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La Diocesi è ‘esausta’ e il clero si sente perso e solo

Una cinquantina di preti fa sapere che la fiducia nella Curia è ormai venuta meno e che è tempo di indicare una nuova guida episcopale

Fra le pieghe di una Diocesi
(Ti-Press)
16 febbraio 2024
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È un momento particolarmente delicato quello che sta vivendo la Diocesi di Lugano. Dopo lo tsunami degli abusi sessuali, che ha travolto l’intera Chiesa, in Ticino a provocare il fiato corto è soprattutto lo stallo in cui, pare, è sprofondata la Curia e con essa il clero ticinese. Per quale ragione la Santa Sede impiega un tempo così considerevole nella selezione del nuovo vescovo? A porsi e a porci la domanda potrebbe essere un qualsiasi ‘don Camillo’, ma sono, diversamente, in molti i parroci e i preti che hanno contattato ‘laRegione’ per segnalare la grave crisi – questo il termine perlopiù utilizzato – all’interno del palazzo di via Borghetto 6 a Lugano, sede episcopale.

«Ci troviamo – riporta al nostro giornale una di queste voci, fra la cinquantina che si sono esposte percorrendo uno scritto inviato all’attenzione del nunzio, monsignor Martin Krebs – in un momento storico di delusione e speranza infranta. L’arrivo del vescovo De Raemy ha innescato inizialmente reazioni positive, suscitando un notevole ‘successo’ tra la popolazione e dimostrando di essere un autentico pastore in mezzo al suo gregge. Tuttavia tale apprezzamento – e sta qui quello che può essere considerato come uno strappo – non si è riflesso nei rapporti con i sacerdoti e negli ambienti ecclesiastici. Dopo i primi mesi di entusiasmo, descritti da alcuni come un periodo di ‘innamoramento’, si avverte una sensazione di stagnazione e apatia. Ci sentiamo ancora una volta abbandonati e privi di ascolto. Nel migliore dei casi, ci troviamo lasciati a gestire i nostri problemi in attesa di risposte alle domande palesate personalmente, via lettera o via e-mail».

La richiesta di una consultazione

Perché non è stata attuata una consultazione su vasta scala con il clero e i laici del Ticino? Consultazione che mancherebbe dai tempi dell’elezione di monsignor Pier Giacomo Grampa, «il che – ammette un altro interlocutore – risulta paradossale considerando che vent’anni fa non si parlava neppure di sinodalità. Oggi, invece, ne parliamo tanto, ma ne facciamo poca...». E soprattutto perché, dopo le dimissioni del vescovo Lazzeri, “certe situazioni”, come le chiamano diversi esponenti del clero ticinese che abbiamo contattato, rimangono irrisolte, soprattutto in Curia? Per quale ragione si persiste nell’operare con l’attuale entourage che fu dello stesso monsignor Valerio? Pare, infatti, che all’interno della Diocesi il clima sia di estrema incertezza e preoccupazione, tanto che in quella che è una lettera inviata anche alla Congregazione dei vescovi, in particolare al prefetto, monsignor Robert Francis Prevost, si svela addirittura un’atmosfera «di terrore e ‘corruzione’». Da qui la richiesta a Krebs di attivare un canale di comunicazione diretto, garantendo riservatezza alle conversazioni: «Si diffonde l’opinione che il vescovo De Raemy sia influenzato da coloro che bloccano la Diocesi da anni, alimentando il malcontento già presente con il vescovo Lazzeri. È noto che sono state prese decisioni (pastorali e non) che non sono state pienamente condivise con il clero o gli organi predisposti, specialmente in un periodo di sede vacante. I consultori stessi sembrano essere trascurati, con l’unico confronto significativo che avviene con la ‘solita cricca’» rimarca un sacerdote.

Un nodo che non è, dunque, stato sciolto, dopo le dimissioni di Lazzeri, avvenute nell’ottobre del 2022: «L’amministratore apostolico ha fin da subito affidato incarichi alle stesse persone che gravitavano attorno al vescovo Lazzeri, garantendo una continuità che avrebbe dovuto essere interrotta. È giunto il momento di mettere queste persone al servizio della Chiesa anziché lasciarle perseguire i loro interessi, il potere e l’egoismo. Sarebbe opportuno lasciassero la Curia e si dedicassero all’impegno pastorale nelle parrocchie. Nei miei molti anni di sacerdozio, è stato impressionante il carrierismo di certi preti!».

Lungo elenco di criticità

Poi, con questa frecciatina, un lungo elenco di criticità, dalle associazioni e fondazioni con obiettivi poco chiari e poco trasparenti alla concentrazione del potere, dalle decisioni arbitrarie in materia di trasferimenti e nomine alla decadenza del Seminario e alla gestione finanziaria approssimativa, fino all’abbandono del clero da parte del ‘pastore’: «Già con il precedente episcopato ci sentivamo persi... Certe situazioni del passato hanno creato una divisione tale tra clero e Curia che oggi sono incancrenite. Ci sono tensioni che continuano. Con profonda consapevolezza, mi pongo di fronte all’inevitabile constatazione che, in genere, le lettere anonime (diverse quelle che circolano fra i preti ticinesi, ndr) vengono trascurate e disprezzate – non manca di evidenziare chi ci riporta questo malessere –. Tuttavia, non posso esimermi dall’esprimere la mia convinzione che tali missive rappresentino il manifestarsi di un timore più ampio e profondo. Mi interrogo sul numero di epistole anonime, e non solo, che hanno fatto il loro ingresso in Curia. In effetti, rifletto su come il clero possa autenticamente percepirsi come un corpo unito, un fraterno consesso in Cristo, quando soltanto pochi individui detengono il potere di agire secondo la propria volontà e i propri interessi, determinando così il destino della Diocesi a loro piacere».

Luce in fondo al tunnel?

Ci sono, quindi, solitudine e abbandono nei sentimenti dei tanti preti che attendono il nuovo vescovo ormai da quasi un anno e mezzo: «Restiamo confinati nei nostri vicariati o nei gruppi che condividono solamente l’origine nazionale, convocati in Curia solo quando un problema emerge o uno scandalo scoppia. E ciò avviene sotto il gioco di superiori che, trascurando persino l’atto della preghiera, si immergono in una vita... dissoluta. Non si tratta soltanto di manifestare critiche, bensì di proporre soluzioni al fine di intravedere una luce in fondo al tunnel».

Una luce che potrebbe arrivare, secondo le indicazioni di chi fa affiorare la difficile situazione, da un nuovo amministratore apostolico («proveniente da fuori, che abbia conoscenza della Diocesi, ma non vi sia legato in modo vincolante, così da ‘ricominciare da zero’») alla nomina del nuovo vescovo: «All’interno del clero diocesano, vi sono sacerdoti validi e competenti (una quarantina dovrebbero essere quelli eleggibili secondo la norma in vigore, ndr). Ciò che manca è il coraggio di consentire allo Spirito di agire». Ma anche il suggerimento di istituire una commissione per la consultazione («la fiducia nella Curia è ormai venuta meno») o di designare un vescovo ordinario in vista dell’Anno santo 2025 «affinché la Diocesi sia guidata con saggezza e autorità in questo periodo cruciale».

Diocesi che, a detta dei molti preti interrogati, «si presenta esausta, un territorio permeato da una palpabile stanchezza e profondamente segnato dalla sofferenza. Nel cuore di questa comunità, l’ardente desiderio è rivolto verso la figura di un autentico pastore». Una lettera che chiosa, e che si firma, con un chiaro riferimento biblico tratto dagli Efesini: ‘Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi’.

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