Hi-tech

25 anni di Google, un processo guasta la festa

Un altro grande caso antitrust dell’era moderna di Internet

A guastare la festa di compleanno di Google, che la settimana scorsa ha compiuto 25 anni e si appresta a celebrarli alla fine di questo mese, c’è l’inizio del processo in cui il gigante dell’hi-tech è accusato del governo federale di pratiche illecite monopolistiche.

Il processo si apre martedì 12 settembre ed è il primo grande caso antitrust dell’era moderna di Internet, dopo quello contro Microsoft. Per ironia della sorte, quel caso iniziò proprio nel 1998, lo stesso anno in cui Sergey Brin e Larry Page fondarono Google mentre studiavano per il dottorato all’università di Stanford, il cuore della Silicon Valley.

La startup cominciò a operare nel garage di Susan Wojcicki, la futura ceo di Youtube. Il suo primo prodotto, il motore di ricerca, è tuttora la fonte principale del fatturato e dei profitti del gruppo Alphabet, di cui ora Google fa parte: è arrivato a dominare il mercato della ricerca online con il 90% di quota negli Stati uniti e il 91% a livello globale, secondo la società di analisi Similarweb.

L’evoluzione

Cercare informazioni online con Google è così popolare e pervasivo che è diventato un verbo, entrato nel vocabolario, non solo inglese. E alla ricerca è collegato ovviamente tutto il business della pubblicità, a cui si sono aggiunti via via gli altri prodotti: Gmail, Google maps, YouTube, il sistema operativo per cellulari Android, il browser Chrome, i cellulari Pixel, Google translate, applicazioni per il lavoro in ufficio, i servizi nella nuvola e quelli basati sull’intelligenza artificiale. L’azienda dispone oggi di 15 prodotti, ciascuno usato da più di mezzo miliardo di persone e aziende, e sei prodotti che servono ciascuno a più di 2 miliardi di utenti. Solo il sistema operativo Android funziona su tre miliardi di dispositivi nel mondo.

In un quarto di secolo Google — che si è quotata al Nasdaq nel 2004 — è diventata la terza società per capitalizzazione alla Borsa americana: oggi vale 1,7 trilioni (1.700 miliardi) di dollari. Più grandi ci sono solo Apple (2,8 trilioni) e Microsoft (2,5).

Ebbene, l’accusa del ministero della Giustizia americano è che Google è arrivata a questo livello grazie a pratiche monopolistiche che hanno cementato il suo dominio sul mercato, schiacciando la competizione. In particolare sotto accusa sono gli accordi di Google con Apple, Samsung e altre società per piazzare il suo motore di ricerca come default sull’iPhone e su altri apparecchi e piattaforme.

L’inchiesta antitrust su Google era partita nel 2019 sotto la presidenza Trump. Il governo ha fatto causa alla multinazionale nell’ottobre 2020. «Due decenni fa, Google diventò il cocco di Silicon Valley, una startup con un modo innovativo per fare ricerca sull’emergente Internet. Quella Google non c’è più da molto tempo», ha scritto il ministero della Giustizia nella sua querela. E ha aggiunto che Google si è comportata in modo simile alla Microsoft degli anni Novanta, quando il gigante del software installò il suo browser come default del sistema operativo Windows, annichilendo i concorrenti.

La causa contro Microsoft si era chiusa con un accordo che non ha portato a un ridimensionamento della società di Bill Gates. La nuova causa contro Google metterà alla prova le leggi anti monopolio nate alla fine dell’Ottocento contro i magnati delle ferrovie e dell’acciaio. La grande domanda è se sono adatte all’era di Internet e dell’Intelligenza artificiale. Un’altra domanda è se l’antitrust debba perseguire pratiche che danneggiano i consumatori o che danneggiano la competizione.

Il capo del team legale che difenderà Google in tribunale, Kent Walker, sostiene che se la legge «rende più difficile per le aziende offrire ottimi prodotti e servizi ai consumatori, sarà peggio per tutti». Secondo la difesa i consumatori possono cambiare il default sui loro apparecchi e scegliere altri motori di ricerca, e il dominio di Google è dovuto solo alla sua superiore qualità.

Il processo dovrebbe durare dieci settimane e il suo esito potrà avere ampie conseguenze su tutti i Big dell’hi-tech, cresciuti finora senza freni.

Il futuro

Di tutto questo il ceo di Google e di Alphabet, Sundar Pichai non fa cenno nella sua lettera aperta, appena pubblicata, di riflessione sulla storia della società e sul suo futuro. Dopo aver ricordato quanto Google ha reso più facile la nostra vita, Pichai si focalizza sulla sfida dell’intelligenza artificiale, che è al centro delle prospettive di ulteriore sviluppo del suo gruppo.

Google oggi è al terzo posto, dopo Amazon e Microsoft, nel mercato del cloud business, i servizi remoti (nella nuvola) di immagazzinaggio e gestione dei dati offerti via Internet. Ora vuole recuperare terreno potenziandoli con l’AI. Lo stesso Sergey Brin, uno dei due fondatori, sta lavorando a tempo sul modello Gemini che sarà offerto ai clienti aziendali di Google cloud: è la risposta di Google al sistema di AI sottostante il ChatGPT di OpenAI. Alcuni hanno già soprannominato ChatGPT il killer di Google, per il modo in cui risponde alle domande degli utenti bypassando i motori di ricerca

«Guardando al futuro — ha scritto Pichai nella sua lettera aperta — ho riflettuto sull’impegno contenuto nella lettera originale dei nostri fondatori nel 2004: sviluppare servizi che migliorino la vita di quante più persone possibile, fare le cose che contano. Con l’intelligenza artificiale abbiamo l’opportunità di fare cose che contano su scala ancora più ampia».

Ha aggiunto che «un milione di persone utilizzano già l’intelligenza artificiale generativa in Google Workspace per scrivere e creare». E ha citato in quanti nuovi campi Google potrà offrire i suoi servizi di AI: dalla scuola all’energia, dell’agricoltura ai trasporti. Sempre che il ministero della Giustizia Usa non gli metta i bastoni fra le ruote.

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