Ticino

Anche il settore vitivinicolo ha sofferto il coronavirus

L'Interprofessione della vite chiede un sostegno finanziario di 1,5 milioni al Cantone per superare quest'anno particolare

Vendemmia da ridimensionare (Ti-Press)

Servono almeno 1,5 milioni di franchi all’Interprofessione della vite e del vino ticinese per rilanciare il settore che - come tanti ambiti dell’economia - è stato colpito dagli effetti collaterali del coronavirus. Per la precisione la richiesta fatta al consiglio di Stato è pari a 1,466 milioni di franchi necessari per implementare progetti di valorizzazione della viticoltura locale. Si va da sostegni diretti per compensare i mancati guadagni dei viticoltori, alla richiesta di condizioni di credito favorevoli.

L’Ivvt nel dettagliato dossier, approvato all’unanimità dal comitato, specifica che ha già chiesto sacrifici alla produzione e ha fissato per i prossimi anni di mantenere la resa delle uve a bacca rossa a 800 grammi per metro quadrato. Una riduzione del 20% della capacità di produzione tesa a riequilibrare il mercato presa prima del lockdown e che lo stesso ha per certi versi vanificato. La produzione del 2019, infatti, è stata del 15% superiore rispetto alla media decennale. La conseguenza è un eccesso di offerta in cantina. Da qui la proposta di una destinazione alternativa della vendemmia 2020 in modo che le uve prodotte in eccesso (rispetto all’impegno dei vinificatori di acquistare unicamente 500 g/metro quadrato) vengano destinate a prodotti che attualmente sono occupati sul mercato locale da vini esteri o realizzare addirittura disinfettanti. L’Ivvt stima che la pandemia causerà al settore vitivinicolo una perdita di 1,5 milioni di bottiglie pari a circa 15-20 milioni di franchi. Limitando la resa al metro quadrato a 800 grammi, la produzione calerà drasticamente da 5,7 milioni di chili di uva a bacca rossa a 3,4 milioni. Di conseguenza mancherebbe alla stessa associazione circa 250mila franchi per la promozione. Cifra che viene chiesta di essere compensata dal cantone.

Tra i prodotti alternativi sui quali sta lavorando l’Interprofessione c'è lo spumante da destinare alla ristorazione a un prezzo concorrenziale al Prosecco. Ciò sarebbe possibile in quanto gli spumanti pagano un dazio all’importazione. Anche un vino per fondue o da destinare alla vendita nei discount è un’opzione come quella di produrre aceto balsamico. L’obiettivo è quello di ritirare dal mercato circa 600mila chili di uva a un prezzo di 2 franchi per chilo. Il contributo richiesto al cantone sarebbe di 600mila franchi.

Un altro modo per ridurre la produzione è quella di effettuare la cosiddetta ‘vendemmia verde’. Una raccolta anticipata del frutto non maturo da destinare al macero. Il contributo richiesto al cantone ammonterebbe a 300mila franchi.

C’è anche l’idea di mettere sul mercato un Merlot con il marchio ‘Uniti contro il coronavirus’. L’obiettivo è quello di commercializzare - coinvolgendo i ristoratori locali, i grotti e le pizzerie - 50 mila bottiglie. Il coronavirus, si spiega, ha risvegliato il sostegno e la vicinanza del cittadino al settore primario. Ora, con il passaggio alla seconda fase e la riapertura dei locali pubblici, si intende sfruttare questa opportunità per contrastare i vini esteri. L’impegno finanziario richiesto all’ente pubblico ammonterebbe a 110mila franchi. I rimanenti 200mila franchi di contributi andrebbero a finanziare altre iniziative, tra cui il progetto di comunicazione e il percorso sensoriale denominati ‘Casa del vino Ticino’.

Anche la politica a difesa del settore

Già la politica, in pieno lockdown, aveva perorato la causa del settore vitivinicolo. Una mozione a firma di Lorenzo Jelmini (Ppd), Omar Balli (Lega). Henrik Bang (Ps), Fabio Battaglioni (Ppd), Giovanni Berardi (Ppd); Claudia Crivelli Barella (Verdi), Sem Genini (Lega), Fabio Schnellmann (Plr), Alessandro Speziali (Plr) chiedeva di predisporre contributi a fondo perso per l’eliminazione di stock di vini bianchi e rossi in vasca o in bottiglia. Una richiesta che andava proprio nella direzione di far continuare il ciclo normale delle vendemmie. “L’eliminazione di stock permetterebbe alle cantine di procedere con l’acquisto delle uve della vendemmia 2020 e il mercato non subirebbe una svalutazione”. L’eccedenza andrebbe distillata o eliminata sotto la supervisione dell’autorità.

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