Culture

Con ‘Almost Married’ siamo invitati a un matrimonio da varietà

Nel lavoro di fine Bachelor all'Accademia Dimitri il teatro si sposa con la danza, la musica e il movimento. Ce ne parla Céline Rey, regista

(Konstantin Demeter)
13 luglio 2023
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Gli studenti dell’Accademia Dimitri ci invitano a un matrimonio. Ma non ci si aspetti una cerimonia classica in ‘Almost Married’, lavoro di variété che conclude i tre anni di Bachelor of Arts. Potrebbero c’entrare nonni e scambi di promesse, ma niente di tradizionale nel senso più tradizionale del termine. «Ciò che portiamo in scena è una sorta di patchwork – ci dice Céline Rey della compagnia Les Diptik che cura la regia –. Non è una storia narrativa. Piuttosto ci si trova immersi in un ambiente un po’ onirico, nel quale appaiono momenti e ruoli legati al matrimonio; scelta che rispecchia anche una delle caratteristiche del variété, ossia quella di non raccontare una realtà, bensì di proporre circostanze una accanto all’altra».

‘Almost Married’ (produzione dell’Accademia Dimitri) sposa il teatro con la danza, la musica e il movimento in una varietà di stili, lingue e storie diverse. L’idea di creare uno spettacolo partendo dal tema del matrimonio, «ci è venuta in quanto si tratta di una situazione in cui, di norma, sono presenti molti personaggi diversi; c’è un ambiente di festa, di riturale e di tradizione. Ci sembrava inoltre interessante proporre questo argomento ai giovani, per i quali le relazioni (anche amorose) sono una tematica molto forte. In tal senso, la rappresentazione è anche una sorta di indagine su quale senso abbia ancora la tradizione per questa generazione. Indagine che facciamo attraverso varie scene di stili e arti diverse (come vuole appunto il varietà) che ci permettono di avere un quadro dei tanti possibili aspetti del matrimonio».

Illustrata la tematica scelta, Rey e Melendy hanno chiesto agli studenti di portare delle loro proposte «e poi li abbiamo accompagnati nel mettere in scena le loro idee. Ad esempio ognuno ha sviluppato un personaggio particolare, anche attraverso lavori di improvvisazione»; mentre i numeri di gruppo che coinvolgono l’intera classe sono stati creati dalla compagnia. Più che un personaggio vero e proprio gli studenti Candice Bogousslavsky, Salomé Coquoz, Tal Erev, Andrina Hauri, Anaïs Lhérieau, Zoe Notartomaso, Filippo Randi, Liam Rooney, Jolan Van Beek, Rosalie Völlmin e Simon Wahl «interpretano dei ruoli, che non sono per forza, per dirne alcuni, lo sposo o il nonno o il parroco».

Gli studenti – aggiunge Céline Rey – hanno apprezzato il concetto e potuto sviluppare idee. «Li abbiamo trovati ricettivi in merito all’argomento attorno al quale ruota il lavoro di fine Bachelor. Credo che il significato che può avere una relazione e come si assume il matrimonio in una società che ne mette sempre più in discussione la necessità o perfino il senso, per questa generazione siano tematiche che contano. Molte coppie giovani non danno più un grande valore al matrimonio, però continuano a dar valore all’amore e alle relazioni».

La première di ‘Almost Married’ (coreografia di David Labanca e musica di Dario Miranda) è in cartellone venerdì 14 luglio al Teatro Dimitri (ore 20). Sempre a Verscio sono previste repliche il 15, 16, 20, 26, 31 luglio e l’1, 5, 8, 12, 15, 30 agosto; in Ticino lo spettacolo verrà proposto anche il 21 luglio in Piazza ad Avegno e il 25 luglio al parco Orselina (evento gratuito).

L’arte clownistica: non solo circo

La compagnia Les Doptik è nata dall’incontro di Céline Rey e David Melendy durante i loro studi di Physical Theatre all’Accademia Dimitri. Rey e Melendy dal 2013 sono diventati un duo di clown, portando avanti la loro passione per l’arte della clownerie e consolidando la loro complicità sul palco.

Spesso abbinata al mondo circense, l’arte della clownerie – illustra Rey, nata a Friborgo dove tutt’oggi lavora – è «anche molto altro. Nella nostra compagnia facciamo un genere di clown piuttosto pensato per contesti teatrali e non più legato, come in passato, al circo, alla giocoleria e all’acrobazia. Certo, rimane un’arte in cui corporalità e fisicità sono parecchio coinvolte; però non tanto in senso performativo, quanto per dare corpo ai personaggi. Caratteristica del clown è quella di cercare l’essenza di taluni aspetti dell’essere umano; spingendoli tanto all’‘estremo’ da arrivare a qualcosa di comico, che poi rispecchia le fragilità umane». Alla clownerie, racconta, è arrivata «anzitutto perché mi piace. Inoltre è un’arte che mi ha sempre toccata nel profondo. Da sempre, sento che un personaggio rappresentato da un clown mi ‘parla’ maggiormente e spesso mi porta a riflettere di più, di quanto non sappia fare ad esempio un dramma. Attraverso le risate è possibile aprire la porta di un luogo dentro di noi che non è solamente intellettuale, bensì pure emozionale. È un aspetto, questo, che amo lavorare sul palcoscenico».

Per Céline Rey, l’arte della clownerie continua a suscitare interesse «e non unicamente tra i giovani. I workshop che proponiamo con la nostra compagnia sono frequentati da persone di ogni età e di formazione diverse, arrivano anche dei manager. La forza di questa forma di espressione è il fatto che permette di non essere perfetti e di lavorare con i propri difetti».

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