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Carobbio: ‘Ci sono dei confini che non vanno oltrepassati’

La direttrice del Decs a tutto campo su sciopero, manifestazioni, scuola, difesa del servizio pubblico: ‘Il mio impegno c'è sempre stato e sempre ci sarà’

‘Di fronte a una situazione difficile è indispensabile ascoltare e parlarsi’
(Ti-Press)

Era da poco terminata la manifestazione dei sindacati a seguito dello sciopero dei dipendenti pubblici di giovedì, in protesta contro i tagli previsti nel Preventivo 2024, quando la direttrice del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport Marina Carobbio, da noi interpellata, ha deciso di distanziarsi dalla posizione del Consiglio di Stato. “Poco comprensibile”, aveva scritto il collegio riferendosi allo sciopero in una nota diffusa alla stampa. “È comprensibile la preoccupazione dei manifestanti e dei docenti”, disse invece Carobbio. Che, a colloquio con laRegione, spiega: «Lo sciopero è un diritto garantito sia dalla Costituzione svizzera sia da quella ticinese, e viene usato in casi eccezionali. Si pensi allo sciopero delle Officine, che dapprima fu visto con scetticismo da alcuni e poi, grazie agli operai, alle loro famiglie e in seguito a tutto il cantone, permise di evitare lo smantellamento previsto dalle Ffs. O ancora lo sciopero delle donne, che ha voluto sottolineare le disparità a livello formativo e salariale e il problema della violenza di genere. Queste preoccupazioni vanno prese sul serio».

Qual è il messaggio che lei recepisce dalla piazza?

Le tre manifestazioni, con un numero importante di persone in corteo in un lasso di tempo relativamente breve, mostrano una forte preoccupazione delle dipendenti e dei dipendenti pubblici ma non solo, perché a manifestare c’erano anche tante persone che non lavorano direttamente nel pubblico, persone preoccupate per il futuro del servizio pubblico, della sanità, della formazione… Cittadine e cittadini consapevoli del fatto che questi sono settori centrali per il futuro del Cantone. È importante che la politica e il Consiglio di Stato dialoghino con i sindacati, le associazioni, le persone in piazza. Di fronte a una situazione finanziaria difficile è indispensabile ascoltare e parlarsi, per lavorare appunto in difesa del bene comune.

Da noi intervistato subito dopo la fine degli interventi in piazza, il copresidente socialista Fabrizio Sirica ha espresso parecchi timori sulla possibilità che la frattura sociale tra istituzioni e società si allarghi sempre più fino a diventare insanabile, con tutto quel che ne consegue. Condivide questa preoccupazione?

Condivido questo timore. Perciò ritengo che sia compito del governo e delle forze politiche dialogare, ascoltare e prendere sul serio le preoccupazioni delle persone. Quelle espresse in queste mobilitazioni riguardano il futuro del Ticino, del servizio pubblico. Per questo dico che bisogna ascoltare, altrimenti aumenterà la distanza tra la politica istituzionale e chi fuori dal Palazzo esprime apprensione per settori fondamentali dello Stato. Le manifestazioni rientrano tra l’altro nell’alveo di una legittima preoccupazione per quanto riguarda il potere d’acquisto che sta calando, mentre i premi di cassa malati sono sempre più alti e insostenibili. E una dimostrazione di questo sentimento è stata l’ampia vittoria dell’iniziativa popolare per la 13esima Avs domenica.

Iniziativa in cui si era notato l’imbarazzo della consigliera federale socialista Baume-Schneider che, portando la posizione del collegio, invitò a non sostenerla. Lei ha provato imbarazzo a difendere in Gran Consiglio le misure della manovra di rientro presentate dal Consiglio di Stato riguardanti il suo Dipartimento?

Da un lato ci sono i valori e le posizioni politiche che difendo, che credo siano chiare e coerenti. Dall’altro ci sono consapevolezza e assunzione di responsabilità legate al ruolo che occupo all’interno del governo. Un governo composto da sensibilità diverse che dibattono, si confrontano sul ruolo dello Stato, sulla necessità di un equilibrio tra uscite ed entrate, e poi confluiscono in una presa di posizione collegiale. È però chiaro che ci sono confini che toccano il servizio pubblico, che comprende la scuola ma anche molto altro, che, se oltrepassati, fanno molto male alle cittadine e ai cittadini, portando a un peggioramento della qualità delle prestazioni e dei servizi a loro rivolti. Una qualità, in particolare quella della scuola, conquistata a fatica e con minori risorse investite rispetto ad altri Cantoni. Il mio impegno affinché questi confini non vengano superati c’è sempre stato e sempre ci sarà.

Quali linee rosse non dovranno essere superate dal suo punto di vista nel Preventivo 2025 e le ulteriori misure di risparmio prospettate?

Come direttrice del Decs e membro del governo sono preoccupata per la situazione in cui ci troviamo. Chi prende decisioni politiche deve essere consapevole che i provvedimenti che colpiscono il servizio pubblico non sono indolori e hanno conseguenze reali su cittadine e cittadini. Le misure di risparmio non possono essere ridotte a un mero esercizio contabile: la politica deve mantenere una visione d’insieme sulle esigenze e le priorità del Paese.

Lei ha votato assieme agli altri consiglieri di Stato la manovra di rientro presentata lo scorso ottobre?

Come già detto, nel governo ci sono sensibilità diverse. Nel nostro sistema politico ci si confronta all’interno del governo. Sono in politica da tanti anni, e sono conscia che ora il mio ruolo è diverso da quando ero consigliera agli Stati o consigliera nazionale. Al Nazionale sono anche stata presidente per un anno, durante il quale – nel rispetto del mio ruolo – non sempre ho potuto esprimere pubblicamente le mie convinzioni personali.

Una tesi supportata da chi non ha visto di buon occhio lo sciopero e le recenti manifestazioni, è che c’è comunque un settore privato che lavora senza protestare. Non teme che si inneschi una sorta di guerra tra poveri mettendo in contrapposizione due ambiti d’impiego che dovrebbero andare invece a braccetto?

Spero davvero che tutto ciò non si inneschi. Peggiorare le condizioni di lavoro e il servizio pubblico significa indebolire i servizi di cui beneficiano indistintamente tutte le cittadine e i cittadini, con conseguenze negative anche per chi opera nel settore privato. Ecco perché anche le misure di compensazione sulla cassa pensioni dello Stato su cui saremo chiamati a votare sono importanti. Trovo sia un peccato che si mettano in contrapposizione lavoratrici e lavoratori. Tutte e tutti meritano condizioni di lavoro dignitose, rispetto e solidarietà.

Una di queste è la decisione non solo di confermare la non sostituzione del 20% dei partenti nei settori regolati dal Piano dei posti autorizzati (Ppa), ma di allargare questo 20% di non sostituzione anche agli ambiti non regolati dal Ppa. Insomma, tutti. Lei in Gran Consiglio ha espresso le sue preoccupazioni per il Dipartimento che dirige. Può farci degli esempi concreti sull’impatto che questa misura proposta non dal governo, ma dalla Commissione della gestione e poi approvata dal parlamento, potrà avere?

Come da voi ricordato, ho segnalato la questione in Gran Consiglio e fatto delle domande per meglio capire, affinché fosse chiaro cosa si intendesse con questa misura, dato che circa metà del personale dello Stato, tra cui tutti i docenti cantonali, rientra nei non Ppa. La sostituzione solo parziale delle impiegate e degli impiegati pubblici non Ppa partenti, approvata dalla maggioranza del parlamento, ovviamente mi preoccupa, perché rischia di portare al sovraccarico del personale restante e – non avendo risorse sufficienti per rispondere ai bisogni – metterebbe a rischio la qualità del servizio pubblico a cui cittadine e cittadini, allieve e allievi, hanno diritto e che lo stesso Gran Consiglio ha giustamente auspicato negli anni. Pensate alle possibili conseguenze della parziale non sostituzione di docenti di materia o di docenti mediatori nelle scuole professionali o nel medio superiore, figure fondamentali per rispondere ai problemi sempre più urgenti di disagio giovanile e salute mentale. Oppure, per la scuola media, agli effetti dell’eventuale riduzione delle ore a disposizione di chi si occupa del sostegno ai casi difficili o dell’accompagnamento di allieve e allievi con bisogni speciali nelle classi regolari. Un ambito di cui si parla meno, ma che è altrettanto importante, sono le classi per talenti sportivi o artistici. Al momento su questa decisione del Gran Consiglio è pendente un ricorso al Tribunale federale, della cui risposta si dovrà tener conto. Già la non sostituzione del 20% dei partenti Ppa effettuata nel 2023, che il Gran Consiglio ha deciso di consolidare rendendola definitiva nonostante il parere negativo del governo, ha condotto a diversi problemi pratici sia in ambito scolastico sia in altri ambiti. Per un istituto scolastico con centinaia di allievi e decine di docenti, ad esempio, perdere il 20% del solo segretario o dell’unica custode oggi disponibili, significa concretamente avere l’istituto scoperto un giorno a settimana.

Da quando è entrata in Consiglio di Stato ha avuto molti incontri con tutti gli ambiti coinvolti nel suo Dipartimento. Dalla scuola alla cultura passando per lo sport. Quali preoccupazioni sono emerse da questo ascolto che lei ha portato avanti?

Gli incontri con attrici e attori del mondo della scuola mi hanno permesso di comprendere i loro timori per quanto sta succedendo in questi mesi, per il futuro della scuola. Ho anche percepito delusione per lo scarso riconoscimento dell’impegno investito quotidianamente per offrire una formazione di qualità e per rispondere alle esigenze delle giovani e dei giovani di oggi, sempre più confrontati con difficoltà e disagio. La necessità di ascoltare e dialogare resta per me una priorità, come mostrato con le Linee programmatiche per la politica culturale del quadriennio, nate da un proficuo scambio di idee e impressioni con numerose portatrici e portatori di interesse, scambio che proseguirà anche in futuro. Questa è la strada che intendo percorrere in ogni settore del mio Dipartimento.

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