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Mendrisio, una Città da pianificare. Tra visioni e realtà

A confronto la municipale uscente Francesca Luisoni (Centro) e i consiglieri comunali Tiziano Fontana (Lista civica) e Roberto Pellegrini (Udc-Udf)

Da sin. Roberto Pellegrini, Francesca Luisoni e Tiziano Fontana faccia a faccia
(Ti-Press/Elia Bianchi)
22 marzo 2024
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A Mendrisio c’è un tema che ha segnato le ultime legislature e permeato la politica della Città, il Piano direttore comunale (Pdc), che l’ottobre scorso ha ricevuto il sigillo del Consiglio comunale. Riconosciuto come pionieristico, per aver aperto la strada a livello cantonale, e voluto anche per correggere gli errori del passato, a suo tempo ha vivacizzato il dibattito tra le forze politiche. Non per tutti ha rappresentato infatti una alternativa alla ‘fusione’ dei Piani regolatori degli ex dieci Comuni. Oggi questo strumento pianificatorio si conferma una scelta valida?

FRANCESCA LUISONI – Il Pdc è uno strumento che restituisce una visione al territorio cittadino. Oggi abbiamo un indirizzo, delle linee guida, un modo di guardare al territorio che non è più quello frammentato d’un tempo, ma considera tutta la valle con i fianchi delle due montagne. Quindi è uno strumento valido; un piano teorico che si declina in pratica con delle schede che comporteranno una serie di azioni che siamo chiamati a concretizzare. In questa serie di azioni, decisa l’impostazione politica, c’è anche quella di arrivare ad armonizzare i vari Piani regolatori. Del resto, il Pdc ci ha permesso di dare uno sguardo più ampio, di identificare il fiume (Laveggio, ndr) come asse portante, di dare più importanza al paesaggio, di individuare questi pieni e questi vuoti nell’ambito della pianificazione territoriale, insomma di darci una linea, dunque un indirizzo che è stato importante condividere con il Consiglio comunale.

TIZIANO FONTANA – Nel 2013 ho presentato una mozione come gruppo (allora dei Verdi) per creare un unico Piano regolatore fondato sulla protezione dei beni essenziali (acqua, terre agricole, nuclei storici) partendo da strumenti quali l’Isos (Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale, ndr) e l’Inventario dei paesaggi (Ifp). Sarebbe stata una ‘rivoluzione’ rispetto alla pianificazione fatta fino a quel momento. Il punto di partenza era l’“abbondante sovradimensionamento” del Pr di Mendrisio, come scrisse il Consiglio di Stato già nel 2000. Il legislativo optò invece per il Pdc che si divide in due fasi. Nel 2023 come Lista civica abbiamo votato contro il messaggio sul Pdc perché non condividiamo i fondamenti teorici su cui si fonda, come per esempio l’idea che “l’acqua e la città sono gli elementi che sostengono l’identità territoriale di Mendrisio”. Si coglie solo una parte della realtà complessa del territorio dei 10 ex Comuni di cui la metà collinari. La tutela del Laveggio è un progetto valido, ma sussiste una lacuna grave a livello di strumenti per ridefinire la pianificazione globale. Avremmo impostato la nuova panificazione sulla base degli inventari federali, unendo costruito e non costruito. Vedremo cosa proporranno le schede operative.

ROBERTO PELLEGRINI – Secondo me Pdc e Pr sono strumenti complementari. Non direi, insomma, che uno sia meglio dell’altro. In un Pdc ci sono le visioni, in un Pr ci sono dati molto precisi. A fare da collante ora servono le schede. Il Pdc è un documento interessante, più o meno condivisibile, ma non fa capire ancora bene cosa succederà a Mendrisio, che pur essendo definita città è relativamente piccola ed eterogenea. Adesso siamo l’embrione di una città, con Quartieri ancora disgiunti. Concordo con Fontana, quella del Laveggio può essere una visione, però con un territorio che parte da Salorino e arriva a Tremona o Meride, non immagino un cittadino della Montagna che vede come spina dorsale il fiume. Aspettiamo quindi le schede per vedere come potremo ‘plasmare’ i Pr. Quello che mi lascia un po’ perplesso è che c’è molto paesaggio (che va tutelato), ambiente, clima: a me piace essere pragmatico, conscio del fatto che abbiamo un problema di edificabilità. Non si può prescindere dal compendio. Il ragionamento deve essere più globale. Non possiamo solo pensare ad abbellire il paesaggio senza considerare che probabilmente dovremo dezonare una quantità enorme di territorio. Anche se sul metodo di calcolo avrei qualcosa da ridire.

Serve concretezza, dunque.

LUISONI – Chiaro, questo è uno strumento generale, come tutti i masterplan. Certo dà già degli indirizzi chiari: se domani dovrò applicare i dati del compendio in base ai risultati che otterremo, avrò una ‘bussola’ che mi dice in che direzione andare. Certo, c’è tantissimo da lavorare sul territorio sull’armonizzazione dei diversi Pr, sui regolamenti. Ma credo che fosse importante avere una visione superiore. Vi è chi ne ha di più forti, come Fontana, ma penso che la Città e la politica abbiano dovuto capire che, con un territorio incompleto e nato un po’ casualmente dall’aggregazione, fosse importante darsi una linea, una organizzazione.

FONTANA – Ribadisco, per noi ci sono delle lacune, soprattutto a livello di analisi degli insediamenti. Come ha detto Pellegrini, le schede saranno decisive. Vedremo se le lacune teoriche verranno superate.

C’era forse l’urgenza di concentrarsi prima sul territorio nel suo insieme e sulla sua tutela.

LUISONI – C’era l’esigenza della salvaguardia del paesaggio ma anche della comprensione dello sviluppo della città. Chiaro, viviamo in un posto che non deve essere fermo all’oggi o a ieri. Dobbiamo capire fino a che punto vogliamo o meno sviluppare la nostra città. Serviva quindi uno sguardo verso l’alto, per ragionare su territorio variegato e che ha esigenze molto puntuali. Anche un Pr unico avrà tante zone speciali o diverse.

PELLEGRINI – In un Pr unico vedo però un po’ di pericoli. È vero, ce lo si aspetta da una città, ma va in una direzione che a me spaventa. E penso alla scheda R6 (del Piano direttore cantonale, ndr), che definisce la superficie pro abitante con un ‘range’ che va da 50 a 60 metri quadri per persona, a seconda che si tratti di nucleo, zona abitativa estensiva o intensiva. E questo non mi piace per niente. Anche perché tratta allo stesso modo Lugano e Nante.

Prendiamo tre comparti strategici: la stazione ferroviaria, piazza del Ponte e Villa Argentina, qual è per voi un elemento imprescindibile?

PELLEGRINI – Parto da Villa Argentina, qui non c’è molto da dire: si doveva fare prima, abbiamo perso tempo e sprecato denaro. Adesso c’è, restituiamo alla popolazione un bel parco; che è quello che ci è stato chiesto di fare. Non esagererei con la spesa però, visto che non siamo messi bene. Sul comparto stazione, lo dico subito, se si riproponesse la vecchia variante, quindi l’idea di moderare la velocità su viale stazione a 30 all’ora, sarei totalmente contrario. Tutto ciò che è 30 orari, divieti di transito, zone a traffico limitato mette in difficoltà l’economia delle città. Quindi, non dico non sia uno strumento utile, ma va limitato. Tra un po’ a Mendrisio in auto non ci si potrà più andare se si va avanti di questo passo. Questa visione, propria al centrosinistra, che gli automobilisti sono il male delle città è totalmente sbagliata. Se vogliamo davvero sostenere le attività locali, dobbiamo anche dare le condizioni quadro. Certo poi dobbiamo fare i conti con il traffico transfrontaliero, anche se chi lo evoca è favorevole alla libera circolazione. Quanto a piazza del Ponte, va finita: abbiamo ottenuto uno spazio, va portato a termine. Spero divenga una bella piazza che invogli le persone a incontrarsi.

FONTANA – Il traffico è un problema per tutte le realtà. Mendrisio poi subisce quello transfrontaliero, e lì è difficile intervenire. E il viale della stazione è un asse di penetrazione dei frontalieri. Quindi i 30 orari sono un dato di fatto: noi abbiamo sostenuto la vecchia variante. Su piazza del Ponte troviamo abbastanza scandaloso il tempo trascorso dal referendum del 2016. Se non si definisce con chiarezza il centro storico – oggi il sedime su cui si trova la statua di Luigi Lavizzari è escluso dal Piano particolareggiato del centro storico! –, sarà complicato avere una visione che sia veramente rispettosa dell’insieme. Quanto a Villa Argentina, sosteniamo da sempre la posizione del Comitato a favore: si deve partire dal suo valore storico, architettonico, paesaggistico e artistico e fare un restauro conservativo, aprendola alle funzioni oggi proprie a un parco storico. Che è quello che è emerso pure dai workshop: la stragrande maggioranza va in questa direzione e ha capito che si deve partire da questa base e poi inserire uno sviluppo di determinate aree.

LUISONI – Per Villa Argentina è stato molto importante fare questo processo di coinvolgimento e di partecipazione popolare, così da sentire l’entità di un luogo, il valore culturale e il potenziale o meno (quello che non si potrà fare) e immaginare assieme il futuro. Credo che l’idea di avere questo parco al centro della città, per Mendrisio sia qualcosa di importante oggi. Forse i tempi sono stati più lunghi di quello che si poteva pensare, ma questa è la giusta direzione per trovare una quadra con quella che è la visione più conservativa. Bisognerà veramente trovare un modo di arrivare ad avere uno spazio vivo, un cuore pulsante, un luogo di riferimento per la città. Per quello che riguarda piazza del Ponte, non sono i tempi che ci aspettavamo. Il Municipio sperava di lavorare con più rapidità sulla piazza e tutto lo spazio attorno, ma ci stiamo arrivando. E sono convinta che quanto stiamo facendo e portando avanti, oltre ad andare nella direzione auspicata, anche dal referendum, non sia più messo in discussione. Quanto al comparto stazione, sono convinta personalmente che oggi quello non sia solo un arrivo di una stazione ferroviaria, che vogliamo nazionale quantomeno. Mendrisio ha comunque un asse principale di attraversamento davanti alla stazione da cui non possiamo fare astrazione, ma l’idea di avere, come nella vecchia variante, una piazza, una zona di incontro, un 30 all’ora è qualcosa a cui dobbiamo mirare. Oggi un ‘bypass’ per quella strada c’è. Poi che uno stia in coda sull’A2 è un’altra questione. Del resto, la stazione è un luogo che si raggiunge anche attraverso i mezzi pubblici o a piedi, collega le due università della città. Oggi c’è una grande battaglia in Svizzera sulle zone 30, non mancherà tanto che anche questo concetto di un centro diverso, non per forza condiviso, con una velocità diversa, sarà qualcosa che assorbiremo anche noi. Detto che le auto non è che bisogna escluderle, bisogna integrare in modo diverso la città e la mobilità. Abbiamo costruito per anni strade pensate solo per le auto, oggi bisogna ridare le giuste posizioni ai pedoni e alle biciclette. Certo oggi l’uscita dalla stazione non è risolta e si vede.

A proposito di traffico, la regione deve fare i conti con il potenziamento dell’A2, la corsia per i Tir: Mendrisio quanto può far sentire la sua voce?

FONTANA – Il PoLuMe non risolverà nulla ed è da rigettare nel modo più assoluto. Anzi, da parte nostra invitiamo il Municipio (e la Crtm) a uscire dai diversi gruppi di lavoro e a smettere di partecipare alle trattative. Tutto il Mendrisiotto e tutti i Comuni momò dovrebbero opporsi. È un progetto miope dei burocrati federali, che vogliono risolvere un problema tecnico regionale legato al traffico dei frontalieri con un ampliamento stradale che aumenterà il traffico. I dati appena resi noti dimostrano che la situazione complessiva peggiorerà.

LUISONI – Anch’io sono fermamente contraria alla terza corsia: non andrà a risolvere niente. Mi spaventano pure gli anni di cantiere che tartasseranno il nostro territorio. Al momento però Mendrisio è chiamata a svolgere un ruolo importante al tavolo delle trattative per le eventuali compensazioni di paesaggio. È importante quindi essere nei gruppi dove si discutono quelle che possono essere delle misure compensatorie per capire come ci si muove e in che modo possiamo aiutare il nostro territorio qualora si arrivi a fare un progetto che non per forza è condiviso.

PELLEGRINI – Da parte mia sono favorevole al PoLuMe. Ma qui il problema non si pone, non siamo più allo stadio in cui si decide se si fa o meno.

LUISONI e FONTANA – E la possibilità di lanciare un referendum?

PELLEGRINI – La decisione è presa. Se mi chiedete quali sono i due temi di pianificazione fondamentali nella legislatura, vi rispondo il compendio e la terza corsia autostradale. La Confederazione ha già promesso decine di milioni per le misure compensatorie. Il Municipio deve puntare a queste, sfruttando al meglio questi fondi federali, e deve essere assolutamente proattivo in questi consessi, qualunque cosa succeda. Finora, la capodicastero non me ne voglia, ho sempre sentito parlare di moderazione, piste ciclabili, ma secondo me è importante pensare che verrà stravolto il sistema di strade che ci circonda e quindi Mendrisio se ne deve occupare e far sentire la sua voce. Stessa cosa la Crtm: il 2030 è dietro l’angolo. Giochiamo d’anticipo.

LUISONI – Oggi siamo al tavolo proprio per questo. Ustra ha finalmente riconosciuto che il PoLuMe genererà dei problemi di traffico, bisognerà capire quali saranno le soluzioni, che non sono ulteriori strade. Ecco perché abbiamo lanciato l’idea di recuperare un pezzo di Campagna Adorna, arrivando a coprire la trincea, poi ci sono i progetti legati alla passeggiata a lago. Mendrisio è sul pezzo per capire che impatto avrà e fino a che punto si può arrivare. È vero che come Città non abbiamo ancora messo in revisione il nostro sistema viario, ma ce ne dovremo occupare. Manca e potrà aiutare lo sviluppo di Mendrisio.

PELLEGRINI – Non dimentichiamo che i mezzi pubblici non riescono a sopperire al potenziamento dell’A2 e che i momò faticano a muoversi sul loro territorio.

LUISONI – Il sistema di trasporto pubblico che raggiunge i Quartieri oggi è più performante. Non dobbiamo illuderci, vista la massa dei frontalieri, che qui non staremo mai in colonna.

FONTANA – Sin qui non c’è stata trasparenza, pensiamo ai dati forniti in prima battuta. Senza una opposizione seria da parte delle associazioni ambientaliste, dei Consigli comunali e dei Municipi che si sono opposti al PoLuMe, non saremmo mai arrivati a una seconda fase dove sono stati riconosciuti gli effetti negativi. I vantaggi puntuali? Insufficienti. Io confido nel referendum. O andremo avanti a suicidarci con progetti demenziali.

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