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‘Refugium peccatorum? No, chi arriva sposa la nostra linea’

Dopo l'ufficialità di Moreno Colombo, il presidente dell'Udc Marchesi sgombra il campo: ‘Le fondamenta sono solide, la sfida ora è evolversi e migliorare’

‘Ben venga il dibattito interno’
(Ti-Press)
4 gennaio 2024
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«L’Udc viene sempre più vista come un partito interessante e attrattivo, il preferito per difendere i valori svizzeri». È evidente la soddisfazione del presidente cantonale democentrista Piero Marchesi il giorno dopo l’ufficializzazione dell’approdo all’Udc di Moreno Colombo, già sindaco di Chiasso, deputato cantonale di lungo corso del Plr e sempre coi liberali radicali candidato alle Elezioni federali dello scorso ottobre. A colloquio con ‘laRegione’, Marchesi fa il punto di una situazione che offre tante possibilità certo, ma che richiede anche una certa attenzione. «L’importante è che le fondamenta e le mura siano solide, chi arriva nell’Udc lo fa perché abbiamo una linea assolutamente chiara e sposa le nostre idee. Il colore delle persiane lo decideremo insieme con un dibattito che speriamo sia alimentato dalle varie sensibilità che nutrono e nutriranno il nostro partito».

Malignando però si potrebbe dire che state diventando un ‘refugium peccatorum’...

No, è l’esatto contrario. E la risposta è nelle motivazioni di chi ci raggiunge, che non si trova più bene nei rispettivi partiti di appartenenza perché non portano più avanti valori svizzeri come difesa, neutralità, sicurezza, una politica rigorosa sull’immigrazione e soluzioni a problemi come l’asilo e la crisi energetica. Il problema, semmai, dovrebbero porselo i partiti che perdono costantemente pezzi per strada. Colombo e chi ci ha raggiunto evidentemente vedono l’Udc come l’unico partito presente sui tre livelli, federale, cantonale e comunale, capace di dare risposte concrete e coerenti ai cittadini, grazie alla nostra linea chiarissima sui temi e, perché no, grazie anche all’entusiasmo delle recenti Elezioni cantonali e federali. Ogni persona che si iscrive all’Udc sottoscrive anche il programma e gli indirizzi del partito. Quelle che hanno militato in altri partiti con ruoli importanti come Colombo, le incontriamo, ci parliamo, e verifichiamo che le loro intenzioni siano solide. Apprezziamo sempre la forte convinzione nel voler camminare insieme a noi. Chi arriva porta energie, sensibilità diverse che possono davvero arricchire il partito, posto che, sui principi basilari, ovviamente ci sia condivisione.

Finora è stato pagante, ma un partito che fino a poco tempo fa era ‘piccolo’ sia per eletti sia per struttura non rischia di snaturarsi a forza di accogliere chi arriva da altri partiti e che comunque ha culture politiche differenti?

Non credo, proprio perché i valori fondanti che dicevo sono i valori Udc per eccellenza. L’esempio valido è l’evoluzione dell’Udc nazionale sotto la guida di Blocher e dei vari presidenti, raggruppando piccoli movimenti nell’area di destra che sono confluiti nell’Udc e hanno aiutato a farla diventare il primo partito. Non è che i valori fondanti sono stati messi da parte, anzi, ne sono usciti addirittura rafforzati perché arricchiti di interessi e sensibilità che proprio su questi valori poggiano. I principi dunque devono essere e rimanere solidi ma all’interno di un confronto sulle soluzioni. Davvero, non vedo pericoli: la linea dell’Udc può non piacere a qualcuno, ma è talmente chiara che nessuno può avere dubbi.

Lei parla di un’Udc con una linea chiara, ed è così. È ragionevolmente certo che anche a medio termine il suo partito avrà una linea altrettanto riconoscibile?

Questa è una bella sfida, che sono e siamo pronti a condurre. Non ho la certezza che lei mi chiede, sono però convinto che le persone arrivate nell’Udc vogliano lavorare per migliorare e salvaguardare il Paese, prima che il partito. L’evoluzione dell’Udc a destra ma non solo, penso alla società nel suo insieme, passa anche dal dibattito e dalla crescita della qualità degli interventi. Discuteremo, dibatteremo, ci confronteremo e le dirò di più: non mi scandalizzerei se l’Udc ticinese prendesse una posizione diversa da quella nazionale come già, a volte, succede in altre sezioni cantonali. Non ho timore di alcun cambio di identità, ma nemmeno la certezza che tra cinque anni saremo come oggi. Se le cittadine e i cittadini lo vorranno è possibile che la nostra linea sia rappresentata anche in governo. La dinamica dell’Esecutivo è diversa ma le posso assicurare che non ci sederemo sulle posizioni come hanno fatto altri, e intendiamo mantenere uno spirito di opposizione costruttiva come fa il partito nazionale a Berna.

In quest’ottica anche il partito però dovrà adattarsi. Nell’ultimo comitato cantonale lei ha parlato dell’importanza di rivedere un po’ l’organizzazione del partito. Cosa ha in mente?

In gennaio porterò in Direttiva una prima proposta di riorganizzazione. Nessuno stravolgimento, ma servono interventi puntuali sul segretariato e sulla comunicazione per evolvere nella giusta direzione. Non siamo più un partitino, siamo un partito che vuole continuare a lavorare con serietà per diventare partito di governo e guadagnare la fiducia dei ticinesi. Se vogliamo prima consolidarci, e poi fare questo ulteriore passo dobbiamo avere una struttura efficiente. A partire dal territorio: mi rallegro molto del fatto che negli ultimi tre, quattro anni sono nate una ventina di sezioni comunali e che un’altra decina sono arrivate a cavallo tra Natale e Capodanno. Oggi abbiamo ancora difficoltà a essere capillari nel territorio, è naturale, ci vuole del tempo. Ma questo impegno che vediamo, queste persone che si mettono a disposizione nei loro comuni hanno bisogno di una struttura solida alle spalle. Siamo il partito di chi fa: artigiani, contadini, operai, persone normali che crescono la propria famiglia senza voler dipendere sempre e comunque dallo Stato e che combattono affinché la Svizzera rimanga la Svizzera. Questo, garantisco, lo rimarremo sempre. Un partito liberal conservatore con solidi valori svizzeri.

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