Ma che musica, Maestro

Si sta come d’estate in piazza le sedie, fermi o quasi per non boccheggiare. C’è il clima tropicale della Locarno di fine giugno, invasa da svizzerotedeschi in ciabatte poco ungarettiane e cosce già arrostite in riva al lago, umanità che colpisce ogni qualvolta si supera il Ceneri estivo. Almeno fino a quando cala il sole e la Locarno by night decisamente meglio vestita si tuffa in eventi musicali a sé, molto oltre l’open air german-pop che arriverà presto (lo dicono i manifesti).

Più forte della querelle Chatrian, più forte dei semafori intelligenti (o presunti tali), in una settimana in cui il Locarnese ha deciso una parte del suo futuro artistico e non, i 60 anni di musica di Ennio Morricone vanno in scena per volere e merito di GC Events sui molti metri quadrati di palco allestito in Piazza Grande, calpestato con rigore classico da centinaia di strumentisti in prova già verso le 17, con ampie garanzie di ombra. Forse un malato di socializzazione, oppure qualcuno che non vuole credere che in scaletta non c'è ‘Se telefonando’ (Morricone la scrisse per Mina nel periodo ‘Canzonette’), fa squillare il suo smartphone pochi secondi dopo l’inizio della ‘Leggenda del pianista sull’oceano’, con cui si apre il concerto.

C’è tutto il mondo seduto. Le facce sono “svizzere e anche un po’ meridionali” (gli avessimo citato i Pooh, nell'intervista romana, il Maestro avrebbe chiesto per noi la radiazione dall'ordine dei giornalisti). Le facce spagnole, invece, sono tutte in Piazza Remo Rossi ad applaudire davanti al maxischermo altri direttori d’orchestra con la palla al piede (non in senso lato). Ma a coprire il gol della 'Roja', nella più Grande delle due piazze, ci sono già gli archi e i timpani della ‘Tarantella’ di ‘Baarìa’, e nessuno se ne accorge. Ci sono anche le facce italiane. Di fianco a noi, tale Bussenghi dice che Morricone gli piace «perché ha fatto le musiche di film in cui ci sono i duelli, quelli che io combatto ogni giorno alla dogana di Bizzarone». Poco più in là, ma non tanto, c’è il ticinese Flavio Sala, che Morricone non se lo sarebbe perso per niente al mondo, ma quasi perdeva il treno per Locarno.

L’orchestra ci aveva messo 10 minuti a comporre quella che sembra un’isola di 200 anime arroccate su una collina, con il coro in cima a godersi il panorama. Il lago quello vero alle spalle, e davanti quello delle cinquemila increspature la cui standing ovation iniziale diventa un’onda riconoscente. Diviso in temi, il programma va da ‘Fra sogno, favola e cronaca’ (‘Bugsy’, H2S tra le molte) al ‘Mito del cinema di Sergio Leone’, nessuna esclusa.

Sull’incedere di ‘L’ultima diligenza per Red Rock’, il suo Oscar non ‘alla carriera’ per il Tarantino di 'The Hateful Eight', il Maestro torna sul palco dopo una pausa di 20 minuti. Di stautetta in statuetta si arriva a ‘Nuovo Cinema Paradiso’, l'Oscar di quello che lui chiama Peppuccio (Tornatore). Per la sezione ‘Cinema dell’impegno’, scorrono con tutta l’intensità dei baci proibiti del film precedente ‘La luz prodigiosa’, ‘La battaglia di Algeri’, ‘Sacco e Vanzetti’, ‘Sostiene Pereira’. Su ‘Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto’, un velivolo sospetto (e stonato) attraversa il cielo. Ma non è il solito drone.

L’ultima sezione si chiama come l’Oscar sfumato, ‘The Mission’, nelle tre parti di ‘Gabriel’s oboe’, ‘The Fall’ e ‘On earth as it is on heaven’. Così, in anticipo di un mese e mezzo, senza un direttore artistico, Locarno ha già avuto il suo Festival del Cinema. «Scrivere musica è il mio mestiere, è quello che mi piace e l’unica cosa che so fare», diceva tempo fa Morricone parlando di sé. Sarà anche l’unica cosa che sa fare, ma che musica, Maestro. E ci perdoni la canzonetta.