La recensione

Il metodo pirandelliano secondo il dott. Rossi

Paolo Rossi visto al Lac in ‘Da questa sera si recita a soggetto!’, in nome e per conto del ‘teatro partecipato’: gran bella serata

‘Vorrei morire sul palco, come Molière!’
(Laila Pozzo)
2 febbraio 2024
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Il pubblico sta prendendo posto in platea. Trova il sipario già aperto e Paolo Rossi che si sta sbracciando per dare istruzioni alla sua ciurma, attori musicisti e tecnici. Stanno provando la messinscena di ‘Leonora, addio!’. Un lavoro poco conosciuto di Lugi Pirandello, pubblicato nel 1910 e che finirà poi nella raccolta ‘Novelle per un anno’, prima di essere ritoccato per dar vita al ben più celebre ‘Questa sera si recita a soggetto’. Dà inizio alle danze un’attrice della troupe, Armida, che davvero recita a soggetto, curiosamente con un marcato accento veneto che non può non rimandare a Goldoni: “Il pubblico svizzero è freddo? Portiamolo in discoteca e poi vediamo: gli faremo dimenticare l’odore di naftalina del paletot preso in prestito dallo zio, che abbandonerà presto per finire vestita come me… stile gipsy-punk!”.

La sua danza sfrenata è interrotta da un tuttologo che vorrebbe spiegarci “il metodo Pirandello”, mentre in realtà sembra un imbonitore televisivo. Difatti ha appena piazzato un montascale a un povero cristo che abita in un monolocale al pianterreno! Repentino cambio di scena ed eccoci in un cabaret berlinese. Pirandello soggiornò invece a Bonn, dove si laureò in filologia romanza nel 1891, discutendo la sua tesi sui dialetti agrigentini (Laute und Lautentwicklung der Mundart von Girgenti). Ma poco importa: c’è comunque aria di Lola Lola/ Marlène, sottolineata dalla musica di Kurt Weil. Armida, la ballerina che ha appena sorpreso il pubblico irrompendo in scena dalla platea, si vede interrotta la sua performance dal dott. Rossi. Intenzionato anch’egli a spiegarci come funziona il metodo pirandelliano, la prende da lontano: “I complottisti sono coloro i quali raccolgono storie ideate da altri per poi ricamarci sopra facendole proprie!”. Inizia così un rimpallo tra finzione e realtà (questo davvero pirandelliano) che coinvolge anche il pubblico: uno spettatore, scelto davvero a caso, sale sul palco per calarsi nei panni di un avventore, finito nel mirino di una sciantosa che vorrebbe sedurlo per arrotondare i suoi guadagni. Qui il gioco si fa peso, direbbe Guccini. Chi siamo davvero noi, confusi tra uno nessuno e centomila? Però guai ad abbandonarsi alla tristezza: poche note della chitarra di Georges Moustaki bastano a ricordarci che non saremo mai soli “avec nos solitudes”. Prendete San Giuseppe, suggerisce il capocomico/regista: si è visto sedotta la mogliettina Maria, ma non ha fatto una piega, preferendo abbandonarsi anch’egli a quella “luce misteriosa che siamo soliti chiamare Spirito Santo”.

‘Vorrei morire sul palco, come Molière!’

Il dott. Rossi si rivolge infine direttamente al pubblico, riflettendo in modo metateatrale: “Che cosa significa stare su un palco, che vuol dire recitare? In tante lingue viene tradotto con giocare: spielen, jouer, play… Per noi il teatro significa risvegliare l’anima spenta di chi non sa più ricordare, facendogli dimenticare ombre, paure e tutti i fantasmi che ci tormentano”. Una chiara dichiarazione d’intenti che non lascia indifferente il pubblico del Lac: si risponde con un sentitissimo applauso, anche per esorcizzare l’ultima frase del mattatore: “Vorrei morire sul palco, come Molière!”. L’imbonitore/tuttologo (il quale – naturalmente! – si guarda bene dal rivelarci i segreti del metodo pirandelliano…) torna in campo, stavolta per invitare il pubblico a cantare e ballare sul palco con tutta la troupe. È l’apoteosi di quel “teatro partecipato” cui Rossi tende da sempre (in teatro e in Tv), ispirato dai suoi Maestri: Enzo Jannacci e Dario Fo in primis. Parecchi spettatori accolgono l’invito e si scatenano dimenandosi sulle coinvolgenti note di Elvis e della sua ‘A little less conversation’.

Pirandello, Rossi e poi Presley: gran bella serata!

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