Economia

Politica monetaria, banche centrali al bivio

Banca!
(Keystone)

Vacanze terminate per gli investitori, ma anche per le banche centrali. Già a partire da metà mese, le tre principali autorità monetarie dell’Occidente decideranno il futuro livello dei loro tassi di riferimento. Sarà, per prima, la Banca di Francoforte a comunicare il nuovo livello del tasso ufficiale dell’Eurozona. Area in cui il costo della vita è diminuito, ma in misura non soddisfacente, secondo gli analisti e, forse, anche a parere dei membri della Bce deputati a decidere la politica monetaria.

Il calo non soddisfacente è attribuibile alla dipendenza del Vecchio Continente dall’importazione di materie prime, di cui è largo utilizzatore, ma al tempo stesso modesto detentore. Costretto, di conseguenza, a importazioni di materie prime i cui prezzi sono stati sensibilmente aumentati dai Paesi che le detengono. Ne consegue che, con molte probabilità, la banca di Francoforte potrebbe trovarsi a decidere un incremento del tasso di riferimento di 0,25 punti. Valore che corrisponde alla metà dell’aumento di luglio scorso.

Altri step

Poi toccherà alla banca centrale degli Stati Uniti decidere come agire, e le previsioni ipotizzano un nulla di fatto. In sostanza, il valore del tasso di riferimento statunitense, pari al 5,50%, dovrebbe rimanere stabile. Grazie, da un lato, al sensibile calo del tasso d’inflazione e, dall’altro, del rischio che un rialzo ulteriore possa mettere in difficoltà le aziende indebitate, e sono tantissime, con ipotetici, negativi riflessi sulle prospettive di crescita del prodotto lordo statunitense.

Più incerta si presenta la strategia che attuerà la Banca d’Inghilterra. Da un lato, il livello del costo della vita è su valori ancora medio alti, dall’altro la rilevazione più recente ha evidenziato un calo del costo della vita superiore alle previsioni. L’aggressività che Londra ha mostrato negli scorsi mesi potrebbe trovare una pausa. La decisione avrà luogo nel giorno successivo alla riunione della Federal Reserve. Difficilmente il tasso di riferimento di Londra resterà al palo. Non si può escludere che pareggi il livello di quello d’oltre Atlantico, fissandosi al 5,50%, mezzo punto in più rispetto all’attuale dato.

Le idee

Come investire alla luce di queste ipotesi?

La tabella cui fare riferimento è molto variegata. Sia per le monete di riferimento, sia per le caratteristiche di scadenza dei titoli, la cui durata massima è una di quelle classiche, decennale. La scelta di investire in titoli denominati in valute diverse dalla moneta unica rappresenta un’assunzione di rischiosità media, perché i rapporti di cambio si muovono, a volte, in misura anche rilevante. Sia a favore dell’investitore, ma anche di segno contrario. Al tempo stesso, laddove i mercati finanziari dovessero apprezzare in misura maggiore la politica decisa dalla Bank of England e dalla Federal Reserve, il valore delle due divise anglosassoni potrebbe migliorare nei confronti della moneta unica europea. Sul fronte dollaro, in ogni caso, anche il valore di quello australiano e di quello canadese potrebbero eventualmente beneficiare di un andamento positivo della moneta di Washington. In Europa, Norvegia e Svizzera offrono spesso buone ragioni per investire una parte del patrimonio in emissioni denominate nelle loro monete.

L’inserimento in portafoglio di titoli non euro richiede una propensione al rischio superiore alla media. Ragione per cui chi non ama rischiare eccessivamente, è opportuno si rivolga alle emissioni denominate in euro. La durata degli investimenti potrebbe essere suddivisa tra le varie scadenze riportate in tabella, senza dimenticare la durata decennale. La cui quotazione, in prospettiva ravvicinata, potrebbe tendere a diminuire, in virtù dell’incertezza che ancora caratterizza i mercati finanziari, sospesi tra pessimismo relativo al futuro andamento economico globale e ottimismo che origina dalla politica attuata dalle banche centrali che stanno riuscendo a ridurre via via il temibile tasso d’inflazione. E anche dalle rilevazioni economiche che, pur non brillanti come nei mesi precedenti, ancora oggi intravedono possibilità di crescita moderata, ma costante, dell’economia mondiale.

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