Ticino

Il Carnevale tra dialetto, leggende, usi e costumi

Un periodo di coriandoli e bagordi, in cui il divertimento incontra la tradizione popolare

27 febbraio 2019
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‘Ul Carnevaa’. Un’espressione dialettale che portava un sorriso sul viso di tutti i bambini. Una festa tradizionale che in Ticino esiste da più di cent’anni e che ha saputo adeguarsi anche al mondo moderno. In concomitanza col giovedì grasso, siamo andati alla scoperta delle radici etimologiche di una delle feste più sentite nel cantone. È grazie invece allo studio “Carnevale” della collaboratrice scientifica del Centro di dialettologia ed etnologia di Bellinzona Giovanna Ceccarelli, che è stato possibile contestualizzare alcuni aspetti caratteristici delle origini dei bagordi.
Sebbene siano parzialmente sopravvissuti, una volta c’erano veri e proprio riti, come ‘l’uccisione del Carnevale’ e altre chiusure simboliche. La sera dell’ultimo giorno si accendevano fuochi, con tutta la gente festante intorno: il Carnevale veniva proprio condannato a morte. In altre località venivano organizzati duelli tra creature, personaggi e figure allegoriche. Nel Sopraceneri, rumori e urla caratterizzavano i cortei dell’ultimo giorno. I ragazzi di Carasso andavano a Bellinzona facendo baccano. A Sessa, l’annuncio della fine del Carnevale era data dal ‘Maresciallo’: la sera del martedì grasso infilava sulla sua alabarda tre aringhe, per ricordare a tutte le persone l’inizio della Quaresima. Aurigeno era segnata da un evento piuttosto particolare: una vecchia arrivava accompagnata da un caprone. Sulle corna erano fissate due candele accese. Quando tutti avevano finito di mangiare, faceva due giri intorno alla caldaia, per poi tornare a casa. In molte località la presenza di una maschera di capra o caprone è una prassi classica per indicare la fine della festa. I Carnevali hanno tutti nomi diversi, per differenziarli. Nella maggior parte dei casi sono nomignoli scherzosi portati dagli abitanti: sono nati così i ‘Carnevaa di gòss’ (a Caslano, dove vivono i ‘gozzuti’) e ‘Carnevaa di sciòri’ (a Bioggio, paese di ‘signori’). Normalmente si tratta di reami, ma ci sono  delle  eccezioni. A Tesserete non vi è un vero e prorio Re: ‘Or Penagin’ è un contadino, una persona semplice. Il Carnevale di Chiasso nasce come Repubblica; vi è un primo ministro, che sostituisce l’autorità municipale. Quasi sempre i nomi dei regnanti si ispirano ai soprannomi degli abitanti, come Re goss di Canobbio governa i goss. A Muralto il Re Sbotapiss regna sugli sbotapiss. Lugano obbedisce a Re Sbroja. Altrove, invece, si ricorre a nomi indipendenti, come Re Tecet di Manno, che prende spunto da una piccola casetta abbandonata situata sopra il paese, chiamata ‘Tecet’ dagli abitanti.

Su laRegione di domani le radici etimologiche di nomi e nomignoli in diverse località del Ticino.

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