laR+ Teatro dell’architettura

‘What Mad Pursuit’ (tu chiamale se vuoi intersezioni)

Tra spazio rappresentato ed espositivo con le immagini di Aglaia Konrad, Armin Linke e Bas Princen. A Mendrisio, nella creatura di Botta, fino a ottobre

A. Konrad - Shaping Stones (Grande Dixence, 2012)
7 aprile 2023
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Che folle inseguimento. ‘What Mad Pursuit’. I lavori fotografici di Aglaia Konrad, Armin Linke e Bas Princen, nel progetto così denominato, occupano il Teatro dell’architettura Mendrisio interagendo con gli spazi e tra omologhi, nella mostra appositamente pensata per la creatura di Mario Botta. La ‘follia’ gestita da Francesco Zanot, curatore, è l’esplorazione del rapporto tra architettura e fotografia, e il rapporto tra quest’ultima e il contesto in cui viene mostrata, con gli annessi e connessi prodotti dall’intreccio tra soggetto ed esposizione. Le 50 opere, nate in luoghi e momenti diversi, e con intenti diversi, sondano le intersezioni tra spazio rappresentato ed espositivo.

Riflessioni

«E in effetti, ‘Intersections’ poteva essere il nome di questa mostra», spiega Zanot nell’incontro con la stampa, a poche ore dall’inaugurazione pomeridiana tenutasi ieri. La mostra, promossa dall’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana, resterà aperta sino al 22 ottobre di quest’anno. «Una mostra di arricchimento, non solo per studenti».

La definizione è di Walter Aragonese, direttore dell’Accademia, qui alla prima mostra non-Blumer (Riccardo, suo predecessore). «Questa esposizione è nata la scorsa primavera da una serie di conferenze aventi come obiettivo la riflessione sulle discipline che ruotano attorno all’architettura: Aglaia Konrad era tra gli ospiti. La conosco da decenni, stimo Linke, e Princen, tre fotografi diversi con passati e approcci differenti. Da questa vicinanza emerge, in questa mostra, non tanto la ricerca di un fil rouge, quanto piuttosto la scelta di un collezionista che raccoglie opere d’arte e poi cresce intellettualmente con esse».

Opere d’arte, le fotografie, in cui «riscoprire il valore di uno sguardo riflessivo, nel nostro mondo frettoloso. La fotografia artistica è lo strumento che ci deve guidare in questa impresa. Lo sguardo frettoloso ci impedisce di scoprire la realtà e di leggere criticamente il mondo in cui viviamo».


B. Pincen - Detail #2 (Progress of the Chrystal Palace, London 1855)

Verifiche

«‘What Mad Pursuit’ è il risultato di un processo di collaborazione con e tra fotografi, ma anche una riflessione sull’essenza stessa della collaborazione. È anche una verifica, concetto centrale in ambiti di fotografia». Zanot cita il fotografo italiano Ugo Mulas e le sue ‘Verifiche’, serie d’immagini con le quali sondò il mezzo stesso da lui utilizzato; Zanot cita anche Francis Crick, perché il titolo dell’esposizione viene dal libro pubblicato nel 1988 dal britannico co-scopritore della struttura del Dna: «Al suo interno sta una frase cruciale sulla priorità della contaminazione sulla purezza, della moltitudine sull’unicità. La vivacità che scaturisce dalla mescolanza, dal meticciato, si esplora in questa mostra».

Per dovere d’informazione, la frase in oggetto è la seguente: “In natura le specie ibride sono generalmente sterili, ma nella scienza è spesso vero il contrario. I soggetti ibridi sono molte volte eccezionalmente fertili, mentre se una disciplina scientifica rimane troppo pure è destinata a deperire”.


A. Linke - Wittgenstein House

Adesioni

Due i piani espositivi, nel senso fisico della struttura. Negli spazi circolari le opere si guardano, a volte reagiscono, tra di esse o con la struttura ospitante. È il caso di quelle di Aglaia Konrad, che aderiscono alle pareti del Teatro, ove sono applicate. Sono le immagini di ‘Shaping Stones’, esposizione fotografica i cui soggetti – manufatti provenienti da epoche e luoghi diversi – acquisiscono materia ricalcando quella sottostante.

Altrettanto fa, più distaccatamente, Armin Linke, la cui ‘coreografia installativa’ va in scena sfruttando le caratteristiche architettoniche dell’edificio, adeguandosi o enfatizzandone ritmo, materiali e tecnica. Linke pesca da un archivio personale che va dagli anni Ottanta a oggi per costruire una nuova narrazione, conferendo nuove funzioni agli elementi tecnici del Teatro (i fori attraverso i quali scorreva il fil di ferro atto a reggere le casseformi nel processo di costruzione).

Bas Princen, infine, dal lavoro a strati, riflette sulla propria pratica dividendosi tra ingrandimenti a dismisura di particolari tratti da immagini preesistenti, alterazione della scala dell’originale (generalmente orientato verso la miniaturizzazione) e il conferimento di rilievo e volume ai soggetti fotografati grazie alla stampa su carta di riso (tutte le informazioni su www.tam.usi.ch).

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