Fumetto

‘Scarabocchi’ secondo Pau

‘Bipol Art’, Fino al 4 giugno alla Marco Lucchetti Art Gallery di Lugano, la voce dei Negrita nella bi-personale con Simone Bianchi

Paolo Bruni, aka Paul

Pau_scarabocchia. L’ha chiamata così la pagina Instagram dove, durante la pandemia, preso da angosce, insofferenza, ansia e noia ha iniziato a postare le sue opere. Scarabocchiare e non disegnare o dipingere. Attenzione però, questo verbo in bocca a un musicista uscito dalle cantine non va interpretato come svogliatezza o imperizia. Da uno che agita la matita ascoltando i Clash, va letto come una dichiarazione d’intenti, forse un piccolo manifesto politico. Il punk si vantò del fatto che riusciva a fare arte e politica con tre accordi e tanto atteggiamento, concentrandosi sul messaggio senza nascondersi nella forma.

Ecco, quella cosa se l’hai fatta tua, anche a distanza, nella tua camera tappezzata di poster in provincia di Arezzo, se ti entra dentro con il suono e ti invade cuore e mente, se la fai tua, non ti lascia più. Non è questione di sindrome di Peter Pan, parlo di un atteggiamento nei confronti della vita. Significa costringere gli altri a prenderti seriamente con le tue azioni e non autoproclamandoti artista.

Scarabocchiare è l’unico verbo che un artista con questo imprinting può usare per presentarsi al mondo, offrendoti margine per poter dubitare, consapevole che la sua rincorsa è talmente lunga e potente che l’impatto sarà inevitabilmente avvertito. Attenzione quindi, perché non si tratta né di autodenigrazione, né di falsa modestia, ma è la concessione dello spazio necessario per assorbire l’urto. Pau è poi uscito da quella stanza e con i Negrita ha setacciato il mondo, per una manciata di decadi, alla ricerca di suoni e storie da intrappolare nei loro dischi. Non contento, quando scendeva dai pulmini a fine tour, caricava la famiglia su un camper e tornava sui luoghi visti solo di sfuggita tra una data e l’altra per approfondire e capire meglio, rivisitandoli con calma per parlare con le persone e non con i fans. Sarebbe quindi riduttivo tracciare una linea breve tra musica e pittura.

La lingua dei Rolling Stones, la banana dei Velvet Underground, i comics sulle copertine di Frank Zappa e gli alieni di H.R. Giger su quello degli EL&P, sono iconografie che Pau è andato poi a cercare di persona. Il cavo lungo del microfono lo ha portato fino al tavolo di un bar di Buenos Aires, tra i murales del La Boca, dove sorseggiando Mate ha interrogato il barista e chiunque gli capitasse a tiro, indagando sulle storie nascoste dietro a quelle bombolette spray che hanno colorato l’intero quartiere. È la curiosità che spinge Pau in avanti. Sempre il capo fila, l’impaziente che scappa dallo studio di registrazione per andare alla scoperta del mondo lì fuori. Partendo sempre dal basso così da poter poggiare impressioni e teorie su un ventre pulsante. Parte dalle favelas e solo dopo si siede al tavolo dei banchetti di benvenuto organizzati dalle autorità locali. E a quel tavolo Pau berrà sempre uno spritz in più dei suoi commensali, non per competizione ma per sete di vivere, fino in fondo, e sempre un po’ di più dello stretto necessario. La stessa urgenza che tra una registrazione e un concerto lo trascina al MoMA a mettere il naso a un centimetro dai Warhol, o a giocare con i fantasmi di Salvador Dalì a Figueres, e che in lockdown gli fa venire il prurito alle mani e la voglia di iniziare a scarabocchiare. Con una bic e un foglio di carta sul quale aveva magari iniziato a scrivere un testo per un brano dei Negrita. Poi l’escalation. In breve, lo studio sempre pieno di chitarre e quaderni con i testi, la stanza piena di suoni si riempie del profumo di colori e inchiostri.

"Solo un anno fa non avrei mai pensato di poter essere invitato a esporre le mie opere a Lugano. Mi rende felice in un momento storico dove è difficile parlare di felicità. È la mia prima mostra fuori dai confini italiani, quindi motivo di orgoglio, anche perché è una bi-personale fatta con Simone Bianchi, una delle migliori matite italiane della Marvel e DC Comics."

Avviene tutto velocemente. Con irruenza. La modalità collaudata dalla quale non può prescindere. La sua natura non glielo permette. Arriva sempre prima il colpo. La delicatezza è qualcosa meno evidente, disponibile solo a chi si prende la briga di aspettare e guardare più a fondo. Un po’ come le onde dell’oceano prese in faccia in una spiaggia del Brasile, ti sbattono a terra e solo dopo ti carezzano con la risacca. La sua metà della Bipol Art, la mostra che porta presso la galleria Lucchetti, è dissacrante. Prende dei personaggi storici del fumetto della prima metà del ’900, li ingoia, li digerisce e li ripropone a modo suo, così come ha fatto per trent’anni musica, saltando e sudando sui palchi urlando in faccia alle prime file quel che aveva da dire.

"È iniziato tutto durante la pandemia con i Negrita in pausa forzata, ho avuto una full immersion nella pittura. Cerco di sfruttare tutti i momenti che posso e quando con i Negrita potremo finalmente tornare a lavorare, dovrò fare i conti con questa nuova passione, che di fatto, posso considerare il mio secondo lavoro."

Pau non ha impugnato il pennello come un microfono. Meglio però prestare attenzione a chi, abituato a prendersi il centro del palco a gambe divaricate, tese, e la mano ferma sul microfono, mentre con gli occhi ti cerca tra la folla, si presenta in punta di piedi e sguardo sfuggente, con degli scarabocchi in mano. Uno come lui sa bene che il rock, come le virtù, non si dichiara, si fa, quindi meglio guardarsi dietro ed essere sicuri di avere un paio di metri per assorbire l’impatto.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔