numerosi: l’Ue non concederà a Londra di farle concorrenza “sleale”.

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