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‘Bagno di umiltà, confronto interno e tanto ascolto’

Dopo il flop di Farinelli al ballottaggio per gli Stati, il Plr si interroga sul proprio futuro. Speziali sembra reggere, ma le critiche non mancano

In attesa del Comitato del 30 novembre
(Ti-Press)

I contraccolpi della sconfitta di Alex Farinelli al ballottaggio per il Consiglio degli Stati, come ampiamente prevedibile, stanno facendo tremare le pareti in casa liberale radicale. E qualcuno comincia a chiedersi se le fondamenta dell'attuale presidenza, quella di Alessandro Speziali, siano abbastanza solide da reggere. Al momento, sembrerebbe di sì.

Con ordine. Il primo affondo di giornata arriva dal già sindaco di Chiasso e candidato al Nazionale Moreno Colombo: “Penso che Speziali dovrebbe riflettere seriamente sull’opportunità di rimettere il suo mandato al giudizio del Comitato cantonale”, ha detto infatti in mattinata intervistato dal portale ‘Liberatv’. Facendosi portavoce di un sentimento che non viene espresso pubblicamente da alti papaveri e pezzi grossi, ma che nella base – soprattutto in alcune sezioni, come nel Bellinzonese – inizia a farsi largo.

Merlini: ‘Serve un riposizionamento strategico’

Per Giovanni Merlini, presidente del Plr tra il 2000 e 2010, «la prossima riunione del Comitato cantonale (il 30 novembre, ndr) dovrebbe essere l’occasione per una riflessione approfondita e una discussione franca sui contenuti presenti, ma soprattutto futuri, dell’azione politica del partito, più che sui vertici dello stesso». Il Plr, aggiunge Merlini, «necessita, ritengo, di un riposizionamento strategico e le prime indicazioni in tal senso dovrebbero giungere appunto dal Comitato cantonale: alla Direttiva poi il compito di tradurle in chiare proposte programmatiche». Il già presidente richiama comunque la storia: «Il Plrt non può dimenticarsi da dove proviene e cioè da una concezione progressista della società, dell’economia e della cultura. Liberale in materia economica, ma progressista in tutte le altre, socialità compresa. Non per nulla è negli anni dell’intesa radico-socialista, avviata subito dopo la Seconda guerra mondiale, che si è costruito il Ticino moderno». Nel frattempo, va da sé, il contesto politico «è cambiato: è arrivata la Lega e si assiste a un rafforzamento dell’Udc. Ma anche a un rafforzamento del populismo e a una crescita del timore di partiti storici come il nostro di essere scavalcati a destra. Bisogna però tornare a domandarsi se sia vincente essere quasi sempre al rimorchio di altri o se non sia strategicamente meglio definire una nostra agenda delle priorità. Per avere nuovamente un partito interclassista».

Gendotti: ‘C'è bisogno dei radicali, che non sono una parolaccia’

E a proposito, «il Plr ha bisogno dei radicali». Gabriele Gendotti, già deputato al Nazionale, consigliere di Stato e coordinatore ad interim del partito tra le presidenze di Walter Gianora e Rocco Cattaneo, non ha dubbi. E da gagliardo alfiere della ‘R’ è deciso nel dire che se ripartenza deve essere, vera ripartenza sarà «recuperando voti al nostro interno, sicuramente non a destra». Gendotti è chiaro: «Abbiamo fatto una riunione a Biasca poco prima delle elezioni federali, ed eravamo una settantina di radicali, ben motivati: non abbiamo intenzione di uscire dal partito, le battaglie le facciamo in quella che è la nostra casa. E ho l’impressione che quella sera anche la presidenza abbia capito che aver ignorato le nostre posizioni, considerando quasi una parolaccia la definizione di ‘radicale’, sia stato un errore e abbia capito che bisogna ampliare e accrescere il dibattito interno». Partendo da questo, il già direttore del Decs ‘assolve’ Speziali ma allo stesso tempo rileva che «serve un netto cambio di marcia». Insomma, «non è necessario cambiare presidente». Ma, continua Gendotti, «Speziali comunica in maniera complicata, con un discorso un po’ troppo elitario che non tutti capiscono né sentono vicino. Deve scendere di un gradino verso la popolazione e capire che una sua parte oggi soffre e ha bisogno di avere supporto: e si deve rendere conto che la ‘R’ dei radicali sarebbe utile».

Speziali, prosegue Gendotti, «una linea l’ha, ma deve suscitare più emozioni, essere meno freddo e davvero avvicinarsi alla gente. E può farlo suscitando un vero dibattito nel partito, dove ci sia posto per posizioni diverse che, insieme, poi conducano a una sintesi. Ci aspettano tempi duri, la situazione economica è grave. Non sono contrario al risanamento delle finanze – dice ancora il già consigliere di Stato liberale radicale – ma ora si sta andando davvero nella carne viva. Porto un esempio per tutti: in questo momento usare come misura di risparmio l’ambito delle borse di studio è un discorso anti-liberale perché tocca il principio di garantire pari opportunità nella formazione, e a me personalmente fa male, non si può andare in questa direzione».

Ciò detto, per Gendotti «Alex Farinelli era il candidato migliore da schierare, l’unico che poteva far risultato, andava bene anche a noi ‘vecchi’ radicali». Il problema «è stato altrove». Vale a dire che «c’era poco da fare quando è parso chiaro il ticket tra Chiesa e Regazzi, la costellazione era negativa ed era prevedibile finisse così». E questa vittoria di due candidati di destra deve, per Gendotti, «far capire che per il liberalismo ticinese è un’altra cosa, non c’è spazio per spostamenti eccessivamente a destra. Quando manca la capacità di essere moderati si cade in errori come il sostegno al ‘Decreto Morisoli’, quando un partito come il Plr si autolimita cede troppo agli automatismi e fa meno politica».

Gianora: ‘Cambiare l'allenatore non risolve i problemi’

«Il mio giudizio è da persona esterna. Da quando sono uscito ho infatti smesso di frequentare le attività del partito», premette Walter Gianora, presidente cantonale dal 2010 al 2011. «Ormai è da decenni che c’è una metamorfosi della società che il Plr non riesce a interpretare. Stiamo vivendo dei cambiamenti che possono essere definiti quasi epocali. Per un partito con diverse sensibilità al suo interno, che non riesce quindi a smarcarsi completamente, ci sono evidentemente delle difficoltà. Anche nel far passare i messaggi verso l’esterno». Non è quindi vero che all’interno del Plr è venuta a mancare la ‘R’, che indica l’ala radicale del partito, come sostengono alcuni, tra cui Gendotti? «Ragionamenti di questo tipo sono un po’ etichette e slogan. La vita di un partito la fanno le persone che si mettono a disposizione, quelle che partecipano e portano idee. In fondo, il partito come istituzione raccoglie ciò che i partecipanti attivi portano. Se non ci sono manifestazioni marcatamente di un’area è perché, probabilmente, quell’area è debole». Rispetto a qualche anno fa, continua Gianora «è più difficile ‘dettare l’agenda politica’. Oggi si guarda più all’apparire che all’essere, e diventa quindi più complicato mettere al tavolo delle persone e far passare delle idee». Non si deve quindi parlare, per l’ex presidente cantonale, di un cambio al vertice del partito. «All’interno di un partito le dinamiche sono altre. Bisogna sedersi, guardarsi in faccia e riconoscere dove si sono fatti degli errori e se ci sono margini di manovra. Questo vuol dire collaborare e stringere i ranghi. L’abbiamo visto anche in passato: voler cambiare subito ‘l’allenatore’ non ha risolto i problemi. Non succede nello sport, figuriamoci in politica».

Caprara: ‘Meno destra, più liberalismo’

L’analisi che fa a ‘laRegione’ il già presidente cantonale prima di Speziali e oggi vicecapogruppo in Gran Consiglio Bixio Caprara parte da un fatto incontrovertibile: «Oggi il voto è molto più fluido, aumenta la scheda senza intestazione e si vota più sui temi e sulle persone, meno sul partito». E il Plr ora «non deve snaturarsi, come non lo ha fatto candidando Farinelli. Bisogna riconoscere i meriti dei due esponenti eletti, ma Alex era il nome migliore potessimo schierare e ha fatto un’ottima campagna: il problema – rileva Caprara – è che è stato lasciato solo, la sinistra ha preferito focalizzarsi sulla sua candidata e il risultato è stato due eletti di destra. Scelte legittime, anche se è un peccato». Alla domanda se la presidenza di Speziali sia arrivata o meno al capolinea, la risposta è immediata e sincera: «L’allenatore non si cambia, però è importante il fatto di non perdere l’esperienza accumulata nel corso di questi appuntamenti elettorali non proprio felici. La cosa che non ha funzionato in questo ballottaggio è che con il sistema maggioritario se non ci sono collaborazioni non si va da nessuna parte», ricorda Caprara. E quindi si pone, nuovamente, il tema di una maggior collaborazione con il Centro. «Ci vuole un po’ meno destra e un po’ più centro, inteso come trovare temi comuni con quel partito ma anche come riavvicinare quegli elettori moderati che possono riconoscersi in una politica concreta e non urlata». Detto dal presidente che uscì con le ossa rotte dalla ‘congiunzione tecnica’ col fu Ppd nel 2019 – quella che costò il seggio agli Stati di entrambi i partiti – significa qualcosa: «Oggi è improponibile, ma nel lungo periodo sarà necessario trovare convergenze. Seguire l’Udc non è la via giusta, nemmeno in Ticino». E il Plr per Caprara «deve ripartire dalle proprie palestre, dalla sua presenza nel territorio a livello di società ma anche nei legislativi e negli esecutivi. La dimostrazione è Simone Gianini, che dopo anni nei quali con grande umiltà e dedizione si è fatto le ossa e adesso andrà a Berna. Abbiamo una struttura che deve diventare ancora di più una palestra politica».

Rusconi: ‘Vanno cambiate molte cose’

Da questa palestra – il consiglio comunale di Bellinzona in questo caso – uno degli ultimi ad affacciarsi è stato il deputato Patrick Rusconi, eletto in Gran Consiglio alle Cantonali del 2 aprile. Che, dopo i recenti risultati, mena fendenti: «Non sta andando tutto bene, e bisogna dirlo. Sono entrato da poco in parlamento, ma mi sembra che non ci sia una pianificazione, una strategia a breve e lungo termine. Si dice che vogliamo portare avanti dei temi, ma invece li rincorriamo andando a rimorchio come su fiscalità o scuola. Siamo poco protagonisti, e la gente lo vede». Per Rusconi «gli ultimi otto anni dimostrano che il Plr deve togliersi il vestito istituzionale, e imparare a stare in mezzo alla gente e toccare con mano le diverse realtà. Siamo troppo filogovernativi. Il problema esiste, e non possiamo andare avanti così: serve meno arroganza, e aprire a gente nuova con idee nuove». E Speziali? «Non è in discussione, ma deve cambiare tattica, mettere una marcia in più e chiedere consiglio… cosa che succede molto raramente».

Guardando al risultato di domenica, c’è chi si chiede se come partito si poteva fare di più. «Probabilmente no – dice l’ex granconsigliere Giorgio Galusero –. A Bellinzona sia Simone Gianini per il Nazionale sia Alex Farinelli nel ballottaggio agli Stati hanno fatto una grande votazione. E in cinquant’anni non ho mai visto, tra bancarelle e porta a porta, una campagna così intensa. Perlomeno qui nel Bellinzonese. Ecco, forse il modello Bellinzona dovrebbe essere esportato nelle altre regioni del cantone».

«Il Plrt? Deve tornare a studiare e ad approfondire i temi. Per fare politica e raccogliere consensi devi innanzitutto sapere di cosa parli”, taglia corto Felice Dafond, sindaco di Minusio e presidente dell'Associazione comuni ticinesi.

Modenini: ‘Presidenza? Non vedo piani B’

Per Stefano Modenini, membro del Comitato cantonale, cofondatore e primo direttore (correva l’anno 1992) di ‘Opinione Liberale’, «il partito deve anzitutto credere di più in quello che fa e deve comunque individuare, per rilanciare la propria azione, un numero contenuto di temi su cui concentrare gli sforzi. E un tema non può essere quello della lotta alla burocrazia: intendiamoci, il problema esiste ma non è chiaramente percepito dall’elettorato». Oggi il Plr «dovrebbe soprattutto impegnarsi per trovare e dare delle risposte al ceto medio, a quella fascia sempre più ampia di popolazione che subisce i rincari e la perdita del potere di acquisto, senza però godere di particolari aiuti non avendo diritto ai sussidi». Questo, osserva Modenini, «presuppone anche una sensibilità sociale più pronunciata, come era in passato, quando la dialettica, pure dura, a volte aggressiva, tra la componente liberale e quella radicale aveva reso il partito un partito interclassista. Aggiungo che, parlando di economia e imprese, il partito dovrebbe focalizzarsi maggiormente sulle Pmi, mostrandosi molto più sensibile alle loro istanze, visto che il 90% delle aziende in Ticino ha fino a dieci dipendenti. Naturalmente serve anche un progetto chiaro di sviluppo economico del Ticino che serva a creare valore aggiunto e posti di lavoro remunerati in maniera soddisfacente. E in questo il Plr può essere protagonista».

D’accordo, ma oggi non c’è un problema di conduzione? «Sarebbe troppo facile, e forse ingeneroso, chiedere a Speziali di farsi da parte. E poi chi chiede le dimissioni di un presidente spesso non ha un piano B. E io qui non vedo piani B – sostiene Modenini –. Una cosa è però sicura: servono assolutamente un bagno di umiltà, un confronto interno, che sia costruttivo, e ascolto». Un confronto interno «con il coinvolgimento non solo degli organi istituzionali del partito, ma anche degli esponenti della vecchia guardia e dei giovani». Ma di almeno tre aspetti, il Plr, a detta sempre di Modenini, «farebbe bene a tener conto». Ovvero? «Primo: il partito non deve appiattirsi sull’azione dei propri rappresentanti in governo, deve quindi essere propositivo in maniera autonoma. Secondo: già ora bisogna pianificare le elezioni cantonali del 2027, perché le cose vanno preparate con largo anticipo se si vuole individuare dei validi candidati, dei validi profili da sostenere. Per questo andrebbero designati del talent scout che vadano a scovare sul territorio questi profili. Insomma, ci vuole più programmazione. Terzo aspetto, la comunicazione verso l'esterno deve essere più profilata, immediata e chiara».

Celio: ‘Il dibattito interno ci aiutava’

Ma ora siamo agli sgoccioli del 2023. «Vedo male il Plr in questo momento», afferma Franco Celio, per quasi 20 anni deputato in Gran Consiglio e memoria storica del partito. «C’è un problema di risultati, una volta bastava mettere fuori il bandierone, ora non è così. È venuto a mancare il patriottismo di partito. Non penso comunque che la soluzione in questo momento sia quella di cambiare il presidente, i problemi resterebbero». A mancare per Celio è «quel dibattito interno che per anni aveva caratterizzato il partito. Venivamo molto criticati, tempo fa, per le discussioni interne. Ma probabilmente era meglio così, aiutava a creare interesse per i nostri temi».

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